L’esecranda fame dell’oro
I romani la chiamavano “Auri sacra fames”, l’esecranda fame dell’oro. È l’ irresistibile avidità di denaro che costituisce il filo di tutti gli “affaire” di corruzione, malversazione, abuso di ufficio o semplice leggerezza, che la cronaca ogni giorno ci ammannisce. Solo nell’ultima settimana, gli affari Guidi, Bertone, Tagliacozzo. Avidità tanto più oscena quando è aggravata da due fattori: colpisce di pubblici ufficiali – persone il cui unico movente deve essere l’interesse pubblico – e spesso riguarda persone che dispongono già di mezzi più che adeguati ad una vita dignitosa.
Con le sue immediate dimissioni da Ministro dello Sviluppo Economico, Federica Guidi ha fatto l’unica cosa ragionevole e possibile per disinnesacre una bomba che avrebbe creato grave imbarazzo a lei stessa e al Governo. Diamogliene atto, osservando tuttavia che ciò non diminuisce la leggerezza, o peggio, di cui si è resa colpevole mostrando favoritismo verso gli interessi del suo compagno. Sia lei che il Presidente del Consiglio hanno banalizzato la cosa, riducendola all’errore di una telefonata: un errore di opportunità, al massimo di etica, una mancanza che non scalfirebbe la correttezza e buona fede del Ministro. E il Governo difende il famoso emendamento alla Legge di Stabilità che ha permesso le trivellazioni in Basilicata, perché si trattava di un provvedimento giusto nell’interesse dell’economia e dell’impiego. Credo che ciò sia vero, e assolve il Governo che lo ha proposto (se lo ha fatto, come ritengo, in buona fede e senza altri fini) e la maggioranza che lo ha votato, ma non basta ad assolvere Federica Guidi. Il codice penale prevede una fattispecie a lei applicabile, anche quando non vi fosse abuso d’ufficio: interesse privato in atti d’ufficio. Spetta ora alla Giustizia decidere se perseguire o meno l’ex-Ministro. Resta l’amara conclusione che, ancora una volta, una persona con una lunga e positiva traiettoria professionale e politica, e che probabilmente ha svolto al governo un buon lavoro, si è autodistrutta per un problema di interessi, propri o di amici. Non è la prima volta che accade nel Governo Renzi. In tutti i casi i “colpevoli” si sono dimessi e questo è un buon segno, di cui va tenuto conto. Ma non diminuisce l’aspetto penoso della vicenda. E ci si stupisce poi se l’opinione pubblica resta scettica e spesso ostile alla classe politica?
Altra cosa è lo sciacallaggio in cui si sono lanciati i soliti leghisti e grillini, pronti a tutto pur di trarre miserabili vantaggi politici immmediati prima ancora che la Giustizia faccia il suo corso. Sciacallaggio contro il Premier (che non mi pare c’entri niente) e contro la Ministra Boschi, che nella telefonata risulta semplicemente nominata come “favorevole all’emendamento”, cosa che in sé non dimostra un bel nulla. Di parere contrario c’è solo Forza Italia. Non è strano, visto che Federica Guidi era nota per la sua vicinanza passata a Berlusconi. Parrebbe un esempio di civiltà politica, ma è tipico che la difesa verta, non sulla sostanza, vera o falsa, dei fatti ma sulle intercettazioni che li hanno rivelati. Come al solito, nella psiche berlusconiana, colpevole non è chi pecca, ma la Giustizia che fa il suo mestiere. Diciamoci però chiaramente, una volta ancora, che se essa non lo facesse, malversazione, corruzione ed altro sarebbero ancora più diffusi e, peggio, ad esse si accompagnerebbe la cosa veramente imperdonabile, e insopportabile per la gente, l’impunità. Accade, in Paesi non poi tanto lontani da noi per origini e abitudini.
Poco si sa sul caso del Sindaco di Tagliacozzo (ridente comune dell’Abruzzo aquilano), Maurizio Di Marco, arrestato per corruzione nei pubblici appalti e non importa che sia del centro-destra (la corruzione purtroppo è ad arcobaleno). Gravissima è la considerazione contenuta nell’ordinanza di arresto: “Il Sindaco piegava gli interessi pubblici a quelli privati”. Se questa asserzione sarà dimostrata, sarà una prova ulteriore del malcostume al quale bisogna in tutti i modi resistere.
Il caso del Cardinale Bertone è differente, ma non meno grave, almeno eticamente. Se fosse dimostrato che i lavori di ristrutturazione del suo appartamento sono stati, in tutto o in parte, pagati da una Fondazione diretta a raccogliere e gestire fondi nell’esclusivo interesse dell’Ospedale del Bambino Gesù, si tratterebbe di un doppio crimine: contro la legge (vaticana) e contro la morale evangelica. Ma immaginiamo che si tratti di una bolla di sapone, prodotto magari di quelle sorde e mortali lotte che affliggono la Curia romana al suo interno (si sa che Bertone non è precisamente un amico di Bergoglio). Resta il fatto, molto poco evangelico, che un Cardinale di Santa Romana Chiesa viva il suo pensionamente in un magnifico appartamento di 300 mq nella parte più bella di Roma e non, come ci si aspetterebbe e come in realtà per lo più avviene, in qualche modesto convento e che, come egli stesso ha sostenuto, sia stato in grado di finanziarne la ristrutturazione per 300.000 euro “coi propri risparmi”. Eminenza Reverendissima, ma non ci si aspetta che i soldi della Chiesa o dei suoi rappresentanti debbano andare ai poveri?