Correggio e Parmigianino alle Scuderie del Quirinale
Roma – La prima esplorazione del Rinascimento fuori dai centri Firenze, Venezia, Roma, le Scuderie del Quirinale la dedicano a Parma. Così nasce – fino al 26 giugno – Correggio e Parmigianino. Arte a Parma nel Cinquecento, con un corpus formato da un centinaio di opere, tra dipinti e disegni, datate tra la fine degli anni ’10 e la metà del Cinquecento. Un occasione importante per conoscere la stagione emiliana del Rinascimento, e in particolare la Scuola di Parma.
Il curatore è il professor David Ekserdjian, che ha dedicato gli ultimi trentacinque anni allo studio della Scuola di Parma producendo le monografie su Correggio (1997) e Parmigianino (2006). Contatto appena un anno e mezzo fa, ha dimostrato grande capacità organizzative, specialmente grazie alle sue pregresse esperienze in mostre alla Royal Academy di Londra e in progetti lampo.
Per un ambiente poco illuminato forse troppo attento alle necessità dei prestiti, e per la consueta infilata a pannelli colorati – una tinta per sezione – delle Scuderie del Quirinale, le opere vengono inserite in un percorso che segue la cronologia della vita dei due artisti. Di poco più vecchio è Correggio (nato all’incirca nel 1489), al quale Parmigianino (nato nel 1503) deve sicuramente molto artisticamente, e soprattutto come molla per le sue peregrinazioni.
Sin dalla prima sala s’intuisce la diversità dei due maestri che resero grande Parma, grazie alla presentazione di due oli su tavola dalle dimensioni simili e raffiguranti lo stesso soggetto, ossia il Matrimonio Mistico di Santa Caterina, oltre al fatto che quello di Parmigianino (1528-1529) è incompiuto. Si inaugura in questo modo l’opportunità di poter confrontare opere provenienti da tutto il mondo e inedite al pubblico perché parte di collezioni private – anche dello stesso artista -, con inaspettati risultati. Ekserdjian porta in esempio le tinte del Correggio, che tornano da un dipinto all’altro, come il viola del panneggio della Madonna Campari e sempre della Vergine all’interno del San Giuseppe del Riposo.
Entrambi si sono dedicati a soggetti religiosi come mitologici. Correggio ha dimostrato grande maestria nel rappresentare la componente umana, fino ad arrivare a una drammaticità prebarocca nella raffigurazione della Maddalena del Noli Me Tangere e nell’estasi del martirio con Santa Flavia (Martirio di Quattro Santi) che suggerisce la scultorea Santa Teresa di Bernini; a differenza di Parmigianino, che da bravo manierista concentra la propria attenzione sullo stile, l’eleganza e la bellezza della composizione, raggiungendo la creazione del collegamento umano solo nei ritratti, in cui non ha eguali, ricordando Raffaello in veste di pittore e gentiluomo.
Tra i ritratti di quest’ultimo, troviamo in mostra un’ottima selezione, che va dal Ritratto di Lorenzo Cybo e quello dell’Antea, alla Lucrezia e alla Schiava Turca, e in chiusura il Ritratto di Uomo con Libro. Quest’ultimo ha interrotto la lettura ed è ora immerso nei propri pensieri, mentre l’Antea, olio su tela del 1535 circa, dipinto con minuzia di dettagli su fondale verde appare senza tempo. Per la fortuna di Parmigianino, Correggio si dedicò molto poco a questo genere pittorico.
Al secondo piano trovano inoltre spazio quattro pittori che consolidarono il lascito di Correggio e Parmigianino fin dopo la metà del secolo nella città emiliana: Michelangelo Anselmi, Francesco Maria Rondani, Girolamo Mazzola Bedoli e Giorgio Gandini del Grano.
Un interessante focus sul disegno ci mostra come per Correggio questo sia utilizzato sostanzialmente come strumento funzionale, mentre in Parmigianino la produzione sia più abbondante e varia, assumendo una propria autonomia in estrosi schizzi non rifiniti e diventando fonte di crescita, andando al di là del processo d’invenzione dell’opera d’arte e del mero studio preparatorio.
Facendo di Parma la nuova Roma per i pittori, entrambi i protagonisti di questa esposizione panoramica hanno ricercato di liberarsi dai dettami del passato e di esprimere la propria personalità: Correggio in un percorso verso la libera composizione delle masse, tra moto e luce, come testimoniano le sue cupole in un’unica composizione figurativa, superando i vincoli architettonici di Mantegna; Parmigianino, con il riconoscimento dei favori papali, prima a Roma e poi nella città pontificia di Bologna, iniziatore della pratica dell’acquaforte e a tarda carriera libero sperimentatore nella Madonna dal Collo Lungo. Gli affreschi e la tavola della Madonna dal Collo Lungo non possono figurare per ragioni nel primo caso ovvie e nel secondo conservative, mentre le acqueforti sembrano non confacersi ai fini della mostra; il curatore inglese questo lo sa bene.