Rassegna stampa estera
Molta Libia questa settimana sulla stampa estera, anche mediorientale, commenti e osservazioni sul nostro intervento (eventuale e non proprio gradito) nella nostra ex-colonia, polemica con l’Ambasciatore Phillips compresa. Un pensiero per i due ostaggi italiani uccisi. I media francesi parlano molto del nostro Jobs Act preso come esempio nella proposta di legge El Khomri ,anche se, ad un’analisi più approfondita emergono ancora dubbi sulla sua efficacia sulla crescita. Quello che più si apprezza è la “ritrovata stabilità politica”, e della sintonia ritrovata a Venezia tra il nostro Premier Renzi e il Presidente Hollande, che, come scrive Philippe Ridet “non si lasciano più”. Ma si scrive anche del tentativo d’invasione dell’”american coffe e dell’american pizza” proprio quando l’UNESCO sta per riconoscere l’importanza culturale della “nostra”pizza come identità tutta italiana. Come non riferire ai propri lettori la notizia che ha visto al centro di una polemica sindacale il sovrintendente della Reggia di Caserta per il troppo lavoro? Lo ha fatto, tra tanti, anche il Telegraph. Dagli Emirati Arabi un bell’articolo sul Global Village che in questi giorni “regala” ai suoi visitatori un pezzo di Italia.
Sulla Libia Le Point riporta i risultati dell’incontro di Martedì a Venezia tra Hollande e Renzi. “Il Presidente francese e il Capo del Governo italiano Matteo Renzi riuniti questo Martedì a Venezia hanno manifestato la loro impazienza neo confronti delle lungaggini libiche nel formare un Govenro di unità nazionale. ‘Sulla Libia, c’è stata troppa attesa e troppa poca pressione’, ha dichiarato davanti alla stampa il Presidente Hollande, dopo l’incontro con Renzi (…) I due uomini non hanno comunque imposto nessun ultimatum alle parti libiche che tentano da mesi di formare un Governo di unità nazionale. La comunità internazionale, Francia e Italia intesta, considerano la creazione di questo Governo come un elemento essenziale prima di qualsiasi intervento su larga scala”. (…)
“Renzi non commetterà gli stessi errori di Sarkozy e Cameron e non invierà 5000 soldati italiani in Libia”, titola il suo pezzo sull’Huffington Post Algeria Hebba Selim. “L’Italia, ex colonia della Libia, sul punto di rimettervi piede conducendo un intervento militare! Le voci erano persistenti prima di essere praticamente ‘confermate’ Venerdì dall’Ambasciatore americano a Roma, John Phillips che ha dichiarato sulle colonne del Corriere della Sera che l’Italia avrebbe potuto inviare ‘fino a 5000’ soldati in caso di intervento militare in Libia (…) Domenica, su Canale 5, il Presidente del Consiglio Matteo Renzi ha raffreddato gli animi dei guerrafondai smentendo le affermazioni dell’Ambasciatore americano (…) La smentita di Renzi è saggia viste le reazioni in Libia, da parte dei due Governi di Tripoli e Tobruk, dichiaratamente ostili al ritorno dell’ex occupante.” (…)
Philippe Ridet su Le Monde si sofferma sulla tragica morte di Fausto Piano e Salvatore Failla per poi ricordare “il passato” che Renzi non vuole rivivere. “Il passato? 2011 con precisione. Roma all’epoca aveva reagito negativamente al’intervento NATO in Libia contro il regime di Gheddafi, nel quale Parigi e Londra avevano avuto un ruolo di primo piano. Allora al potere, Berlusconi si era arrabbiato per non essere stato avvisato sui primi bombardamenti contro il regime della guida libica della quale si vantava essere amico. Matteo Renzi non ha dubbi: ‘Se la Libia si trova in questa situazione difficile, è perché dei politici – non italiani ma francesi – hanno avuto la bella idea di programmare un intervento senza pensare alle conseguenze’. Il nome di Sarkozy gli bruciava sulle labbra.”
