Cronache dai Palazzi

Dopo tre anni di dura recessione il prodotto interno lordo del sistema Italia torna a crescere. L’Istat registra infatti un +0,8% per il 2015, in pratica uno 0,1% in più rispetto alle aspettative dell’Istituto di statistica, ma uno 0,1% in meno rispetto a quanto indicato dal governo Renzi nel suo ultimo Def (Documento di economia e finanza). Avrebbero contribuito alla crescita soprattutto i consumi interni, che hanno registrato un incremento dello 0,5%. Il settore dell’auto, con un aumento della spesa pari al 5,5%, fa da traino seguito dalle spese per l’istruzione (+2,7%), quelle per ricreazione e cultura (+2,4%) e inoltre per vestiario e calzature (+1,4%). Anche gli investimenti, il vero punto dolente, indicatore della recessione, registrano un segno positivo con un incremento dello 0,8%.

Palazzo Chigi è interessato in particolare ai dati riguardanti debito e deficit diffusi dall’Istituto di Statistica che registra un fermo al 2,6% per il deficit, in linea con le previsioni dell’esecutivo, e un rapporto debito/Pil pari a 132,6% nel 2015 leggermente più basso rispetto al 132,8 stimato dal governo. I dati positivi relativi a deficit e debito rafforzano anche la posizione dell’Italia di fronte alla Commissione europea di Jean-Claude Juncker. Nel corso dei prossimi negoziati con Bruxelles Renzi non mancherà infatti di chiedere maggiore flessibilità nei conti anche per il 2017. Del resto “l’Italia mantiene i suoi impegni”, ha sottolineato il ministro dell’economia Pier Carlo Padoan, spalleggiando le richieste di Renzi all’Ue, e occorre “proseguire su questa strada”. Per Padoan inoltre “la stabilizzazione del debito è la premessa per la sua riduzione”.

Il bilancio dello Stato risulta nel complesso alquanto migliorato. Le entrate crescono dello 0,6%, grazie al buon gettito dell’Iva e dell’Irpef. La pressione fiscale registra una leggera diminuzione passando dal 43,6 al 43,3%. Le spese totali destinate alle amministrazioni pubbliche sono anch’esse diminuite dello 0,1%, circa 1,6 miliardi di euro in tutto.  A ridurre la spesa hanno infine contribuito gli interessi sul debito pubblico. Grazie al Quantitative easing di Mario Draghi, infatti, lo spread è sceso verso il basso e il costo del debito è precipitato dell’8%, a meno di 70 miliardi di euro l’anno.

“I numeri dimostrano che con questo governo le tasse vanno giù, gli occupati vanno su, le chiacchiere dei gufi invece stanno a zero”. Nel pronunciare queste parole Matteo Renzi esulta di fronte ai dati Istat che dipingono leggermente di rosa il 2015: leggero calo della pressione fiscale (-0,3%) e della spesa pubblica (-0,7%), un modesto incremento dei consumi da parte delle famiglie (+0,9%), un “debito stabilizzato” fermo in pratica al 2,6%. Tutti dati che il premier Renzi e il ministro dell’Economia intendono avanzare a proprio favore nel corso delle trattative con Bruxelles, perseguendo l’obiettivo di strappare una consistente dose di flessibilità anche per l’anno prossimo e procedendo, quindi, alla riduzione di Ires e Irpef come promesso. I dati positivi degli ultimi giorni rafforzerebbero in pratica la credibilità del sistema-Paese. “L’Italia è tornata – ha dichiarato il premier Renzi -, ma non ci accontentiamo. Bisogna fare molto di più per consolidare la ripresa di occupazione e crescita, che comunque ormai è stabile”. Bacchettando i predecessori Renzi inoltre afferma: “Il governo Monti aveva chiuso con -2,3%, il governo Letta con -1,9%. Per non parlare del deficit “sceso per la prima volta da anni sotto il 3%: quest’anno abbiamo fatto il 2,6% (miglior risultato degli ultimi dieci anni). E nel 2016 scenderemo ancora”, assicura Renzi. Anche il presidente Juncker si è dimostrato disponibile a un deficit-Pil all’1,8 (in precedenza doveva essere l’1,1) concedendo uno “sconto” di circa 11 miliardi, ma Renzi vorrebbe ottenere ancora di più.

