Austria, barriere anti-migranti al Brennero

Il Passo del Brennero, porta aperta tra Italia e Austria, torna a essere simbolo di divisione. I nostri vicini hanno deciso di innalzare delle barriere, per proteggersi dagli ingressi incontrollati dei migranti. Dal nostro versante, giungono corali le critiche, in particolare dai rappresentanti delle istituzioni locali direttamente coinvolte, governatore altoatesino e segretario del Sudtiroler Volkspartei in testa. A livello centrale, anche Roma lamenta l’inaccettabilità della misura preventiva di Vienna e ventila l’ipotesi di una violazione delle regole sulla libera circolazione all’interno dei confini europei, fissate con l’accordo di Schengen. E’ immediato l’innesco del botta e risposta di rito fra i due Paesi. Il ministro dell’Interno austriaco Johanna Mikl-Leitner minimizza e, alle agenzie di stampa, rilascia dichiarazioni in cui reputa eccessiva la reazione italiana a una decisione già annunciata da settimane e recentemente illustrata in modo chiaro anche nella nostra capitale.

Sulla stessa lunghezza d’onda, il presidente Heinz Fischer smussa gli angoli, assicurando che non vi saranno muri né filo spinato, ma solo attività di oculata gestione dei flussi al confine. Molto presumibilmente, c’è da aspettarsi una sorta di posto di blocco e controllo, peraltro non giustificato dalla modesta entità dei passaggi di profughi nell’area, e una barriera mobile di 250 metri circa, in grado di ostacolare con tempestività eventuali futuri transiti migratori di massa. Questioni di legittimità a parte, da alcuni Paesi nordeuropei, oggi di fronte alla gravità di un problema sottovalutato e considerato distante, emerge un abito mentale poco incline alla ricerca di soluzioni condivise a livello di Unione e più propenso alla chiusura a riccio.

L’atteggiamento dell’Austria rivela indirettamente anche un altro aspetto: tanto si sente protetta dagli sbarramenti di confine eretti dal presidente ungherese Orban sulla rotta turco-balcanica, quanto potenzialmente esposta al rischio di flussi incontrollati provenienti dalla nostra penisola, il che lascia trapelare un giudizio poco lusinghiero nei confronti della capacità e volontà italiana di assolvere i propri compiti d’identificazione, controllo e gestione del fenomeno. Vienna è preoccupata dalla prospettiva secondo la quale, nel 2017, la vicina Italia sarà invasa da circa trecentomila migranti in fuga dalla Libia, nella malaugurata ipotesi in cui il locale governo d’unità nazionale, presieduto da Sarraj, fallisca nel processo di stabilizzazione interna. Inoltre, gli austriaci dovranno recarsi alle urne molto presto, nel Paese sta crescendo un forte sentimento xenofobo e la classe politica dirigente sembra – al riguardo – voler fornire delle risposte che non le alienino il sostegno elettorale.

In questo quadro, le implicazioni di carattere economico, conseguenti all’irrigidimento della circolazione al confine, sarebbero pesanti e colpirebbero duramente gli scambi commerciali transfrontalieri e il settore turistico. Il ministro degli Esteri Gentiloni e il ministro dell’Interno Alfano hanno inviato una lettera congiunta al commissario dell’Unione Europea Avramopoulos, chiedendo la verifica della compatibilità dell’iniziativa austriaca con la normativa europea e puntualizzando come “la decisione del ripristino dei controlli interni con l’Italia non sia suffragata da elementi fattuali”. In pratica, negli ultimi mesi sarebbero stati più ingenti i transiti dei migranti dall’Austria al Belpaese che non viceversa. Nel frattempo, però, al valico del Brennero di parte austriaca, una decina di operai ha già cominciato a smantellare tratti di guard-rail.

©Futuro Europa®

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