Molti media della Regione mediorientale hanno scritto su questa smentita lanciata a gran voce, soprattutto in riferimento alle affermazioni e smentite dell’Ambasciatore americano apparse sul Corriere della Sera, dal North Africa Post, al Daily News Egypt, al Peninsula quatarino, al Libya Herald, al Daily Star Lebanon.
Scrive Olivier Tosseri su Les Echos che “nonostante il Paese stia uscendo con fatica dalla recessione, è riuscito a invertire la curva della disoccupazione. ‘Quando mi guardo, mi affliggo, quando mi confronto, mi consolo’. Questa citazione di Talleyrand caratterizza i summit franco-italiani che, ogni anno, fanno il punto sulla cordiale rivalità tra i due Paesi. Ma, questo Martedì a Venezia, François Hollande incontrerà per la prima volta un Presidente del Consiglio che ha fatto uscire il Paese da tre anni di recessione. Un debole 0,6% nel 2015 per una crescita vista al ribasso nel 2016 dall’OSCE, a 1% invece dell’1,4% . Cifre simili, ma leggermente inferiori a quelle della Francia, dove il PIL è cresciuto dell’1,1% lo scorso anno e dovrebbe arrivare all’1,3% nel 2016 (…) Ma dove Matteo Renzi può vantarsi di aver fatto meglio, è sul fronte del lavoro.” (…)
Sulla stessa testata Etienne Lefebvre titola il suo editoriale “Le miroir italien”. “Casi di calendario, François Hollande incontra questo Martedì a Venezia un Matteo Renzi che comincia a trarre profitto dalle riforme lanciare due anni fa in Italia quando la Francia si dilania sulla proposta di legge El Khomri. Il miglioramento della situazione economica al di là delle Alpi è reale: la crescita è di ritorno, la disoccupazione cala grazie a la creazione tangibile di posti di lavoro. Il Jobs Act, la legge di liberalizzazione del mercato del lavoro voluta da Matteo Renzi, non ne è estranea, anche se è presto per fare dei bilanci. Questa vittoria rimane fragile, e bisogna sottolineare che l’Italia parte da lontano, dopo anni di marasma e di immobilismo. Più che sui dati economici, sui quali la Francia basa il confronto con il suo vicino, è sul clima politico che il fossato si allarga (…) Il contrasto con l’Esagono colpisce (…) il duo dell’esecutivo (Valls-Hollande, ndr) non sembra essere sulla stessa lunghezza d’onda, e i piccoli calcoli politici riemergono all’avvicinarsi del 2017. Per portare a buon fine la necessaria modernizzazione del mercato del lavoro è necessario che i piloto della riforma parlino all’unisono”.
Più scettico Romaric Godin che sulle pagine de La Tribune si chiede: “il Jobs Act è una ricetta miracolo?”. “La riforma del lavoro di Matteo Renzi appare come un modello per la Francia, che la cita regolarmente come esempio. Ma è pertinente?” Il giornalista spiega dettagliatamente la riforma, che definisce “abbastanza originale”. Un successo? Scrive Godin che “il numero di posti di lavoro creati ha favorito soprattutto i cinquantenni (…) anche se alla fine il numero totale di disoccupati di questa fascia d’età è aumentato dello 0,5% (…) Per la fascia dei 35-49, la classe di età più numerosa (10 milioni di persone su 22), il fenomeno è invertito. Il numero dei disoccupati è calato di 117.000 unità, ma il numero di persone che lavorano di questa fascia d’età è scesa di 69.000 unità (…). Fenomeno che troviamo anche tra i più giovani. Il tasso di disoccupazione è sceso, ma rimane al 39,3% della popolazione attiva (10% dei 15-24). Il Jobs Act non è stato ancora in grado di mettere fine ai grandi problemi strutturali del l’occupazione, soprattutto l’accesso dei giovani nel mercato del lavoro” (…).