Renzi rimarca anche il “boom” del Jobs Act. “Nei due anni del nostro governo abbiamo raggiunto l’obiettivo di quasi mezzo milione di posti di lavoro stabili in più” – ha dichiarato il presidente del Consiglio -. E l’Inps ricorda come siano aumentati i contratti a tempo indeterminato nel 2015 di qualcosa come 764.000 unità”. Il tasso di occupazione si attesta in pratica al 56,8% (+0,1% rispetto a dicembre) tornando al livello più alto da maggio 2012. Sono aumentati però soprattutto i lavoratori over 50 (359.000 unità su base annua), mentre l’incremento di posti per gli under 35 risulta molto contenuto: in un anno solo novemila in più. In sostanza per i giovani la ricerca di un posto di lavoro resta faticosa. Il tasso di disoccupazione, infine, schizza a 39,3%, mantenendosi ben al di sopra della media europea (22%). Tra i giovani aumentano inoltre gli inattivi quelli cioè che non cercano e non studiano (più 0,6 punti percentuali), mentre tra gli over 50 l’inattività è calata sensibilmente (-1,7% su base annua) soprattutto tra le donne.

Palazzo Chigi sottolinea anche i progressi anche per quanto riguarda l’evasione fiscale e la spending review. “Il 2015 è stato l’anno dei record nella lotta all’evasione con 14,9 miliardi di euro recuperati dallo Stato”, rimarca Renzi aggiungendo: “E per la spending review, Cottarelli aveva proposto 20 miliardi. Noi, in due anni, abbiamo fatto tagli per 24,9 miliardi”. Altro fiore all’occhiello per Palazzo Chigi è il taglio delle tasse: tasse a livello locale, Imu e Tasi su prima casa, Irap e costo del lavoro. Di concerto il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ricorda anche la riduzione del carico fiscale per le imprese, ossia l’Ires, l’imposta sul reddito delle società oltre alla decontribuzione che riduce il costo del lavoro contribuendo ad incentivare le aziende ad assumere stabilmente. “Il taglio delle tasse è uno dei segni distintivi della strategia economica del governo che continuerà”, ha dichiarato Padoan, sottolineando però che i tagli “devono essere credibili e sostenibili altrimenti non danno il segnale che (le tasse ndr) si abbattono definitivamente”. Per il 2017, inoltre, va scongiurata l’applicazione delle clausole di salvaguardia, all’incirca 15 miliardi di euro di accise e Iva. Tutto ciò per ribadire che un eventuale riduzione dell’Irpef, ad esempio, è comunque tutta da definire e da modulare. Il governo immagina un prelievo pari al 27% per chi guadagna da 15 mila a 75 mila euro, ma il taglio dell’Irpef non scatterà comunque prima del 2018.

Per finire, il Partito democratico, con il supporto del governo, ha apportato un fondamentale correttivo al decreto legislativo sui contratti di credito ai consumatori, tantoché una eventuale banca non potrà espropriare e vendere la casa data a garanzia del mutuo dopo il mancato pagamento di 18 anziché 7 rate. La novità sarà riportata in Commissione Finanze martedì 8 marzo. Sarà compito dell’esecutivo poi modificare il testo nel secondo e ultimo passaggio in Consiglio dei ministri. Il decreto legislativo suddetto recepisce la direttiva Ue 2014/17 sui mutui ed arriva in una fase in cui il mercato immobiliare sembra riprendere quota con richieste di finanziamento in aumento (più 97%), dovute soprattutto alla diminuzione del costo del denaro. Secondo i dati comunicati dalla Agenzia delle Entrate, nel 2015 le compravendite di case sono aumentare del 6,5% e le erogazioni finanziarie all’acquisto del 19,5%, per un valore di 23 miliardi.

©Futuro Europa®

Condividi
precedente

DOP e IGP: 13,4 miliardi di valore

successivo

Terra Viva

Rispondi

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *