Una giornata al Parlamento europeo

Bruxelles – Ogni settimana i mezzi di comunicazione ci aggiornano sulle novità provenienti dalle istituzioni europee, soprattutto attraverso le dinamiche politiche che nascono tra i palazzi di Bruxelles e la nostra realtà nazionale: per l’Italia, ad esempio, il 2016 è cominciato all’insegna delle schermaglie tra Matteo Renzi e le principali personalità dell’UE, come il Presidente della Commissione Jean-Claude Juncker e il capogruppo del Partito Popolare Europeo, Manfred Weber. L’idea principale che ne risulta è quella di un “universo europeo” piuttosto lontano dalla realtà dei cittadini, a cui solo i politici hanno diritto di accesso.

Con l’occasione di poter lavorare da qualche mese a Bruxelles presso il Parlamento UE, la mia percezione di tale istituzione sta gradualmente cambiando: si tratta di un microcosmo in continuo movimento, in cui gli eurodeputati, gli amministratori e gli stagisti collaborano strettamente a contatto per mandare avanti la fitta agenda di appuntamenti che si svolgono nelle innumerevoli sale dedicate: sedute di commissione, conferenze, sessioni plenarie e briefing settimanali sullo stato dei lavori.

Il complesso di edifici del Parlamento prende il nome di “Espace Léopold”, dal nome del quartiere dedicato al re Leopoldo II del Belgio, e presenta una struttura singolare dovuta ai numerosi ampliamenti avvenuti a partire dal 1989. L’edificio più antico, chiamato “PHS” dal nome del politico belga Paul-Henri Spaak, ospita l’emiciclo per le sessioni plenarie e gli uffici dei presidenti dei gruppi politici. Il flusso principale di persone passa invece ogni giorno attraverso il palazzo “ASP” dedicato ad Altiero Spinelli, da considerare come il fulcro della vita all’interno del Parlamento, e passaggio obbligato per raggiungere le diverse aree periferiche: il terzo piano rappresenta infatti la “piazza” in cui i professionisti si incontrano alla fine delle riunioni per prendere un caffé insieme. Al centro della sala si trova il cosiddetto “Vox Box”, una piattaforma televisiva attrezzata per interviste agli eurodeputati, che lavora a ciclo continuo producendo materiale informativo per i media di tutta Europa. Qui gli eurodeputati vengono anche chiamati “MEP”, sigla che sta per “Members of the European Parliament”.

Gran parte del lavoro settimanale degli eurodeputati si svolge in relazione alle sedute di commissione, suddivise per categorie: tra le principali troviamo AFET (affari esteri), INTA (commercio internazionale), ECON (problemi economici e monetari), REGI (sviluppo regionale), IMCO (mercato interno e protezione dei consumatori), LIBE (libertà civili, giustizia e affari interni). Gli incontri di commissione sulle specifiche tematiche sono alternati dai cosiddetti “group meeting”, cioè le assemblee interne ai gruppi politici per stabilire di volta in volta la linea da seguire, i possibili accordi con altri partiti e la scelta di voto conclusiva: a favore, contro o astensione. Deputati e assistenti lavorano insieme sulle proposte di emendamenti alle risoluzioni da adottare e votare durante la successiva seduta plenaria del Parlamento, in particolare quando un eurodeputato si prende carico personalmente di una questione che vuole seguire con attenzione: in questo ultimo mese, ad esempio, si è molto discusso della proposta di ingresso di ulteriori quote di olio tunisino nel mercato europeo, sulla cui tematica hanno guidato le argomentazioni i parlamentari Giovanni La Via e Salvatore Cicu, appartenenti al Gruppo del Partito Popolare Europeo.

Tutto il lavoro quotidiano negli edifici di Bruxelles assume poi, per così dire, la sua reale forma democratica una volta al mese presso l’altra sede del Parlamento UE, il Louisse Weiss building di Strasburgo, riconosciuto come vera sede ufficiale delle votazioni in seduta plenaria: è questo il luogo principe dei dibattiti sul futuro dell’Europa, mostrati ogni giorno sui media internazionali, specialmente in occasione di incontri importanti con capi di Stato e di governo. Durante la settimana di Strasburgo, tutta la “cittadella” di Bruxelles si sposta in blocco per continuare il lavoro congiunto, utilizzando uffici dedicati che comunicano costantemente con la sede centrale: è abbastanza intuitivo capire come mantenere attive due sedi istituzionali sia fonte di sprechi economici non indifferenti, tuttavia per ragioni derivanti da equilibri politici di vecchia data tra Stati fondatori, la sede di Strasburgo rimane ancora il centro delle attività politiche del PE.

Tornando alla sede di Bruxelles, i vari professionisti sono supportati ogni giorno da un gran numero di assistenti e di tirocinanti con compiti di vario tipo: dalla gestione della segreteria politica alle comunicazioni di tipo amministrativo, dalla preparazione di report e comunicati sulle sedute di commissione all’organizzazione del calendario settimanale e delle conferenze stampa di delegazione. Nel corso della “settimana verde”, gli europarlamentari hanno facoltà di recarsi presso le proprie sedi nazionali e regionali per fare politica sul territorio, aggiornandosi sullo stato delle problematiche che stanno seguendo personalmente.

Gli spazi del Parlamento di Bruxelles, a prima vista un labirinto di edifici collegati da strane passerelle, sono invece un ambiente che consente con relativa semplicità il contatto personale e lo scambio di opinioni: tutti incontrano tutti, senza eccezioni, e ciò dovrebbe dare il senso di quella necessità di dialogo che servirebbe oggi all’Europa, come mai prima d’ora. Tuttavia, le istituzioni dell’UE tendono ancora a mantenersi poco aperte al reale dialogo con la cittadinanza, e anche qui a Bruxelles si avverte tale atmosfera, con i “lavoratori dell’UE” che tendono a frequentarsi fra loro, come un piccolo villaggio poco accessibile nella stessa città. Visto dall’interno è di certo un mondo affascinante, con possibilità di crescita personale e professionale, al centro di un ambiente internazionale, dinamico e pieno di giovani preparati e ambiziosi.

La sfida dell’Unione europea, a mio avviso, sarebbe dunque quella di aprire davvero a tutti i cittadini le porte alla “parte buona” delle sue istituzioni. In caso contrario, se tutto resta tale anche a fronte delle gravi crisi globali che sta affrontando l’Europa in questi mesi, si potrà giungere a considerare chi lavora per l’UE come una serie di privilegiati che conducono una vita più che dignitosa, a spese di un continente che sta crollando dietro agli egoismi degli Stati nazionali.

©Futuro Europa®r

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