PD, tutti contro tutti
Le acque interne del Pd sono agitatissime. Non si placa, anzi, la polemica tra il premier Matteo Renzi e la minoranza dem. Nei giorni scorsi a criticare il “capo” Matteo – termine scelto non a caso, di berlusconiana memoria – è stato l’ex segretario, Pier Luigi Bersani: “Renzi governa con i miei voti”, ha osato dire. In realtà si trattava di una replica alle dichiarazioni di Renzi che per punzecchiare – ammesso che ce ne fosse poi davvero bisogno – la minoranza del partito aveva detto: “Chi mi attacca ha distrutto l’Ulivo”.
Prove di forza e dissenso più o meno celato. Il Pd è in una costante ricerca di equilibrio tra la nuova classe dirigente, giovane e renziana, e la vecchia guardia che ancora resiste, rivendica una sua identità e di lasciare il partito – come hanno fatto per esempio Stefano Fassina e Giuseppe Civati – proprio non ne vuole sapere. Roberto Speranza, capo dei dissidenti dem, ha ribadito il suo no a qualunque ipotesi di scissione dalla kermesse di Sinistra riformista a Perugia: “Noi non restiamo nel Pd, noi siamo il Pd. Non c’è Pd se non c’è più questo pezzo di partito”. Le parole del premier non sono andate giù neanche a Bersani che replica a tono al segretario: “Sì, lo ammetto, mi sono arrabbiato molto, se mi toccano l’Ulivo… Se al corso di formazione politica vai a dire che la sinistra ha distrutto l’Ulivo, che abbiamo aiutato Berlusconi… Ricordo che il centrosinistra ha battuto tre volte Silvio Berlusconi e che, pochi o tanti voti che io abbia preso, Renzi sta comodamente governando con quelli che ho preso io. Non io Bersani, io centrosinistra”.
E’ sempre la solita storia. Chi è contrario al nuovo corso democratico ogni tanto lo dice e dalla Segreteria di partito arrivano le solite parole tese, seppur con un bello stile, a zittire: “Una nuova generazione sta provando a cambiare l’Italia e l’Europa”, si legge in una nota firmata dai due vicesegretari, Guerini e Serrachiani. “Non torneremo indietro nel tempo alle divisioni interne che hanno ucciso i governi passati di centrosinistra”. Gianni Cuperlo, tendenzialmente sempre molto pacato nelle sue esternazioni, questa volta sembra quasi un po’ irritato: “Basta con questa denuncia di quelli che perdono e scappano via col pallone. A dirla tutta, chi alza il dito e lo denuncia adesso è quello che ha vinto, si è tenuto il pallone per sé e ha espulso gli avversari”. Una stoccatina neanche tanto velata all’ormai ex Rottamatore che non rottama più da quando, evidentemente, si è insediato a Palazzo Chigi.
A porre una piccola tregua alle tensioni dem ci ha pensato a metà della scorsa settimana ancora Pier Luigi Bersani: “Dobbiamo restare lì, quel Partito è il mio Partito. Certo se quelli lì prendono il mitra allora ci toccherà andare in montagna. Altro che scissione”. Il messaggio dell’ex segretario all’attuale è piuttosto chiaro: “Io non voglio regalare il Pd a Renzi”. Anche perché bisogna vedere “fino a quando resterà al comando, io non credo che funzionerà a lungo”. Fintanto che la destra non si riorganizza e la finisce di litigare. Come sotto il Campidoglio, per esempio.