Eric Lyman su USA Today racconta del “cedimento” dell’Italia al cibo made in USA. “Per molto tempo l’Italia ha resistito alla tentazione delle catene di fast food americane, ispirata dalla sua storica tradizione culinaria. Ma sembra che si dovrà assistere ad un cambiamento di comportamento visto che catene americane di distribuzione di pizza e caffè stanno puntando al mercato italiano. Domino ha due punti vendita a Milano. Starbucks ha recentemente annunciato che il prossimo anno avrà una sua location, sempre a Milano. E, a sentire il quotidiano italiano La Stampa, Pizza Hut sta tentando sta pensando dove trovare una sua collocazione. Pizza Hut non ha risposto alla richiesta di USA Today di commentare la notizia.” Il perché di tutto questo ce lo dice Massimiliano Rossi, un consulente di marketing intervistato da Lyman: “Queste compagnie non vendono pizza. Non vendono caffè. Vendono un’immagine, Vendono l’idea di America”.
Parole che stridono accanto alla nostra pressante richiesta che venga riconosciuta la pizza napoletana come simbolo di identità culturale tutta italiana. Come scrivono Alberto Nardelli e George Arnett sul Guardian, “Il paese vuole che se ne sottolinei la caratterizzazione per differenziarla da quella della rivale newyorkese, affermando che è fondamentale per l’identità italiana (…) Se la pizza otterrà il suo titolo, si unirà alle tradizioni culturali come l’antico metodo georgiano Qvevri per la vinificazione (…) Altre tradizioni italiane sono già inserite nella lista UNESCO come l’Opera dei Pupi, il canto a tenore (canti pastorali sardi), la pratica della coltivazione della vite di Pantelleria”. (…)
Una notizia poco gratificante è quella riportata dal Telegraph sulla polemica aperta da alcune sigle sindacali sul “troppo lavoro” del Sovrintendete della Reggia di Caserta Mauro Felicori. Fa notare Alice Philipsons che “la disputa evidenzia le difficoltà che l’Italia affronta nel superare un sistema che ha portato a trascurare molto del suo patrimonio culturale per decenni. E dire che c’è chi sogna l’Italia e tutto quello che rappresenta l’Italia, dalla moda, alla cucina, al design. A Dubai, come ricorda Suchitra Steven Samuel sul Khaleej Times, nel padiglione che rappresenta l’Italia al Global Village si fa la fila per assaporare un po’ di Italia. Vogliamo far fruttare al meglio questi tesori?
AFP per Le Point, Libye: François Hollande et Matteo Renzi impatients, 8 Marzo 2016; Hebba Selim, Renzi ne refera pas les erreurs de Sarkozy et Cameron et n’enverra pas 5000 soldats italiens en Libye, Huffington Post Algerie, 7 Marzo 2016; Philippe Ridet, Matteo Renzi calme les va-t-en guerre et rappelle la France à sese responsabilités dans le chaos libyen, Le Monde, 6 Marzo 2016; Olivier Tosseri, L’Italie réussi mieux que la France sur l’emploi, Les Echos, 8 Marzo 2016; Etienne Lefebvre, Le miroir italien, Les Echos, 8 Marzo 2016; Romaric Godin, Italie: “Jobs Act” est-il une recette miracle?, La Tribune, 9 Marzo 2016; Eric J. Lyman, American pizza and espresso want to invade Italy, USA Today, 7 Marzo 2016; Alberto Nardelli, George Arnett, Italy puts Neapolitan pizza-making forward for Unesco identity, The Guardian, 4 Marzo 2016; Alice Philpson, Italian unions criticise museum chief of Royal Palace of Caserta for working too hard, The Telegraph, 6 Marzo 2016; Suchitra Steven Samuel, Experience a piece of Italy at Global Village, Khaleej Times, 9 Marzo 2016.