L’Ombra e la Luce

Roma – Lo scorso 23 Marzo è stata inaugurata un’importante mostra dedicata ai lavori dell’artista bretone Jean-Pierre Velly. La mostra dall’emblematico titolo L’Ombra e la Luce, che si chiuderà il 15 maggio 2016, riporta a Roma le opere dell’artista a venticinque anni dalla sua prematura scomparsa.

Jean-Pierre Velly si trasferì a Roma nel 1966 dove rimase fino alla sua morte, causata da un incidente in barca sul lago di Bracciano. Nato in Bretagna nel 1943, l’artista dedicò la sua vita allo studio delle varie tecniche di disegno, incisione e pittura frequentando la Scuola di Belle arti di Tolone e La Scuola Nazionale Superiore di Belle Arti di Parigi. La scelta di rimanere a Roma fu dettata dall’influenza positiva che ebbe su di lui Balthus, suo direttore presso Villa Medici rinomata scuola d’arte di Roma. L’esposizione, curata da Pier Luigi Berto, Ginevra Mariani e Marco Nocca, si tiene presso gli spazi espositivi di Palazzo Poli, storica sede dell’Istituto centrale di grafica sito presso Fontana di Trevi.

La mostra è divisa in settori ognuno dei quali tratta una fase dell’arte in cui si esprimeva Velly, mentre ad aprire il percorso espositivo è l’opera Melencolia, la più celebre incisione di Albrecht Durer. La prima sala si apre con Nigredo dove si tratta la trasformazione della materia, qui attraverso vari autoritratti entriamo in contatto con l’artista stesso alle prese con il suo lavoro. Queste opere mettono in risalto la luce che esce dall’oscurità, sono create attraverso l’incisione a bulino che danno prova della volontà dell’artista di far risaltare la materia.

Spostandoci verso la seconda sala troviamo Albedo, la sezione dedicata agli acquerelli e disegni a punta d’argento, questa tecnica rispecchia anche gli studi tecnici svolti da Velly su i maestri rinascimentali. Giungendo alla terza sezione ci troviamo nella sala dedicata a Rubedo, questa raccoglie una selezione di opere pittoriche dell’artista, tele acquerellate dove Velly esprime la sua meta finale, ossia rendere le sue opere d’arte una parte eterna, un racconto dell’umanità che egli conosceva e voleva trasmettere attraverso i temi floreali. Lavori che attraverso la presenza dei colori rappresentavano la bellezza della vita oltre ogni problema e difficoltà.

Nonostante siano passati tanti anni dalla prima mostra, qui non sono presenti tutte le opere prodotte da Velly, ma una parte significativa che secondo i curatori meglio rappresenta la poesia, a volte inquietante, che l’artista trasmetteva tramite esse.

L’esposizione, che è stata allestita da Stefania Teodonio, Vincenzo Raponi e Key Comunicazione, prevede anche una sezione didattica curata dal Laboratorio diagnostico per matrici dell’Istituto centrale per la grafica, che chiarisce meglio questa arte tenutasi sempre discretamente lontana dal grande pubblico.

La mostra è corredata da catalogo, edito da L’Erma di Bretchneider, a cura di Pier Luigi Berto, Ginevra Mariani, Marco Nocca, con i contributi di Tiziana D’Acchille, direttrice dell’Accademia di Belle Arti di Roma e Maria Antonella Fusco, dirigente dell’Istituto centrale per la grafica. Al catalogo ha collaborato anche Vittorio Sgarbi, mentre i testi sono di Marco Di Capua, Pierre Higonnet, Gabriele Simongini, Catherine Velly, Vinicio Prizia e le schede di Giovanna Scaloni. Ogni opera è accompagnata da didascalie ragionate di Luigi Zuccarello, mentre Lucia Ghedin ha collaborato al restauro delle matrici di Velly in catalogo.

©Futuro Europa®

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