Verso elezioni anticipate?
Esiste una deadline, neanche troppo celata, che definirà il futuro del governo italiano. Questa scadenza si chiama Referendum sulle Riforme Costituzionali. È questo l’obiettivo del Premier, la scelta che potrebbe far cambiare rotta alla compagine governativa portando il paese ad elezioni nel 2017.
Da molte parti – primo il Capo dello Stato – si è sottolineata l’importanza di portare a scadenza naturale la Legislatura, ma i segnali che continuano ad arrivare dal Parlamento sono molto diversi. A favorire questa ipotesi anche la difficile situazione internazionale. Le fondamenta dell’Europa unita cominciano a vacillare e, qualora ci siano importanti decisioni da prendere, Renzi ha la necessità di avere una compagine di governo estremamente compatta.
Ed è così che i primi movimenti di aggiustamento politico si stanno compiendo: da una parte abbiamo la sinistra radicale sempre più sofferente nei confronti del PD renziano e dall’altra un centro che sta cercando di rianimarsi per convincere il Premier di avere ancora qualcosa da dire. Si perché ad alimentare l’ipotesi voto anticipato ovviamente c’è l’immancabile spettro del Partito della Nazione, entità i cui contorni non sono ancora definiti ma che sembra pronto ad esplodere sulla scena politica da un momento all’altro.
Ed infatti, l’annuncio del partito di Alfano di un imminente cambio nome non fa altro che alimentare i tanti sospetti che da tempo corrono tra le aule parlamentari. L’esempio forse più eclatante di un tentativo di dialogo lo si sta vedendo, anche se in maniera non convenzionale, sul DDL Cirinnà, dove le difficoltà per far passare soprattutto la stepchild adoption non sembra turbare particolarmente il Premier che sembra voler studiare le mosse per poi studiare una strategia. Ma come già anticipato, la strategia è quella di convergere la maggior parte dell’opinione politica e pubblica verso le riforme costituzionali. L’obiettivo è probabilmente cedere sulle Unioni Civili per poi ottenere la maggior condivisione possibile in vista del referendum confermativo per le riforme della Costituzione.
Quell’appuntamento sarebbe l’unico strumento per misurare il termometro a livello nazionale visto che prima del 2018 non sono previste elezioni di rilevanza nazionale. Una vittoria ( ricordiamo che non sarebbe necessario il quorum per questo tipo di consultazione) con i numeri giusti s’intenda, aprirebbe realmente le porte verso il voto nella primavera del 2017, con il nuovo sistema elettorale e senza l’elezione del Senato.
Tornata elettorale questa che potrebbe ridisegnare non solo gli equilibri alla Camera, ma complessivamente potrebbe cambiare la geometria politica italiana in stile amarcord con evidenti richiami alla conformazione primo-repubblicana. Questa ipotesi negli ultimi mesi ha assunto un aspetto ben più realistico di quanto non si potesse immaginare fino a qualche anno fa e a separarci da questa realtà ora è rimasto solo il referendum. Così, a meno di particolari sconvolgimenti dell’ultimo minuto in autunno conosceremo il destino futuro della prima Terza Repubblica.