Una società da rottamare
Ci siamo abituati alla cronaca nera a leggere storie efferate di morte e soprusi; poi arriva un fatto come quello accaduto pochi giorni fa a Roma, quello dei due ragazzi che hanno ucciso per vedere l’effetto che fa un loro amico, che ci scuote dal torpore dell’abitudine e ci indigna.
Ma sempre e solo per poco, perché immediatamente dopo l’indignazione scatta la morbosità, la caccia al dettaglio. Un talk show televisivo che esiste ancora e resiste perché nutrito dai nostri desideri da buco della serratura, ha addirittura ospitato il padre di uno dei due assassini anticipando indagini di Pippo Pluto e Paperino, Cia, FBI e anche KGB. Questo per dire quanto impatto abbia avuto questa vicenda nei media. Intanto il fatto in sé stesso, il gioco.
Ci si annoia, oltre i locali notturni c’è di più; non basta la droga, lo sballo, l’alcol, il sesso. Provare nuovi giochi, emozioni, adrenalina. Ragazzi che forse nell’età in cui tutto si trasforma, cioè la pubertà, invece di giochi avrebbero avuto bisogno di ceffoni, scoprono il mostro che dormicchia in loro.
Penso: ma è solo un’opinione che si tratti di ragazzi disturbati; non del ragazzo modello che uno dei padri ha tanto sbandierato. I bravi ragazzi non fanno questo; i bravi ragazzi fanno a cazzotti, magari bulleggiano per una ragazza, ma poi non cercano una vittima su cui sfogare i propri istinti. Non comprano droga a raffica per supportare la loro follia. E lì mi sono chiesta, ma 1800 euro sono tanti, come avevano tutto questo denaro questi due? Nessuno dei due aveva un vero lavoro, quindi? Forse le famiglie dei due bravi ragazzi hanno esagerato con la paghetta? Non so. Di sicuro questi ragazzi vivevano male, tormentati dai loro desideri; uno dei due voleva operarsi e diventare donna ma si è scontrato con una famiglia all’antica forse scioccata da tale richiesta. Eppure, forse, scegliere quella strada lo avrebbe salvato da sé stesso, chi lo sa.
Le testimonianze degli amici o meglio delle persone che frequentavano lo stesso giro di locali, raccontano vari episodi più o meno violenti che vedono protagonista sempre uno dei due. L’altro invece, forse un gregario, definito dal suo avvocato consumatore abituale di cocaina, che non avrebbe fatto quello che ha fatto se non ne fosse stato schiavo. Il primo invece amava Dalida e voleva suicidarsi ascoltando Luigi Tenco.
Due bravi ragazzi? Ma non tre vittime, la vittima è una sola, un ragazzo torturato a morte. I primi due assassini e basta. Simboli di una società da rottamare nella quale famiglia diventa una parola e basta, troppo assente o troppo presente ma sicuramente inadeguata a questi drammatici sviluppi.
La fiera della vanità declinata al peggio, appaio quindi sono, mi annoio quindi uccido. E noi spettatori possiamo solo interrogarci, ma le risposte saranno poche e laconiche. Un vero fallimento.