Cronache dai Palazzi
L’Aula di Montecitorio ha detto sì alla riforma costituzionale e in prospettiva si intravede già il referendum confermativo di ottobre che sembra rubare la scena al referendum sulle trivellazioni, rinominato dal presidente Renzi “una bufala”. Per Roberto Speranza “è inaccettabile che il premier faccia il capo del partito dell’astensionismo”, ma Renzi sottolinea che “la posizione di chi si astiene è costituzionalmente legittima”. In sostanza il referendum di domani Domenica 17 aprile ha un sapore tutto politico: si tratta di schierarsi pro (NO) o contro Renzi (SI), più che decidere della politica energetica, del gas, del petrolio, e quindi delle trivelle.
Per gli oppositori del governo – dalla minoranza dem ai falchi del centrodestra – l’obiettivo principale sembrerebbe quello di dimostrare che nel Paese esiste un reale fronte anti-Renzi, tantoché Renato Brunetta afferma chiaramente: “Dobbiamo mandare a casa Renzi con questo referendum”. La vera posta in gioco quindi è tutta politica. Renzi dalla sua Enews ribatte che “non c’è una sola trivella in discussione c’è solo la scelta se continuare a estrarre fino all’esaurimento dei giacimenti, senza sprecare ciò che stiamo utilizzando, oppure fermarsi a metà della scadenza della concessione”. In sostanza per il premier è “più saggio finire di estrarre ciò che già c’è, senza licenziare i lavoratori del settore e senza sprecare l’energia che abbiamo”.
In tutto ciò Renzi dichiara comunque di puntare tutto sul referendum d’autunno. “A me interessa solo il referendum costituzionale”, afferma. Sarà quella la vera partita da giocare con gli avversari e Renzi preannuncia una campagna referendaria ben più aspra, che “avrà accenti molto duri, vista la posta in gioco”. Il presidente del Consiglio prevede inoltre una battaglia sui contenuti in quanto assicura che sfoggerà “tutti gli argomenti più chiari e più efficaci per valorizzare quanto di buono ci sia nel testo della riforma”.
Sull’altro versante il fronte anti-riforma, Renato Brunetta assicura che c’è un accordo tra tutti i gruppi d’opposizione per raccogliere insieme le firme. In pratica lacerati sul voto in Aula ma compatti per la richiesta del referendum. Così già compaiono i primi nomi illustri che si schierano, chi per il fronte del sì chi per il fronte del no. Il presidente emerito della Consulta, Gustavo Zagrebelsky, sbandiera ad esempio il suo ‘no, mentre Piero Fassino, sindaco uscente a Torino, è uno dei fautori della riforma costituzionale. Renzi fa sapere, invece, che sul sì al referendum “il governo si gioca tutto”.
In definitiva la riforma Renzi-Boschi – 41 articoli che compongono la riforma del bicameralismo e del Titolo V della Carta – dopo 174 sedute e sei letture approda sulla Gazzetta ufficiale e dopo 70 anni archivia il vecchio Senato, che si riduce a 100 membri (74 consiglieri regionali, 21 sindaci e 5 nominati dal Capo dello Stato) e vede annullate le indennità; manda in soffitta il bicameralismo paritario per cui solo la Camera darà la fiducia al governo e sarà in fondo l’unica protagonista del sistema legislativo.
“La lotta politica non può arrivare a prendere in ostaggio il Paese”, sottolinea comunque il premier, con la consapevolezza che “il rischio c’è”. In pratica “la riforma costituzionale deve essere votata sul Senato, sulle Regioni e non su di me”, puntualizza Renzi, il quale assicura di trarre le dovute “conseguenze” in caso di sconfitta referendaria e magari “andare a casa”. Ma ciò lo si deciderà in pratica non prima dell’autunno. Per ora le trivelle lasceranno il governo al proprio posto, ben insediato a Palazzo Chigi.
Nel frattempo l’esecutivo incassa gli ultimi colpi della magistratura con le indagini di Potenza, che hanno portato alle dimissioni della ministra Federica Guidi e che hanno messo in evidenza un giro di raccomandazioni, nomine e nuovi appalti a carico di un “comitato d’affari”, definito “il quartierino” dall’ex ministro dello Sviluppo Economico. Un “clan” nel quale i magistrati hanno inserito anche il sottosegretario alla salute Vito De Filippo accusato di aver “pilotato” alcune assunzioni anche all’Eni e alla Fao. Su un altro piano il dossier confezionato contro il ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio.
Dal Salone del mobile di Milano Renzi ribadisce inoltre l’impossibilità di cambiare la legge elettorale, e si rivolge in particolare alla minoranza del suo partito che preme per un mini stravolgimento dell’Italicum. Il premier confessa infine di aver ricevuto una proposta di emendamento attraverso un sms dal presidente del Salone Snaidero “perché le leggi si fanno anche così”. Roberto Snaidero avrebbe chiesto “più volte che potesse essere aumentato il plafond del bonus per le giovani coppie che acquistano arredamento, un incentivo per rimettere in moto i consumi interni”. Anche perché “grazie ai suggerimenti, alle iniziative, alla pressione del tutto legittima e democratica delle associazioni di categoria, il Parlamento nella sua autonomia e libertà ha portato il bonus a 16 mila euro per valorizzare la qualità italiana”.
Dal Teatro Regio di Torino il presidente della Repubblica Sergio Matteralla riporta invece l’attenzione sulla questione migratoria, e quindi quanto sta avvenendo al Brennero, ribadendo che “non basteranno muri e barriere a proteggerci, se l’Europa non farà passi avanti come progetto comune”. Dopo settant’anni di lotte “per abbattere i muri che ci dividevano” non è logico ricostruirli “creando diffidenze e tensioni laddove, al contrario, servono coesione e fiducia”. Le barriere non solo dividono ma rappresentano “una zavorra” che appesantisce il cammino dell’Unione europea e “tornare indietro da Schengen sarebbe un atto di autolesionismo, per tutti”.