Giovani Made in Italy, da bamboccioni a startupper
È finito il tempo in cui i giovani italiani venivano definiti “bamboccioni”, i precari venivano appellati come “l’Italia peggiore”, i laureati dopo i 28 anni “sfigati”, il tempo in cui si suggeriva ai ragazzi di “abituarsi all’idea che non avranno un posto fisso per tutta la vita. E poi, diciamolo, che monotonia”, e infine l’indimenticabile invito a non essere “choosy”. E ora, a smentire tutti quelli che in questi anni hanno contribuito a creare un immaginario di giovani scansafatiche e svogliati, un po’ viziati, è arrivato il Censis che in una ricerca dal titolo “Vita da Millennials: web, new media, startup e molto altro. Nuovi soggetti della ripresa italiana alla prova” descrive i giovani italiani come “intraprendenti, stakhanovista, innovatori in tecnologie e stili di vita”. E ovviamente, racconta il mondo delle startup a partire proprio dai ragazzi tra i 18 e i 34 anni, i cosiddetti Millennials.
Per il Censis, tre sono le passioni degli startupper italiani sotto i 35 anni: il food, la sharing economy e il web. Sul food, gli analisti dell’istituto hanno rivelato che la generazione Millennials ha una “fortissima propensione e attenzione culturale e sociale verso il cibo e tutto ciò che ruota intorno ad esso. Si è di fronte a una grande attrazione che si esprime con una molteplicità di fenomeni diversi, dalla fioritura di blog e piattaforme web dedicate al cibo, alla miriade di start up nel settore della ristorazione al ritorno all’agricoltura”. Per il 26,9% dei Millennials – la media di tutta la popolazione è 17,9% – il rapporto degli italiani con il cibo è in primo luogo identitario: il nostro modo di mangiare ci rende orgogliosi. I Millennials sono orgogliosi dell’Italian food, dice il Censis, tanto che il 23,9% definisce il rapporto con il cibo degli italiani divertente, perché mangiare fa parte del nostro modo di stare insieme e divertirci, per il 20,5% è salutare perché anche attraverso il cibo riusciamo a stare bene e a curare la nostra salute.
Il mondo del cibo – non solo perché il 2015 è stato l’anno dell’Expo – è da sempre uno dei più ricchi in termini di nuove proposte e startup. Soluzioni che finiscono per essere appetibili anche agli occhi dei giganti: basti pensare all’operazione The Fork di TripAdvisor, che per sbarcare in Italia con la nuova creatura ha acquisito e fuso due startup locali RestOpolis e MyTable.it, o Zomato che ha comprato Cibando. O ancora Supermercato 24, che promette la spesa a casa in un’ora.
Tra i giovani italiani sono 10,9 milioni quelli che dichiarano di cucinare, 3,4 milioni lo fanno con regolarità e 5 milioni lo fanno spesso. Un punto importante è poi la convivenza tra slow food e fast food: mangiano al fast food 8 milioni di under 35, di cui 1,7 milioni abitualmente (una quota del 15,1%, di contro al 5,5% dato medio del totale popolazione) e 6,3 milioni di tanto in tanto (il 56,1% ed è il 34,3% il dato medio nazionale). E ancora: sono 10,3 milioni gli street fooder italiani con meno di 35 anni (91,7%) di cui 5,2 milioni consumatori abituali (45,9%).
La seconda passione è quella del web: il 94% è utente di internet (contro il 70,9% dato medio complessivo), l’87,3% è iscritto almeno a un social network di contro al 60,2% dato medio, l’84,7% utilizza lo smartphone sempre connesso in rete di contro al 52,8% dato medio. Ogni giorno i Millennials hanno a che fare con nuovi device e Ict. Ma un forte coinvolgimento è rappresentato dal commercio online: il 61,4% di loro – cioè circa 6,8 milioni – dichiara di aver fatto almeno un acquisto online. Quasi il 54% dice invece di aver caricato almeno una volta un video online. Il web è quindi lo strumento e il luogo di espressione preferito dai Millennials.
