Rinnovabili, purché sostenibili
Meno Rinnovabili in Italia, mentre nel mondo continuano a crescere: grazie alle tecnologie e ai ‘cervelli’ italiani, cacciati a pedate dal suolo patrio a forza di disinformazione, burocrazia e ambiente normativo ostile, che nulla hanno a che fare con le evidenze scientifiche e con l’economia. E’ il solito dramma italiano che si ripete, stavolta sulle tecnologie d’avanguardia, che sono in prima linea nella battaglia per ridurre l’inquinamento e rendere sostenibile l’economia mondiale. “I dati ufficiali 2015 di Terna (l’azienda italiana che gestisce la rete di trasmissione dell’energia, quindi la ‘torre di controllo’ di fonti e flussi energetici nazionali), evidenziano un dato allarmante, in netta controtendenza rispetto a quanto accade in Europa e nel resto del Mondo” avverte il Coordinamento Free “lo scorso anno si è registrata in Italia una diminuzione della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili”. Il coordinamento Free è il Coordinamento Fonti Rinnovabili ed Efficienza Energetica che riunisce 25 soci fra i quali Legambiente, Kyoto Club, WWF, Greenpeace, Adiconsum.
“Le principali responsabilità della diminuita produzione da Rinnovabili sono da addossare ad una politica miope, forse addirittura cieca, che questo Governo sta seguendo – dice Free – che dopo aver sventolato ai quattro venti la bandiera della sostenibilità e delle energie verdi, ha abbandonato a se stesso un settore industriale, quello della Green Economy, privo anche degli elementi base per programmare il futuro”. Vale la pena di continuare: “Mancano infatti le basi normative, con misure per le Rinnovabili non fotovoltaiche, che si attendono inutilmente da oltre un anno; manca la stabilità legislativa e la certezza del diritto che hanno portato alla fuga dei capitali esteri e alla sfiducia degli imprenditori nostrani: manca l’efficienza burocratica, con processi autorizzativi che si trascinano per anni, manca il coordinamento amministrativo, con Regioni che continuano a produrre misure in barba ai fondamentali principi costituzionali; manca una visione strategica, non comprendendo che con piccoli accorgimenti si potrebbe rinnovare nei prossimi anni almeno un terzo degli impianti esistenti portando ad un deciso incremento nella produzione e riducendo sensibilmente gli impatti sul territorio, manca in definitiva la fiducia, l’entusiasmo, il futuro”. Il tutto in barba alle belle parole dei ministri italiani alla COP21 di Parigi sul Clima, e agli obblighi europei sulla produzione di energia, che dobbiamo rispettare.
Già. Con le Amministrative in arrivo e quindi con l’utilizzo elettorale dell’ ‘effetto nimby’ (“non in my back yard”, ovvero “non nel mio giardino”, n.d.r.), è ancor più evidente come nel Bel Paese si paventino spesso megaimpianti favoleggiati. E con quanta sollecitudine si obietti “Rinnovabili, sì, purché sostenibili”: giusto, come principio, anche se un tantino ovvio, visto che la ‘rinnovabilità’ delle fonti Rinnovabili è, per l’appunto, la loro ‘sostenibilità’. Di qui gli ostacoli per esempio ai campi eolici, certo non belli, tutt’altro, ma di sicuro meno impattanti delle torri petrolifere pronte a prenderne il posto anche sul suolo italiano. Una prospettiva non lontana, viste le decine di richieste già presentate e dato che, mal che vada, un emendamentino o un decretino ad hoc, vedi Sblocca Italia, si fa in un batter d’occhio: con una attenzione legislativa che non si ha, invece, per le Rinnovabili. Di qui pure gli ostacoli al solare, sul quale è possibile leggere su internet paventate ipotesi di megaimpianti, ipotesi prive di indicazioni tecniche, per esempio sulla precisa tecnologia prevista, inquinante o meno, o almeno sul rapporto potenza/superficie realmente occupata: insomma le indicazioni minime per rendere tali ipotesi verosimili. Perché, di ‘solari’, ce n’è tanti. Quello che non si pensa è che le Rinnovabili non sono un disneyano Luogo della Perfezione: sono solo infinitamente preferibili alle fonti fossili. Non si pensa che quello dell’Energia come tanti altri è un campo di scelte di male minore, non di impossibile perfezione; e che, mentre con evoluzioni strategiche da riunione di condominio si spacca il capello sulla sostenibilità al 100 per cento degli impianti ad energia rinnovabile invece di evidenziare l’insostenibilità di impianti e fonti fossili, delle obiezioni sulle Rinnovabili stesse approfittano le non certo sostenibili Trivelle.
