Anche i “furbetti del cartellino” piangono
Attraversiamo tempi difficili. E quando si vive nelle difficoltà, il giustizialismo impazza, il livore monta, la serenità viene meno e le magagne saltano fuori come talpe dal loro buco. In Italia, c’è la sensazione che stia andando in tilt un intero sistema-paese, fatto di terminazioni nervose malate e atrofizzate. A parer nostro, il problema maggiore non è la depressione causata dalla crisi economica, bensì la mentalità con cui ci proponiamo, quel modo sbagliato e becero di rappresentare noi stessi e interpretare il mondo, cui ironicamente allude il titolo dell’articolo per sdrammatizzare laddove ci sarebbe, invece, da piangere.
Corre l’obbligo di avvisare il lettore: queste righe sono molto di commento e poco di cronaca e il quadro della situazione è volutamente impietoso, perché, soprattutto oggi, l’indifendibile deve essere stimmatizzato e sanzionato, non perdonato. L’abito mentale truffaldino dedito al principio del fottere per non essere fottuto, allo scaricabarile e all’addebito del danno sulle spalle della collettività, affinché se ne disperdano effetti e responsabilità, il compiacimento di aver restituito pan per focaccia allo Stato ladro o la giustificazione del “perché così fan tutti” sono la triste espressione di porzioni sempre più consistenti della società italiana, cui mancano i fondamentali dell’educazione civica; materia che, nell’ambito della riforma scolastica, sarebbe saggio reintrodurre d’urgenza, a partire dagli asili nido. Siamo ciò che mangiamo e, ogni giorno, ci nutriamo di vicende di corruzione, di prevaricazione, di clientelismo, di discriminazioni sociali, di fatti esecrabili che avvengono tanto nelle basse quanto nelle alte sfere. Ciò significa una cosa sola: è il momento che un popolo intero, incluso la parte sana di esso, faccia auto-critica, si chieda perché all’estero conta come l’ultima ruota del carro e come mai sia bersaglio di tanti luoghi comuni, spesso poco lusinghieri.
La colpa non può essere sempre degli altri. Sono, ormai, troppi gli ingredienti che guastano la minestra. Elenchiamone alcuni: i famigerati “pianisti” di Montecitorio; i parlamentari assenteisti; l’impressionante numero di piccoli, medi e grandi evasori fiscali in ogni settore del lavoro, produzione e impresa; le recenti infiltrazioni criminali nella finanza, nelle istituzioni e nella vita pubblica, richiamabili alla memoria con tre semplici paroline magiche: Mose, Expo e Mafia Capitale; e poi, le valanghe di faccendieri, nepotisti, burocrati corrotti, ricattatori, pensionati deceduti durante le guerre puniche ma ancora in grado di riscuotere l’assegno mensile, falsi invalidi, assunti nel pubblico impiego per raccomandazione e scambio di favori, e vogliano perdonarci coloro che, in questa sede, ci siamo “irrispettosamente” dimenticati di citare. Tuttavia, last but not least, il top della classifica della settimana è appannaggio dei cosiddetti “furbetti del cartellino”, indici sintomatici del grado d’involuzione e imbarbarimento generale della società civile italiana e indiscutibili protagonisti dell’ultima moda in voga tra alcuni (purtroppo, non pochi) dipendenti della Pubblica Amministrazione: ci riferiamo alla pratica del “timbra e scappa”, perseguita da chi ha di meglio da fare che annoiarsi nel feudo inespugnabile del posto statale fisso, dal quale – nell’immaginario collettivo –sembra discendere un diritto inalienabile e inestinguibile all’intoccabilità; ci riferiamo anche alla pratica, ancor più insopportabile, del “fatti timbrare dal collega”, onde evitare la disdicevole seccatura di doversi affrancare dalle importantissime faccende quotidiane personali, tanto stipendio e ferie sono assicurate dal contribuente gonzo.
Internet e media televisivi ci hanno abituati a ogni sorta di filmato o report sulle astute gesta di pubblici impiegati “modello”: degni eredi contemporanei di Odisseo che, dopo aver fatto sfilare con ammirevole rapidità mazzi di badge sotto il rilevatore elettronico delle presenze, si avviano, in piena tranquillità e certi dell’impunità, chi a fare del sano canottaggio, chi a provvedere alla spesa per la famiglia, chi ad abbronzarsi, perché il sole è piacevole e un bel colorito fa chic. Addirittura, e con gran beneficio per i muscoli facciali dello spettatore, la video sorveglianza del Comune di Sanremo ci regala le incredibili immagini del vigile urbano che, in maglietta e mutanda, provvede alla timbratura sgattaiolando a casa un nanosecondo dopo. Inutile aggiungere che la sua mise da boudoir, una volta on line, ha fatto il giro del mondo, inorgogliendo tutto il settore del fashion & design made in Italy.
E che dire dei dirigenti – responsabili delle risorse umane e della loro efficienza – all’oscuro e/o conniventi col gaio andazzo della categoria? Con quale criterio e attenzione costoro espleterebbero ruoli direttivi, se acconsentono che un tizio, tenuto a vestire la divisa, si presenti al lavoro addobbato come una ballerina di lap-dance? Non si può ignorare che la cultura imperante dello spreco, della truffa e dell’assenza di decoro nasca da sostrati di tal fatta, col rischio addizionale che il fango investa anche i molti dipendenti pubblici e relativi manager, che, al contrario dei colleghi furbetti, onorano coscienziosamente e diligentemente il lavoro cui sono demandati.
Bene fa, allora, il governo a “profanare”, finalmente, l’inviolabile santuario dell’amministrazione pubblica e a mettere in campo provvedimenti esemplari, rendendo esecutivo in 48 ore il licenziamento del dipendente scorretto e, qualora necessario, anche del dirigente che non applica puntualmente la sanzione. Bene fa a dare una stretta vigorosa al parassitismo che offende e danneggia chi lavora onestamente e faticosamente, nonostante le sfuriate della Camusso, della quale non si è capito chi o cosa si ostini ancora a difendere. Nel frattempo, dalla cittadina ligure giunge notizia del licenziamento in tronco dei primi quattro dipendenti. Bene così, è ora che il Paese cominci a prendersi sul serio, se vuole essere percepito, dalla cittadinanza e dai partner internazionali, come interlocutore affidabile.