Siria, bombe a grappolo su Aleppo

Il vespaio siriano riacutizza le tensioni fra gli attori internazionali coinvolti. In un clima velenoso di alleanze e rivalità incrociate, nate sulla base dell’estrema disomogeneità di obiettivi tra le forze in campo, ci si scaglia l’uno contro l’altro, riversando reciproche accuse di crimini di guerra: dopo i sanguinosi bombardamenti di due ospedali e varie scuole nel nord del Paese, che hanno prodotto il pesante bilancio di oltre cinquanta morti fra i civili, la Turchia torna a puntare il dito su Mosca. Mentre il premier Ahmet Davutoglu, senza mezzi termini, parla di azioni russe contro la popolazione locale, degne di “un’organizzazione terroristica”, l’artiglieria della mezzaluna bersaglia le postazioni delle milizie curdo-siriane dell’Ypg, considerato braccio armato del Pkk asservito a Putin in chiave anti-turca, in prossimità della zona di Azaz, da cui sarebbero partiti vari colpi di mortaio.

Il Cremlino respinge perentoriamente le accuse al mittente, imputandole a strategie propagandistiche, e sottolinea quanto sia importante per Ankara non lasciare in mani curde la città di Azaz, poiché sita sulla direttrice lungo la quale avverrebbe lo scambio petrolio-armi tra Turchia e Stato Islamico. Interviene anche l’ambasciatore siriano a Mosca, Riyad Haddad, dichiarando che gli ospedali, fra cui un presidio medico di Msf (Medici senza frontiere) nella provincia di Idlib, sarebbero stati colpiti da jet americani. Washington risponde che i raid americani hanno interessato le zone di Raqqah e Hasakah, distanti dalle strutture ospedaliere bombardate. Un rapporto della Ong Amnesty International confermerebbe la matrice russa degli attacchi.

A prescindere dai mutui j’accuse fra Paesi ormai in aperta contrapposizione, sono giunte con immediatezza le condanne del segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, e del direttore generale dell’Unicef, Anthony Lake, in rappresentanza dei bambini vittime di attacchi contro ospedali materno-infantili.

Il dato oggettivo che preoccupa la comunità internazionale, confermato da chiare immagini video divulgate dai media, è l’impiego nei raid aerei di cluster bombs (bombe a grappolo), armi vietate dalla Convenzione Onu di Dublino del 2008 (che né Mosca, tantomeno Washington, Ankara e Riyadh hanno firmato), a causa della natura indiscriminata dei loro micidiali effetti e per via del grave rischio che sub-munizioni temporaneamente inesplose possano mietere vittime civili anche a conflitto concluso. Al momento, la recente Conferenza di Monaco, che lasciava intravedere all’orizzonte l’accordo tra Russia e Stati Uniti di graduale cessate il fuoco in Siria, sembra risolversi in un sostanziale fallimento.

Per l’asse tra Mosca e Damasco è fondamentale riconquistare la piazza di Aleppo, seconda città siriana e “capitale” dei ribelli anti-Assad. I bombardamenti indiscriminati sembrano ricalcare quelli impiegati con successo nella guerra cecena, preludio a uno sfiancante assedio in cui la resistenza spesso cede anche per i morsi della fame. E’ difficile credere che Putin e Assad frenino proprio nella fase in cui hanno riconquistato importanti posizioni e acquisito un consistente vantaggio militare. Prendere Aleppo significa, dunque, stremare la coalizione turco-saudita e far naufragare il disegno sunnita di costruire un suo protettorato in terra di Siria.

Mentre la Turchia sostiene che il conflitto potrà giungere a termine solo con l’impiego di truppe terrestri, qualcun altro si sta adoperando per portare sollievo e conforto alla popolazione siriana, martoriata dalle conseguenze di cinque anni di guerra: l’inviato delle Nazioni Unite per la Siria, Staffan de Mistura, ha raggiunto a sorpresa Damasco e ha incontrato il capo della diplomazia siriana, Walid Mouallem, per accertarsi che i convogli di aiuti umanitari, stabiliti nella Conferenza di Monaco, abbiano libero accesso a tutte le regioni, sia quelle assediate dal regime di Assad che quelle occupate dall’opposizione.

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