Argentina, in arrivo Renzi

Matteo Renzi è un Presidente del Consiglio che si muove molto (sembra che abbia il ballo di San Vito). I viaggi all’estero sono, però, una cosa utile in tempi in cui i contatti a livello di governo  sono parte importante delle relazioni internazionali. L’Italia è un Paese né abbastanza grande né abbastanza piccolo da poter fare a meno di una rete di amicizie personali. Le visite del Presidente della Repubblica sono eventi di alto profilo, servono molto all’immagine dell’Italia ma portano di solito scarsi risultati concreti, non essendo il Presidente capo dell’esecutivo. I Ministri degli Esteri, per definizione, viaggiano molto ma, al di là della sfera propriamente politica, hanno scarsa influenza sull’azione degli altri dicasteri, sia economici che culturali, che pur sono parte integrante dell’azione verso l’estero. Il Presidente del Consiglio, al contrario, riassume in sé tutte le competenze e può tenere dialoghi e prendere decisioni e impegni immediatamente operativi.

In questo contesto, non si può che approvare la prossima visita del Premier in Argentina il 16 febbraio. È superfluo ricordare il carattere unico dei legami di sangue che ci uniscono a quel Paese, ove la popolazione è per circa il 40% di origine italiana ed ove vivono più di mezzo milione di nostri cittadini. Ma non sono solo vincoli di sangue: Italia e Argentina sono partner economici reciprocamente importanti e le grandi imprese italiane, dalla FIAT alla Pirelli, dalla Ferrero alla Gancia, dalle Generali di Venezia ai Fratelli Branca, sono qui presenti in forza. I rapporti economici ebbero il punto più alto nella decade del Presidente Menem, un siriano di origine ma grande ammiratore dell’Italia. Nostre imprese parteciparono alle privatizzazioni menemiste, acquistando, come Telecom e Camuzzi-Gas, posizioni di assoluto rilievo. In parallelo, i contatti politici si fecero particolarmente intensi. Tra il 1998 e il 2001 (anni in cui rappresentavo l’Italia a Buenos Aires) vennero in vista i Presidenti del Consiglio Prodi e D’Alema, il Presidente della Repubblica Ciampi, innumerevoli Ministri, Presidenti di Regione, Sindaci di grandi città, delegazioni parlamentari. Inversamente, i Presidenti argentini Menem e De la Rua viaggiarono a Roma. L’ultima visita di alto livello fu quella del Presidente argentino “pro tempore”, Eduardo Duhalde, a Roma nella primavera del 2002.

Poi il flusso, tanto politico quanto economico, s’interruppe. Le cause erano evidenti: la terribile crisi economica che colpì l’Argentina dalla fine del 2001, la svalutazione del Peso, la crisi del debito pubblico, che colpì duramente oltre 450.000 risparmiatori italiani, portatori di Buoni del Tesoro argentini per più di 14 miliardi, portarono l’intercambio commerciale al punto più basso e scoraggiarono ogni nostri investimento. Vi furono anzi casi di “disinvestimento”, come quando la BNL e la Banca Commerciale-Sudameris chiusero le porte vendendo ad altri la propria rete in Argentina. Le cose non migliorarono molto neppure quando il Paese cominciò a riprendersi, a partire da metà del 2003. I governi di Nestor e Cristina Kirchner scelsero una politica estera che allontanava l’Argentina dai suoi amici tradizionali, a profitto di Paesi come la Cina, la Russia, il Venezuela, Cuba, l’Iran. Dal lato italiano, i Governi italiani trascurarono per lo più l’America Latina (Berlusconi non ha mai visitato neppure il Brasile, nostro importante partner economico).

Per dodici anni, i rapporti sono stati perciò praticamente inesistenti. Ora le cose sono cambiate. Il nuovo Presidente, Maurizio Macri, si è proposto un giro a 360  gradi della politica estera, riportando l’Argentina ad aprirsi al mondo e a ritrovare i vecchi amici, tanto gli Stati Uniti quanto l’Unione Europea. In questo contesto, la visita di Renzi, primo Capo di Governo ad andare in Argentina dall’elezione di Macri, rappresenta un primo e importante passo. Era naturale che così fosse, sia per l’origine italiana di Macri e per i rapporti che da dieci anni lo legano a Renzi, sia per la densità e il rilievo, attuali e potenziali, delle relazioni italo-argentine e dell’apporto che l’Italia, tornata a crescere, può dare alla ripresa economica dell’Argentina dopo tanti anni di rispettiva stagnazione. Questo in un momento in cui la Spagna, altro tradizionale amico del Paese, è in una fase di difficoltà politica. Poi verranno Obama, Hollande e gli altri, ma sarà stata l’Italia a dare il via. Con risultati, speriamo, concreti e fruttuosi nell’interesse reciproco. In campo politico ed economico, certo, senza dimenticare quello culturale nel quale si apre uno spazio potenzialmente illimitato.

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