Libia, Italia e NATO

L’uccisione di due ostaggi italiani, comunque sia avvenuta, rende ancora più drammatica la situazione in Libia. In una nota di qualche anno fa, quando era iniziato l’assalto a Gheddafi, ebbi occasione di scrivere quello che pensavo:  Sarkozy si comportava – per ragioni ancora oscure, ma non poi tanto difficili da immaginare, se si pensa alla “fame di petrolio” dell’epoca e alla pazza voglia di sostituire l’Italia come primo socio commerciale della Libia – da apprendista stregone e quelli che lo seguivano, più o meno convinti, si assumevano una responsabilità molto grave. Gheddafi poteva piacere o no, e certamente il suo regime era autoritario e corrotto, ma manteneva un certo ordine in un Paese difficile perché a base tribale, si era riavvicinato all’Occidente e aveva, nei confronti dell’Italia (lo constatai personalmernte in una missione segreta a Tripoli nel febbraio del 1992) un atteggiamento tutto sommato amichevole. Pensare che a quel regime potesse seguirne uno altrettanto ordinato ma democratico, potevano crederlo solo quelli che non conoscono quei paesi e quelle popolazioni (onore al merito: Berlusconi non ci ha creduto un attimo). Quel che è sopravvenuto è il caos. Che sarebbe in sé grave anche se non vi si fosse inserito con prepotenza ed efficacia l’ISIS, che è il vero e grosso cancro che va estirpato, perché altrimenti contaminerebbe tutta la riva sud del Mediterraneo, creando per noi una situazione di diretta minaccia alla sicurezza. Mi sono venuti brividi leggendo che le milizie islamiche sono a Sabratah. La conosco (c’è tra l’altro un bellissimo anfiteatro romano) ed è a un tiro di pietra da Tripoli: è come, diciamo, Grosseto rispetto a Roma. Come può reggere la capitale libica se non si eliminano i guerriglieri da Sabrata?

Americani, inglesi, francesi, operano in Libia con misure sporadiche e complessivamente insufficienti. Anche se i loro attacchi aerei sono alle volte efficaci, non possono bastare. Quello che occorre è un’operazione di terra condotta dalle forze del legittimo governo libico e magari di un governo amico, come potrebbe essere quello egiziano. Quanto a noi, è fuori dubbio che il Capo dello Stato e il Governo si rendano conto che siamo direttamente esposti e che su di noi incombe il dovere di affrontare la situazione. La prudenza mostrata finora sul piano militare va bene. È giusto porre come condizione prioritaria l’esistenza di un governo centrale libico che abbia l’autorità di combattere l’invasore jihadista (si tratta, tra l’altro, per di più di stranieri). Ma se non ci si riuscisse? Dovremmo continuare a rincorrere un’unità irraggiungibile e lasciare andare quel paese a rotoli? E ritrovarci prima o poi installato, di fronte alla Sicilia, un regime terrorista?

Non vi sono  soluzioni miracolo. Ognuna comporta un alto rischio. Ma restare a guardare mi sembra la soluzione peggiore. Una considerazione però va fatta: la NATO ha una componente strategica, il Fianco Sud, che dovrebbe essere tanto importante quanto quello orientale. Proteggere i Paesi dell’Est europeo da un possibile ritorno russo è sacrosanto ma non  può esaurire la missione dell’Alleanza. Provvedere alla sicurezza dei Paesi del Fianco Sud (Italia, Grecia, Spagna, Portogallo, Turchia e la stessa Francia) è altrettanto doveroso e per questo la NATO ha, sin dalla sua fondazione, un impressionante apparato di forze nel Mediterraneo, centrato sul Comando di Napoli e sulla Sesta Flotta USA. Un apparato pensato contro un possibile attacco sovietico nel nostro mare, ma che oggi, ben più realisticamente, deve servire a contrastare la minaccia che viene dal Nordadrica. Sono più che certo che la situazione è oggetto di attenzione e dibattito al QG dell’Alleanza ad Evere. Non so se e quanto il Governo italiano abbia chiesto la copertura alleata (come fece il Governo Berlusconi con tutte le ragioni al momento dell’attacco a Gheddafi). Non lo so, lo ripeto e quindi non giudico né bene né male il Governo. Posso immaginare le resistenze di alcuni alleati nordici a implicare l’Alleanza nel Mediterraneo. Ma sono ogni giorno più convinto che, se ad un intervento militare si dovesse arrivare, deve essere un’operazione NATO, non americana, o francese, o inglese. E neppure italiana, va da sé. Che al Governo solletichi l’idea di un ruolo guida dell’Italia, lo capisco fino a un certo punto. Ma se l’Alleanza si muove, lo fa con le proprie strutture politiche e militari, che hanno in più occasioni dimostrato la loro capacità. Il ricordo dell’intervento in Bosnia, per chi lo ha, come me, vissuto in diretta, è quanto mai vivo ed eloquente.

Una considerazione aggiuntiva: esiste la dannatissima ipotesi che niente di questo riesca e la Libia passi, dal caos attuale, al dominio di uno Stato terrorista. Chi può escluderlo? Lasciamo stare le conseguenze sul piano economico, penso che alla fine possiamo fare a meno del petrolio e delle commesse libiche. Ma le ricadute sulla sicurezza e sull’immigrazione (che sarebbe non più soltanto fuori controllo, ma stimolata e organizzata dai terroristi) sarebbero gravi. In questo caso, una semplice constatazione: necessitiamo di un ferreo apparato di sorveglianza nel Mediterraneo del Sud, con i mezzi navali e aerei necessari. Da soli se è necessario, ma preferibilmente (e di gran lunga) nel quadro delle difese NATO. Fare a meno dell’Alleanza sarebbe, in questa fase storica, un diretto suicidio.

Un’ultima annotazione. Quando si tratta di problemi così seri, dà un po’ la nausea dover parlare delle miserabili beghe interne. Ma come non definire un corvo quel Salvini che specula sulla morte di due italiani per trarre un misero profitto politico accusando Renzi e Mattarella (?) di “avere le mani sporche di sangue”?

Anche i 5 Stelle  non sono restati indietro in questa corsa alla speculazione selvaggia. Nessuno di questi sciacalletti sembra capire che, in momenti di pericolo nazionale (ché di questo si tratta) bisogna far tacere le risse e sostenere chi ha la responsabilità di governare? Nessuno gli ha mai detto  “Right or wrong, my country”?

Pur apettandomi sempre il peggio dai grillini, mi ha fatto specie una lunga intervista in cui il Vicepresidente della Camera, Di Maio, che tra i seguaci di Grillo e Casaleggio mi era parso fin qui una persona sensata (tutto è relativo!) ha sproloquiato sulla situazione in Libia e in Siria, con alcune assolute “perle”. La causa di tutti i mali? Non il terrorismo, il fanatismo islamico, magari l’autoritarismo poliziesco di certi regimi, no. La colpa è dell’Italia e degli altri paesi che vendono armi. Che è come dire che la colpa della mafia è della Beretta! Naturalmente, Di Maio ha sentenziato che “con le bombe non si risolve nulla”. Ma non ha detto, ed è tipico, che all’aggressione armata una risposta armata è pure necessaria. O anche lui pensa irenicamente al sempiterno “dialogo”? Ma sentite qual è la sua soluzione per Libia: le tribù devono mettersi d’accordo tra loro. Poi noi potremo aiutarle… costruendo asili. Testuale! E uno così aspira a governare l’Italia!

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