Immigrazione tra guerre e povertà, il piano italiano

Il fenomeno epocale dell’immigrazione verso l’Europa ha le sue radici nella povertà ma – nelle sue dimensioni attuali – soprattutto nelle guerre che insanguinano Medio Oriente e Maghreb. Sull’ansia di centinaia di migliaia di persone a fuggire per salvarsi la vita s’innesta la spietata avidità dei trafficanti di vite umane, che provoca innumeri tragedie in mare. Fa bene il Papa a richiamare l’attenzione su queste tragedie, ma dovrebbe anche denunciare quell’ignobile traffico ed esigere che vi sia posto fine. Invocando porte aperte a tutti, dice cose estremamemnte nobili ma contribuisce ad alimentare le illusioni di migliaia di poveracci che sperano di trovare in Europa un’accoglienza sempre più difficile e precaria, e si espongono alle orribili sciagure cui assistiamo ogni giorno. E altrettanto fa quella parte della sinistra estrema che predica un’impossibile politica di accoglienza generalizzata, cieca ai sentimenti crescenti di un’opinione pubblica che, da noi e in tante parti d’Europa, reagisce a quello che percepisce come un grave pericolo per la nostra identità e il nostro livello di vita, gettandosi nelle mani dell’estrema destra razzista. Il recentissimo esempio dell’Austria lo dimostra con chiarezza. Ma è la ricorrente tragedia del massimalismo di sinistra: alla fine, provoca l’avvento di regimi retrogradi, perché è sempre dal disordine che nasce l’ordine delle caserme.

Al di là di queste considerazioni, c’è da chiedersi se e come il fenomeno sia gestibile. La prima risposta è quella ovvia: a livello europeo e con una effettiva solidarietà tra tutti i membri dell’Unione. Il guaio è che questa solidarietà, alla prova dei fatti, non esiste. Nessuno, o ben pochi, accetta di farsi carico di una parte proporzionale del problema, che finisce quindi per ricadere sulle spalle dei Paesi, come il nostro e la Grecia, “di frontiera”. Di fronte a un fenomeno così ampio e minaccioso, rispuntano i vecchi, tenaci egoismi nazionali. In mancanza di un senso di appartenenza comune, come meravigliarsi se piccoli paesi come l’Austria o la Slovenia, ossessionati dal timore di una vera e propria invasione di immigrati, reagiscono chiudendosi entro le loro frontiere? Io non mi sento di dare loro torto. E poi intendiamoci: accusare l’Austria di “chiudere le sue  frontiere“ e parlare di “danno per l’economia italiana”, è esagerato e ingiusto. Vienna avrà pur violato le regole europee, ma non penso che intenda chiudere del tutto il Brennero. Credo che gli austriaci, a torto o a ragione, intendano fermare il flusso di immigranti del Terzo Mondo, ma non abbiano nessuna voglia o interesse di bloccare il passaggio di italiani e altri europei, turisti od uomini di affari, né delle merci che giornalmente attraversano quel confine nelle due direzioni.

Quindi, basta facili allarmismi! E basta stracciarsi le vesti sulla “fine dell’Europa”. L’Europa è una costruzione ben più ampia e, speriamo, solida, delle contingenze attuali che chiamano in causa Schengen. La libera circolazione è una delle sue conquiste, ma se un’emergenza come quella dell’immigrazione la rende per un tempo problematica, così sia. Non crollerà per questo l’Unione. Le ragioni dell’Europa sono ben altre e restano pienamente valide. Se cedessimo al pessimismo, se ci bruciassimo le navi dietro di noi, faremmo solo il gioco di chi vuole in realtà un’Europa divisa e debole, facile preda dell’avidità dei giganti del mondo. Chi non lo capisce, è stupido o in mala fede. Basta ascoltare il monito rivolto agli europei da Obama (un Presidente americano davvero saggio e aperto) per capirlo!

Se il fenomeno dell’immigrazione non è risolubile su scala europea, occorre pensare ad altre soluzioni: soluzioni nazionali (cominci l’Italia a porre limiti e rispettarli, costi quello che costi), ma anche collettive. Abbiamo detto che l’immigrazione nasce da povertà e guerre. Sembra impossibile che l’Europa e l’Occidente non riescano almeno a estinguere queste ultime. I focolai sono in definitiva solo due: Siria-Irak e Libia e il nemico è uno, l’ISIS. In Medio Oriente pare che qualche risultato l’azione della coalizione occidentale, della Russia e dell’Iran lo stia avendo, e l’annuncio di Obama dell’invio di nuove unità delle Forze Speciali USA va nella buona direzione. Ma il fronte libico è ancora del tutto aperto e non vi sono segni concreti di miglioramnento. La strada da percorrere è ovvia: forte sostegno al governo di unità nazionale, anche sul piano militare e su questo terreno l’Italia non potrà a lungo sottrarsi. Ha ragione Renzi a dire: “niente avventure”. Ma quando sono in gioco interessi di sicurezza vitali, un grande Paese deve saper mettersi in gioco. E, l’ho scritto più volte e lo ripeto, la NATO non può stornare gli occhi dalla Libia, se vuole giustificare la sua utilità agli occhi degli Alleati del Fianco Sud, non dei soli Paesi dell’Est e dei Baltici. Penso che, se davvero si spegnessero i due focolai, il flusso dell’immigrazione diminuirebbe drasticamente, riducendosi a volumi del tutto gestibili.

Resterebbe, s’intende, il problema della povertà, che colpisce anche paesi in cui non è in atto nessuna guerra civile. La sola risposta sta in un programma serio e sostenuto dell’Europa per aiutare quei paesi ad affrontare i loro problemi, creando sviluppo e consentendo di accogliere e assistere sul posto i potenziali emigranti. L’Italia ha proposto per questo un piano ampio e molto ben articolato, che la Commissione Europea ha accolto con grande favore. I battibecchi con la Germania riguardano, non il merito del programma, ma il modo di finanziarlo (Roma ha commesso forse un errore proponendo “eurobonds” che, si sa, sono inaccettabili per Berlino). Ma stiamo parlando di qualche decina di miliardi di euro, scalati in vari anni e l’UE non dovrebbe avere eccessivi problemi a finanziarli.

Quello che dobbiamo augurarci è che una proposta così lungimirante non si disperda nella confusione delle beghe politiche quotidiane, tanto in Italia che in Europa. Non vale certo la pena di chiedere agli ineffabili Salvini e Grillo di appoggiare una proposta del Governo. Ma Forza Italia dovrebbe cogliere almeno questa occasione per dimostrarsi forza responsabile.

Perché è importante un appoggio al programma del Governo da parte di un ampio arco di forze politiche? Soprattutto per i suoi riflessi nel Parlamento Europeo, in cui i socialisti (col determinante apporto del PD) hanno la maggioranza, ma il peso dei Popolari è notevole. Insieme, i partiti italiani presenti a Strasburgo possono essere decisivi per una decisione conforme agli interessi dell’Italia e di tutta l’Europa.

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