Cliccare per sopravvivere
E’ uscito finalmente allo scoperto, Enrico Letta, sull’Agenda Digitale italiana. E lo ha fatto proprio lì dove era prevedibile: all’Italian Digital Agenda Forum, l’appuntamento di Confindustria Digitale che da due anni riunisce amministratori, aziende, associazioni e politica per discutere l’assillato tema dello sviluppo tecnologico in Italia.
Il Governo in prima fila per il digitale: dalla Lorenzin della Salute a Catricalà per lo Sviluppo Economico, da Giampiero d’Alia della Pubblica Amministrazione e Luigi Casero dell’Economia fino a Bassanini della CdP e al Commissario all’Agenda Digitale, Francesco Caio.
Imprenditori, addetti ai lavori e Governo riuniti per ascoltare il messaggio che Letta porterà tra pochi giorni a Bruxelles, al Consiglio europeo sull’economia digitale: “È evidente che l’Italia è un paese in ritardo sul tema dell’agenda digitale. Dobbiamo partire da questa consapevolezza e sapere che c’è la possibilità di recuperare”. Un premier senza mezzi termini, che scandisce a voce alta il suo ok al Mercato unico dell’ICT proprio al Commissario Ue per l’Agenda Digitale, Neelie Kroes, seduta pochi posti più in là.
Qualche richiamo allo studio dell’Osservatorio sull’Agenda Digitale italiana del Politecnico di Milano: 1,1 miliardi di euro l’anno per le casse dello Stato se l’Italia adottasse a fatturazione elettronica verso la PA. 6,5 miliardi di euro l’anno dall’introduzione di soluzioni informatiche nei processi in Sanità. O ancora: 1 miliardo di euro in tre anni dal corretto ricorso a infrastrutture Cloud, oltre che 5 miliardi di euro all’anno dallo sviluppo di negoziazioni online attraverso strumenti di eProcurement, passando dall’attuale 5% di transato online sulla spesa pubblica per beni e servizi al 30%.
Spazio anche per qualche dato sull’auspicata riduzione dei pagamenti con il denaro contante, processo in grado di far recuperare 5 miliardi di euro in Italia dall’evasione fiscale sul sommerso, se solo si incrementasse la quota di pagamenti elettronici dall’attuale 20% al 30% del totale, a cui si aggiungono i vantaggi della conservazione elettronica degli archivi fiscali, in grado di rendere più rapidi i controlli, per altri 10 miliardi di recupero fiscale.
A due anni di distanza dal lancio dell’Agenda Digitale della Commissione Europea – ea circa un anno dal consolidamento della Governance nostrana sull’Agenda Italiana – i risultati sono scarsi. Siamo in ritardo su tutti i risultati da traguardare al 2015 tra i quali: il 50% della popolazione che acquista in rete (dove l’Italia è al 17% contro la media europea che è al 45%). Il 50% di popolazione che usa strumenti di e-Government (dove l’Italia è al 19% e la media europea, invece, al 44). Il 33% delle PMI che vendono online (l’Italia è ferma al 4%, la media europea è al 14). Il 75% di persone che usa regolarmente internet (l’Italia è al 53%, la media europea al 70%). Il 100% di copertura del territorio con banda larga superiore ai 30 Mbps entro il 2020 (l’Italia è al 14%, la media europea al 54).
Azioni e comportamenti in grado di aumentare il PIL dell’Italia di 2 punti percentuali, grazie alla possibilità di supportare la crescita delle imprese, aumentare la diffusione di internet, riducendo il deficit/pil (attraverso la riduzione dei costi della PA e sostenendo la lotta all’evasione).
Sfide e progetti a cui la risposta dell’Italia non è ad oggi per nulla sufficiente. Allora, o si clicca o si muore.
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