Peccato perché, mentre ce ne vergogniamo in casa, le Rinnovabili le insegniamo al mondo: tanto che il 18 gennaio ad Abu Dhabi il nostro Paese è stato eletto alla presidenza dell’assemblea generale dell’Agenzia internazionale per le energie rinnovabili (Irena, 145 Paesi associati) per l’anno prossimo. Noi ci pensiamo su e, mentre facciamo i finti ambientalisti, paghiamo incentivi in bolletta pure per sostenere le energie fossili in Italia e mettiamo in rete l’energia prodotta col nucleare in Francia. Triste pensare che le aziende più grandi e diversificate, le stesse che portano le nostre Rinnovabili all’estero, possano trarne vantaggio per scaricare sul terreno italiano i pesi industriali delle loro divisioni fossili. Negli USA Enel Green Power, già presente lì da anni col termodinamico a concentrazione, realizzerà il nuovo impianto eolico di Drift Sand, in Oklahoma. In Brasile, Enerray, controllata di Seci Energia, si è aggiudicata il bando per la realizzazione del parco solare di Ituverava, nello Stato di Bahia; e in Francia e Germania, lo scorso ottobre l’italiana Erg ha rilevato 17 parchi eolici per una potenza installata aggiuntiva di 206 Mw. Per citare solo qualche caso.
Ma non va dimenticata la nostra eccellenza nel Termodinamico a Concentrazione sviluppato dal Nobel Rubbia con Enea, che stiamo realizzando con le nostre aziende in Cina, in Giappone, nel Golfo; e l’altra storica eccellenza nell’Idroelettrico, che dal Dopoguerra ‘insegniamo’ nel mondo. Non a caso, durante la visita in Italia del Presidente iraniano Rohani, la vice presidente dell’Iran, Masoumeh Ebtekar, spiegando le possibilità per le imprese italiane nella Repubblica islamica ha osservato che “l’Italia ha una reputazione molto forte nelle costruzioni e nell’architettura, come nello sviluppo delle Energie Rinnovabili”. Mentre noi snobbiamo le Rinnovabili come dimostrano i dati citati da Free, o casi come la perdita di 4.000 posti di lavoro per la dis-amministrazione del Governo annunciata da Anev (Associazione Nazionale Energia del Vento), Bloomberg New Energy Finance rende noto che, nonostante il crollo dei prezzi dei combustibili fossili, il 2015 è stato un anno record per gli investimenti mondiali in Rinnovabili: 328,9 miliardi di dollari, il 4% in più del 2014. Al vertice per l’aumento di risorse stanziate Cina, Usa, Africa, America Latina e India.
Paesi che sanno bene che verso le Rinnovabili stiamo andando, e che nella materia noi Italiani siamo fra i più preparati al mondo e possiamo avere un ruolo importante nella trasformazione positiva dell’economia mondiale. Potremmo tirar fuori un po’ gli attributi e rilanciare le Rinnovabili anche nell’ambito e a favore della nostra affannata economia interna: dobbiamo solo rendercene consapevoli e, recando dispiacere al nostro deresponsabilizzante e consolatorio masochismo ma piacere ad ambiente e portafoglio, farcene una ragione.
[NdR – L’autore cura un Blog dedicato ai temi trattati nei suoi articoli]