Crollo dei prezzi, campagne in ginocchio
Crollano i prezzi nelle campagne italiane, dal -28 % per il grano duro al – 29% delle fragole, dal -44% delle arance al -51% dei pomodori in serra, rispetto al 2015, ma la situazione è precipitata anche nelle stalle italiane con i compensi agli allevatori che non coprono nemmeno i costi per l’alimentazione del bestiame. È quanto emerge dai dati Istat sull’inflazione a marzo, sulla base delle rilevazioni Ismea nell’ultima settimana di marzo.
Se i prezzi, per i consumatori, sono in leggera flessione (-0,3%), nelle campagne la situazione è insostenibile con il crollo delle quotazioni. Per quanto riguarda i prezzi dei prodotti vegetali, i dati di marzo mostrano una situazione deflativa (-16,5% su base annua), nonostante la lieve ripresa congiunturale (+1,3% rispetto a febbraio). In particolare, il calo tendenziale riflette soprattutto la flessione dei prezzi della frutta e degli olii e grassi vegetali (rispettivamente pari a -30,1% e -30,7% su base annua), ma anche il calo più contenuto delle quotazioni dei cereali e dei semi oleosi (-13,0% e -13,6%). In flessione anche le quotazioni dei vini (-2,4% su base annua), trascinate in basso dai vini comuni e dai vini Igt.
L’unico dato positivo, su base annua, per il comparto vegetale è dato dalle colture industriali (+8,8%). Anche per il comparto zootecnico la dinamica resta deflativa (-4,2%) nonostante una situazione congiunturale nel complesso favorevole (+0,5%). Il dato tendenziale riflette le variazioni annue negativa per tutti i settori ma in particolare per i prezzi delle uova che segnano un -22,0% rispetto a febbraio 2015. Per quanto riguarda la congiuntura, il dato positivo dei prodotti zootecnici è dovuto esclusivamente all’aumento dell’1,6% dei prezzi degli animali vivi. Per il comparto zootecnico la congiuntura si rivela nuovamente sfavorevole (-1,8% rispetto a gennaio) e la tendenza resta deflativa (-3,1%), con cali diffusi tra il bestiame vivo (-2,5% in media su base annua), uova (-22,3% sempre rispetto a febbraio 2015) e lattiero-caseari (-1,5%).
Le cause di questa deflazione sono molteplici, dall’andamento anomalo del clima con l’anticipo dei calendari di maturazione dei prodotti, con più raccolti nello stesso periodo, varietà tardive diventate precoci e quindi con eccesso di offerta prima e crollo della disponibilità dopo, ma anche pressioni sulla filiera provocate dal flusso delle importazioni, determinate da accordi agevolati.
E’ il caso delle condizioni favorevoli che sono state concesse al Marocco per l’export di pomodoro da mensa, arance, clementine, fragole, cetrioli, zucchine, aglio, olio di oliva e all’Egitto per fragole, uva da tavola, finocchi e carciofi. Senza tener conto che nel Paese africano è permesso l’uso di pesticidi pericolosi per la salute che sono vietati in Europa, ma anche perché le coltivazioni sono realizzate in condizioni di dumping sociale per il basso costo della manodopera. Ma a pesare, per gli agricoltori italiani, sono anche gli effetti dell’embargo russo che hanno annullato completamente le esportazioni di ortofrutta, formaggi, carni e salumi Made in Italy ed hanno provocato congiunture sfavorevoli nei mercati agricoli europei che hanno messo in crisi decine di migliaia di aziende agricole.