Semestre Europeo 2016, le relazioni per Paese

In relazione al compito di indicare le politiche comunitarie di crescita e sviluppo per l’anno in corso, la Commissione europea ha pubblicato la scorsa settimana una serie di analisi economiche e sociali riguardanti le attuali condizioni degli Stati membri, le cosiddette “relazioni per paese”. Si tratta di schede approfondite che riportano dati aggiornati sullo stato di salute dei paesi UE, con l’indicazione delle priorità a livello europeo e le specifiche raccomandazioni legate alla situazione nazionale.

L’indagine rientra nel quadro dell’analisi annuale della crescita 2016, pubblicata dalla Commissione a novembre 2015 e indirizzata alle altre sei istituzioni UE interessate: il Parlamento, il Consiglio, la Banca Centrale europea, la Banca europea per gli Investimenti, il Comitato Economico e Sociale e il Comitato delle Regioni.

Da non confondere con la Presidenza semestrale del Consiglio dell’UE, attualmente affidata ai Paesi Bassi, il Semestre Europeo 2016 della Commissione consiste nella programmazione di nuove politiche di riforma per gli Stati membri, fornendo raccomandazioni mirate e monitorandone l’implementazione. Le relazioni servono dunque come base di discussione sulle rispettive scelte politiche nazionali, in vista dei programmi da adottare ad aprile.

Dopo un 2014 che ha risentito fortemente della crisi economica precedente, già nel 2015 le proposte di riforma avviate, tra cui il già ben noto Piano Juncker di investimenti, hanno registrato una seppur lieve ma graduale crescita dell’economia europea e dell’area euro. Tuttavia, per far partire una crescita davvero sostenibile, è necessario rafforzare gli sforzi politici congiunti, accelerare il processo di convergenza e rafforzare la capacità di adeguamento dei paesi UE. Una delle novità più interessanti sul Semestre Europeo è che d’ora in avanti sarà suddiviso in due parti: la prima sarà incentrata sulle priorità politiche generali del territorio UE – nello specifico: rilanciare gli investimenti, proseguire le riforme strutturali per modernizzare le economie, attuare politiche di bilancio responsabili; la seconda invece vedrà la Commissione avviare un dialogo diretto coi Paesi membri, che a partire da marzo prenderanno la forma di incontri bilaterali, in cui i commissari si recheranno negli Stati per incontrare governo, parlamento e parti sociali.

Particolarmente interessante è la consultazione della relazione per Paese relativa all’Italia, un documento di 115 pagine che valuta la situazione nazionale sulla base di una serie di indicatori economici e sociali ma soprattutto sui problemi strutturali e altri punti di squilibrio del sistema. In generale, dall’analisi si evince un quadro italiano che risente ancora di debolezze strutturali di vecchia data, tra cui la crescita media annuale del PIL che ha raggiunto in media l’1,5%. Già dal 2015 si nota una lieve ripresa grazie a migliori condizioni di finanziamento e ai bassi prezzi del petrolio, ma in generale lo sviluppo è più debole rispetto alla zona euro nel suo complesso: rimane però il rischio di una revisione al ribasso, a causa delle recenti turbolenze sui mercati finanziari. Nel complesso l’Italia ha compiuto qualche progresso nel seguire le raccomandazioni specifiche UE per Paese del 2015, varando una riforma complessiva del mercato del lavoro e adottando provvedimenti importanti sulla governance nel settore bancario e sul problema dei crediti deteriorati.

Il commissario Pierre Moscovici, responsabile per gli Affari economici e finanziari: «Le relazioni presentate dalla Commissione forniscono il quadro più preciso e dettagliato delle economie dell’UE. Questi esami approfonditi costituiranno la base per il necessario dialogo tra le istituzioni dell’UE e i governi nazionali in primavera, in vista della prossima serie di raccomandazioni specifiche per paese. Promuovere la crescita e l’occupazione resta il nostro primo obiettivo. Dato che la ripresa dell’UE rimane fragile, la Commissione esorta gli Stati membri a proseguire con le riforme economiche e a correggere gli squilibri macroeconomici ancora esistenti».

©Futuro Europa®

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