Ma quali sono le città italiane in cui vengono create più startup? Seicentosettanta startup fondate da Millennials sono nate a Milano, che si rivela una delle città più innovative d’Italia con il 14,3% startup innovative attive, seguita da Roma con 361 startup (8,55 del totale) e Torino (224 startup, 5,3%). I Millennials sono a capo del 23,7% delle startup, mentre il 41,6% delle nuove imprense innovative vede almeno un under 35 tra i suoi soci. La maggior parte di queste startup opera nel settore dell’alta tecnologia: il 71,2% fornisce servizi alle imprese, in particolare produzione software e consulenze informatiche (29,9%), il 15,9% fa attività di ricerca e sviluppo, mentre l’8,3% si occupa di servizi d’informazione (8,3%). Fondamentale per quasi tutte le nuove startup è la creazione di app e lo sviluppo di sistemi di pagamento e sicurezza online, così come l’ideazione di siti web di commercio elettronico specializzati per vari comparti merceologici. Ma molto diffuse, secondo il Censis, sono anche le app per la trasformazione dei prodotti alimentari e per quella che è chiamata green technologies, cioè quegli strumenti che servono per la produzione di biocombustibili, di tecnologie applicate al solare, al fotovoltaico e al geotermico.
Secondo il rapporto del Censis, in cui vengono riportati i dati del Registro delle imprese del ministero dello Sviluppo Economico, nel secondo trimestre del 2015 le startup innovative erano 4.248. Di queste, 1.005 hanno come titolare un giovane under 35 e 1.724 hanno un Millennial nella loro compagine societaria. Il Censis parla di una “persistente vocazione all’imprenditorialità” da parte dei giovani italiani, “esempio paradigmatico di un modo di essere e vivere dei Millennials che nulla ha a che fare con le retoriche dei fannulloni e dei troppo viziati”. Il registro è stato aperto a settembre 2012, quindi a fare i conti gli startupper italiani hanno aperto una startup innovativa al giorno. Il Censis fa quindi un identikit del giovane startupper italiano, identificabile come uno che “gioca la partita dell’intrapresa, che è perno di processi di rigenerazione economica nei territori e che è in grado di far agganciare il locale alle reti lunghe globali, anche grazie alle nuove tecnologie”. Insomma, niente mani in mano per gli under 35 nostrani.
Una delle capacità dei giovani italiani è quella di stare sempre al passo con le innovazioni, tanto che una delle novità più amate è quella del crowdfunding. Sono infatti quasi 500 mila i giovani che dichiarano di contribuire a iniziative di questo tipo e 189 mila quelli che hanno promosso almeno un progetto in una delle piattaforme a disposizione (qui Startupitalia aveva parlato delle dieci migliori). Ma non c’è solo questo nel concetto di sharing economy che i giovani italiani sembrano amare: il 21,9% dei Millennials dichiara di spostarsi regolarmente in bicicletta, l’8,4% di loro dichiara di usare il car sharing e il bike sharing e, infine, il 2,5% (278mila) dei Millennials fa regolare ricorso al couchsurfing, cioè lo scambio di ospitalità attraverso una piattaforma online.
Non c’è solo però il mondo delle startup innovative nel destino dei Millennials italiani: tra aprile e giugno 2015, le imprese avviate da un under 35 sono state quasi 32 mila. Di queste, ne sono state chiuse 11.050. Ma non è finita qui: le nuove imprese giovanili iscritte ai registri ufficiali sono state quasi un terzo del totale (il 32,3%), e le cessazioni sono state il 18,5%. E ancora: il saldo delle nuove imprese giovanili è pari a oltre il 54% del saldo netto del totale delle imprese. Infine, il totale delle imprese giovanili è salito a oltre 594 mila, pari al 9,8% del totale delle imprese. In sostanza, afferma il Censis, sono state create 300 imprese giovanili al giorno in più nel secondo trimestre del 2015, week end inclusi, con un tasso di crescita del 3,6% a fronte dello 0,6% del tasso di crescita complessivo. Una voglia di fare che, secondo il Censis, va da Nord a Sud, e che combatte in ogni modo la condanna alla precarietà. Nello specifico, l’istituto si sofferma sulla spinta imprenditoriale del Mezzogiorno, che presenta dati interessanti: le imprese giovani al Sud sono il 40,6% del totale per quell’area e il tasso di crescita trimestrale per le giovanili è stato del 3,5%.
Avranno successo? Forse non tutti, ma lo spirito e l’iniziativa e l’entusiasmo di questi giovani startupper italiani sarà loro fondamentale.
Un Commento
A volte si ha l’impressione che le start-up in italia nascono più’ che voglia di innovazione e imprenditorialità’ da disperazione.