Ridendo e scherzando (Film, 2015)
Un grande omaggio di due figlie – Paola e Silvia – a un padre geniale, Ettore Scola, un anno prima della morte. Un film documentario ambientato nel cinema più piccolo del mondo, quel Cinema dei Piccoli, tra viale Alberto Sordi e via Marcello Mastroianni, a Roma, dove oggi non stonerebbe una via Ettore Scola.
Pif è il brillante interlocutore del Maestro, umile e deferente piccolo collega, al cospetto di un ironico autore che stempera i toni e non si prende mai sul serio. Si comincia dalla ritrosia di Scola per le interviste, si prosegue raccontando una carriera che parte come disegnatore al Marc’Aurelio e sceneggiatore con Risi, Steno e Pietrangeli, per finire con le brillanti opere da regista. Scola “fa il negro” di Metz e Marchesi – oggi si direbbe ghost writer – ma si ritaglia un posto privilegiato come scrittore di battute per Totò, fino a sceneggiare capolavori assoluti come Io la conoscevo bene, Il sorpasso e Un americano a Roma.
Debutta alla regia su insistenza di Gassman, ma le figlie ci tengono a dire che i primi film non rappresentano l’opera del padre, la cui mano felice si comincia a intravedere da Riusciranno i nostri eroi... Pif sottolinea l’amicizia tra Scola e Sordi, diventato attore amato dal pubblico sotto la sua abile guida, mentre prima era soltanto un giovane antipatico. Sergio Amidei inventa la commedia all’italiana, ma Scola la coltiva con passione, applicando al nuovo genere – apprezzato più in Francia e in America che da noi – i dettami del neorealismo. I nostri autori di commedie raccontano la società contemporanea, tra pregi e difetti, anche se non possono sottrarsi al diktat produttivo di far ridere.
Scola viene messo a nudo in un film-tributo dove viene fuori la sua passione per il cinema, l’amicizia con Mastroianni e Gassman, l’abilità di riuscire a parlare con leggerezza di omosessualità e amore, di lavoro e gelosia, di disagio mentale e diversità. Ridendo e scherzando, diceva Menandro, quante verità si possono dire. Frase cara anche a Pasolini che avrebbe dovuto girare un’introduzione filmata a Brutti, sporchi e cattivi, un film che ricordava gli ambienti del suo Accattone. Non fece in tempo, perché la vita del regista venne fermata a poche centinaia di metri dal set di Scola da mani rimaste ancora oggi ignote.
Un omaggio a Scola, poco prima della sua morte, che nel corso del film non manca di citare i suoi riferimenti più alti: De Sica (il più grande scrittore italiano, diceva Calvino) e Fellini, conosciuto al Marc’Aurelio. Dicono le leggende che da giovane fosse incerto su quale strada seguire, se dedicarsi all’impegno o alla commedia pura. Semplificando con una battuta, non sapeva se fare Risi o Rosi. Ha scelto di fare Scola. E ha fatto bene.
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Regia: Paola e Silvia Scola. Soggetto e Sceneggiatura: Paola e Silvia Scola. Fotografia: Davide Manca. Operatore alla Macchina: Davide Lo Nigro. Montaggio: Paolo Petrucci. Musiche: Armando Trovajoli. Edizione: Gianni Monciotti. Produttore Palomar: Nora Barbieri. Produttori: Carlo Degli Esposti, Massimo Vigliar. Produzione: Palomar, Surf Film. Interpreti: Pif (Pierfrancesco Diliberto), Ettore Scola.
[NdR – L’autore dell’articolo ha un suo blog “La Cineteca di Caino”]