Almodóvar racconta Almodóvar

Madrid – Mercoledì scorso, Pedro Almodóvar ha parlato per un’ora e mezza al Circulo de Bellas Artes. A Calle de Alcalà si è formata una fila di seicento persone proseguita per più di quattro ore in attesa di poter ascoltare il “maestro”. C’erano per lo più giovani, studenti di cinematografia, giornalisti e fan accaniti del tanto amato registra e produttore spagnolo. Si trattava di una Lezione di classe magistrale che Almodóvar ha tenuto davanti ad alcuni studenti di un’Accademia di cinema della capitale spagnola.

Più che una lezione sul cinema è stata una vera e propria chiacchierata con il regista spagnolo che ha parlato a fondo dei temi che più lo hanno avvicinato al mondo del cinema. Pedro ha raccontato di “Pedro Almodóvar” al suo pubblico, composto probabilmente da futuri registi, amanti del cinema spagnolo, assetati di sapere e naturalmente pendenti dalle sue labbra. Chi è Pedro Almodóvar? Un uomo che parla molto di sé (alle volte anche in terza persona), dei suoi lavori e del suo stile, lo “stile Almodóvar”. Quasi come se fosse un personaggio esterno sé stesso, ma che è dentro di lui e che esprime la sua innata vocazione per il cinema.

Racconta della sua infanzia nella Mancha, una regione della Spagna dove viveva da bambino con la sua famiglia. Del trasferimento in Estremadura ed infine della gioventù a Madrid, dove studiò alla Scuola Nazionale di Cinema. Coltiva la passione per il grande cinema da sempre, appassionandosi e costruendosi da solo un buon background culturale fatto di film di Hollywood già da giovanissimo. Ricorda con felicità la sua prima telecamera che comprò non appena ottenne il primo stipendio.

Tutto lo deve ad Hitchcock, il padre del Cinema, colui dal quale prende esempio ed al quale si è sempre ispirato. Omaggia il cinema degli anni Sessanta, anche quello italiano, cita Fellini. Crede che il cinema di quel periodo sia stato fondamentale per la sua formazione. Tocca anche un tema molto attuale, e tra i più scottanti oggi in Spagna, il Nuevo Cine Español  (Nuovo Cinema Spagnolo). Dialoga poco su questo, però accenna una critica dicendo che sente molto la mancanza del cinema di una volta, sente quasi una forma di malinconia verso il cinema della sua infanzia quando le pellicole era considerate un “mondo parallelo”. Però oggi la Spagna è cambiata, nei costumi e nelle abitudini; l’avvento delle nuove tecnologie (con il moltiplicarsi delle piattaforme digitali) e il conseguente periodo di cambio sociale (la famosa Transizione Spagnola dopo il Franchismo), ha portato ad una fruizione più frivola e commercializzata del prodotto cinematografico.

Non definisce bene il suo ruolo all’interno del Nuovo Cinema Spagnolo, sebbene parli molto di “Almodóvar”. Però sul finire della Conferenza svela la sua tecnica, che è quella di “stare sveglio”, sempre attento a ciò che lo circonda, questa è la chiave di volta che gli permette di creare. Gli sfuggono giusto poche informazioni riguardo al suo ultimo film in uscita a marzo, “Giulietta”, che dice parli di un dolore e del superamento di questo dolore. E conclude con un “come sempre i miei film parlano di me”.

©Futuro Europa®

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