La visita di Rohani a Roma
La visita del Presidente iraniano Rohani a Roma, gli incontri con le più alte Autorità italiane e con il Papa, sono i segni ulteriori e positivi del mutamento della politica estera di Teheran. Roma, scelta dal Presidente iraniano per la sua prima visita a un Paese occidentale, non è infatti una meta irrilevante o casuale. L’Italia ha sempre mostrato speciale interesse per l’Iran.
Ricordo una visita che vi feci una ventina di anni fa come Direttore Generale per gli Affari Economici del MAE per concludere un affare di grande importanza: la costruzione di due acciaierie, affidata all’Impresa italiana Danieli. Non erano tempi facili, e vari nostri alleati guardavano con sospetto e sfavore alla teocrazia di Teheran e con diffidenza ai nostri rapporti con essa. Trovai però una Paese meno bacchettone di quello che penavo (era strettamente proibito toccare una donna, in pubblico le donne dovevano portare lo chador, ma studiavano, lavoravano e occupavano anche posti rilevanti nelle varie amministrazioni, anche se mai a livello politico). E riscontrai molta simpatia per l’Italia e gratitudine per la comprensione che, secondo loro, mostravamo verso l’Iran e i suoi problemi, a differenza di altri Paesi occidentali. E comprensione infatti manifestavamo, sorvolando sugli aspetti più duri da digerire, sia in materia di diritti dell’uomo sia di appoggio al terrorismo contro Israele, problemi aggravatisi durante gli anni bui di Amadinejhad.
Realpolitik? Prevalenza degli interessi economici su quelli morali? In parte sì. Ma anche la consapevolezza, propria di una diplomazia di lungo corso, che nelle relazioni internazionali nulla è perfetto e bisogna guardare sul lungo termine, perché nessuna situazione è eterna. E infatti gli anni più bui paiono passati, l’Iran mostra oggi il volto benevolo di Rohani, ha raggiunto un accordo con l’Occidente sul nucleare, sono state tolte le sanzioni, il petrolio iraniano ritornerà a fluire nel mondo contribuendo a mantenerne basso il prezzo e il Paese è ridiventato attraente sul piano economico-commerciale. Non saremo certo i soli a cercare di trarne vantaggio, ma sarebbe davvero un peccato se, in una fase in cui l’Iran si riapre al mondo, noi venissimo in coda nella linea dei possibili partner. Gli accordi firmati a Roma e le dichiarazioni del Premier mostrano che così non è.
Venendo agli aspetti politici, è bene che il nuovo Iran abbia una sponda in un grande Paese dell’Occidente e non sia costretto all’abbraccio esclusivo della Russia. D’altra parte, non va presa sottogamba l’affermazione di Rohani che con l’Iran è più facile combattere il terrorismo. Affermazione credibile perché è oggi il mondo sciita, di cui l’Iran è il referente massimo, a essere sotto l’attacco del terrorismo sunnita dell’ISIS. Né va preso sottogamba il fatto che un esponente autorevole dell’Islam sciita abbia cercato l’incontro con il Capo della Chiesa Cattolica. Un fatto impensabile al tempo di Amadinejhad e non un evento puramente formale (una parentesi: in Iran i cristiani, non molto numerosi, sono stati finora rispettati).
In conclusione, con la visita di Rohani abbiamo segnato un punto non indifferente nella complessa partita che si sta giocando in Medio Oriente e dalla quale, come ha notato il senatore Mario Mauro in queste colonne, l’Italia non può restare assente.