Governo, i prossimi sei mesi di passione

Il Governo si prepara a sei mesi caldi. Non tanto perché ci avviciniamo all’estate, piuttosto per le sfide tutte politiche che Renzi e il suo esecutivo dovranno affrontare. Due su tutte: tornata di amministrative e il pareggio di bilancio. Ma anche il referendum sulle riforme costituzionali, in principio considerato una formalità, oggi un po’ meno anche perché Matteo Renzi lo ha sempre detto: “O le riforme costituzionali, oppure tutti a casa”. A proposito di referendum, l’esito di quello sulle trivelle può essere letto in diversi modi.

Gli affezionati renziani non hanno dubbi: “Quorum non raggiunto, una vittoria del governo”. E’ ormai passata una settimana dal voto popolare sul petrolio in mare, il quorum non è stato neanche sfiorato ma non è che proprio nessuno sia andato a votare. E visto che i numeri parlano sempre più chiaramente di mille parole, diamone giusto uno: 12 milioni. Nonostante il sole e la domenica di metà aprile, dodici milioni di italiani sono andati a votare e la stragrande maggioranza di chi ha deciso di recarsi al seggio ha votato sì, quindi contro le direttive governative che inneggiavano all’astensionismo. Se poi aggiungiamo anche qualche altro numero, quello degli ultimi sondaggi, la fiducia nei confronti del premier e del suo operato diminuisce. Un poco. E per evitare di dare completamente i numeri, spostiamoci sulla questione economica.

Sui conti dell’Italia pesa il giudizio della Commissione europea. Il Def presentato pochi giorni fa dal governo ha fatto slittare il tanto agognato pareggio di bilancio e i conti del 2017 non rispettano in pieno le proiezioni fin troppo ottimistiche del ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan. Un parere negativo di Bruxelles sui nostri conti equivale ad un brutto stop per le iniziative renziane molto efficaci durante il periodo elettorale, come un taglio delle tasse, in ritocchino alle pensioni, ovviamente sotto forma di bonus perché l’appeal così aumenta la popolarità. Il governo si gioca molto anche sulla faccenda immigrazione. Austria e Francia hanno deciso di adottare misure drastiche, in barba a Schengen, chiudendo o quasi del tutto i confini. L’Italia resta sempre più pericolosamente isolata. E l’Unione europea? Al momento pare sia più impegnata a dare il voto ai nostri conti pubblici piuttosto che aiutare Renzi nella gestione dell’emergenza migranti.

Ultimo appunto, le amministrative. A giugno si vota praticamente in tutte le città più importanti. A Milano Beppe Sala rischia grosso contro Stefano Parisi, sostenuto da tutto il centrodestra. Se il successore di Giuliano Pisapia non dovesse essere, se non proprio arancione, almeno dem, lo smacco al governo sarebbe grande. A Roma la situazione è diversa perché Salvini e Berlusconi non si sono messi d’accordo e il risultato sono due candidati al Campidoglio con una sola certezza, ossia quella di perdere. Potrebbe spuntarla addirittura la grillina Virginia Raggi con un eventuale smottamento del tessuto politico come immediata conseguenza. A Napoli il centrodestra ha reali possibilità di vincere, anche qui complici le beghe interne al Pd dalle primarie di Antonio Bassolino in avanti.

Insomma il Governo nei prossimi sei mesi si gioca molto, se non tutto. La prova del nove sarà il referendum confermativo sulle riforme. Non c’è bisogno di quorum in questo caso. Il rischio che vadano a votare anche tutti coloro che hanno salvato le trivelle, è alto. Resta allora da capire se hanno intenzione di salvare anche Renzi e il suo governo. Riforme comprese.

©Futuro Europa®

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