Concorsi UE, l’italiano torna protagonista
Come è ben noto, il progetto dell’Unione europea ha voluto sin dalle sue origini promuovere l’incontro democratico tra i diversi Stati di un continente, che condividono alcune radici comuni e allo stesso tempo difendono la propria identità nazionale. Il motto ufficiale “Unita nella diversità” indica non solo la varietà culturale diffusa nei diversi paesi membri, ma in particolare l’utilizzo quotidiano di ben 24 lingue ufficiali, che trovano spazio presso le istituzioni UE tramite dei servizi di traduzione puntuali durante le assemblee plenarie.
Ma sappiamo anche che l’Europa dei palazzi di Bruxelles risente in maniera ufficiosa del potere politico che alcuni Stati mantengono da tempo, veicolando idee e direttive che a volte fanno riflettere sulla sua effettiva democraticità. E infatti già da tempo sono tre le lingue che la fanno da padrone nello scenario istituzionale dell’UE: l’inglese, il francese e il tedesco. Il primo per ovvie ragioni universali di praticità, il secondo e il terzo per motivi chiaramente storico-politici, con Germania e Francia a farla da padrone. E così il resto degli idiomi parlati in Europa sembrano avere sempre meno spazio, quasi come fossero dei marginali surrogati folkloristici.
Fin qui potrebbe andare. Ma quando invece anche l’Ufficio europeo di selezione del personale (EPSO) ha cominciato a introdurre bandi di concorso nelle sole tre lingue citate, ecco che Italia e Spagna hanno espresso per prime il proprio disappunto. Tramite un’interrogazione scritta, il vicepresidente del Parlamento europeo e membro PPE Antonio Tajani aveva posto già nel 2008 il tema della discriminazione linguistica alla Commissione, insieme al collega Luis Ramon Valcarcel. Tale mozione ha portato, nel settembre 2015, all’annullamento di tre concorsi EPSO ai cui candidati era imposto di scegliere la seconda lingua solo tra inglese, francese e tedesco.
La Commissione, nella persona del vicepresidente al bilancio e alle risorse umane, Kristalina Georgieva, si è impegnata a ufficializzare entro la primavera del 2016 la procedura di selezione rielaborata, migliorando alcuni elementi delle attuali norme relative all’uso delle lingue; ciò fa seguito a una serie di sentenze della Corte di giustizia europea che hanno riconosciuto l’attuale prassi come una discriminazione verso le altre lingue europee. In tal senso la lingua italiana, grazie all’impegno dell’On. Tajani, riacquisterà presto quel prestigio internazionale che merita, rientrando a pieno diritto tra gli strumenti di comunicazione ufficialmente riconosciuti nelle opportunità di carriera presso gli organismi dell’Unione.
“E’ una battaglia vinta, la lingua italiana non verrà più discriminata nei concorsi UE”, afferma Tajani, che preme affinché si provveda il prima possibile a un funzionamento adeguato degli uffici amministrativi sulla base di tutte le 24 lingue ufficiali. E in effetti un provvedimento del genere dovrebbe essere il primo di una serie di innovazioni in campo linguistico in Europa, troppo spesso un’area considerata di secondo livello perché di carattere “non urgente”. Tuttavia, un’azione linguistica più efficace e integrata da parte dell’UE costituirebbe uno strumento politico molto più potente di come appare, soprattutto in riferimento alle migliaia di migranti che in questi mesi stanno popolando il nostro continente e che avranno bisogno di supporto linguistico mirato a una piena integrazione nel nuovo ambiente.