Unioni civili

Sulla legge ora approvata dalla Camera ho scritto più volte quello che pensavo: la considero un male necessario.  Che ci piaccia o no, le unioni tra persone dello stesso sesso sono una realtà che andava regolata dalla legge, come ogni fenomeno sociale diffuso, come è da tempo avvenuto in tutti i paesi dell’Occidente, comprese Spagna e Irlanda. L’Italia era rimasta indietro, come lo era stata a suo tempo per il divorzio. Ora il ritardo è stato colmato e l’Italia si è allineata con i Paesi  civili. L’omosessualità, ricordiamolo, è criminalizzata in quelli in cui vige il l’oscurantismo  islamico.

Detto questo, alcune considerazioni più politiche, che riguardano Governo e Opposizione. Quanto al Governo, confesso di non capire perché Renzi abbia deciso di porre la questione di fiducia su una legge che era più che certa di ottenere una larga maggioranza, forse poteva essere comprensibile al Senato, dove la maggioranza è esigua e fragile, ma non alla Camera. Ponendo la fiducia, il Governo ha inutilmente  fornito un argomento all’Opposizione. E non capisco perché Renzi torni ora sul problema della “step-child adoption”.  L’ha fatto con prudenza, riconoscendo che per il momento “non ci sono i numeri” in Parlamento e riferendosi a un vago futuro. Ma perché non lasciar stare un tema su cui l’opinione pubblica è difesa e ha minacciato di spaccare la maggioranza? A me piacerebbe che Renzi la smettesse di correre (e farci correre) rischi inutili.

L’Opposizione, per parte sua,  ha offerto uno spettacolo abbastanza penoso. Tra gli avversari della Legge ci sono, senza dubbio, movimenti e persone che agiscono secondo coscienza e in coerenza con i loro principi.  Ma che a schierarsi in difesa della famiglia ci sia il signore dei due divorzi, del bunga-bunga e della nipotina di Mubarak, mi pare francamente indecente. Con le differenze del caso, non mi convince neppure Salvini. Non mi pare che i leader della Lega abbiano dato in passato grandi esempi di attaccamento ai valori morali. E non mi pare che Salvini stesso sia da considerarsi un esempio di convinzione cattolica (che col razzismo fa a pugni).  Per una volta, è stata coerente Sinistra Italiana: no al voto di fiducia, sì alla Legge.

Quanto ai grillini, se la sono cavata pilatescamente: no alla fiducia, astensione sulla Legge. Perché, se la Legge a sentire loro era giusta e dovuta? Volevano anche loro di più? Allora lo dicano e ne paghino il costo presso l’opinione moderata che cercano di captare. Manovre, dunque,  che poco hanno a che fare con la coscienza e il bene comune.

Durante e dopo il voto, non sono mancate le futilità abituali. L’immenso  Brunetta  ha sostenuto che, avendo i verdiniani votato la fiducia al Governo, Renzi dovrebbe salire al Quirinale o quantomeno chiedere  una nuova fiducia al Parlamento, perché la sua maggioranza “è cambiata”. Ma in quale Costituzione ha letto una sciocchezza del genere? La maggioranza di Renzi (salvo l’uscita di alcuni Popolari) è dal primo giorno la stessa. Se ad essa si uniscono parlamentari di altro segno, al di fuori di qualsiasi cambio programmatico e senza partecipazione all’Esecutivo, non vuol dire che la maggioranza è cambiata (come cambiò, allora sì, quando dalla maggioranza che sosteneva Berlusconi uscirono i finiani, sostituiti dai “responsabili”, alcuni  dei quali comprati con soldi sonanti). Vuol dire solo che si è ampliata, con un nuovo apporto che, del resto, può venire tranquillamente meno senza che la maggioranza sia da considerare di nuovo cambiata. E per queste futilità, il Parlamento dovrebbe perdere tempo e fiato per un nuovo voto di fiducia dall’esito scontato (il tredicesimo, se i miei conti sono esatti)?

Un’ultima considerazione. Ma è possibile che in Italia chi perde non accetti mai la sconfitta e si metta subito a progettare  rivincite? È appena fallito il referendum sulle trivellazioni e i promotori si sono messi a preannunciare fuoco e fiamme per svuotare il risultato di una decisione del popolo sovrano che essi stessi avevano voluta. Ora, il centro-destra si sta agitando per un referendum abrogativo. Un altro? Ma l’esperienza (e soprattutto l’esempio eloquente del referendum contro il divorzio) non gli insegna davvero nulla? Uno potrebbe dire: alla fine, se hanno voglia di fare l’ennesima brutta figura, fatti loro! Ma ogni referendum costa centinaia di milioni di euro, impegna fino alla nausea stampa e TV, minaccia di destabilizzare gli equilibri politici. Perché? Per la futilità di un risultato che, come indicano tutti i sondaggi di opinione, è già scritto.

Però la sciocchezza più grossa la stanno dicendo quelli che proclamano che, se eletti sindaci, “non celebreranno” le unioni civili e invitano i sindaci della propria parte alla “disobbedienza civile” (che in questo caso sarebbe molto incivile). Ma almeno mostrino di aver letto il testo della Legge, la quale non prevede nessuna “celebrazione”, ma la semplice  “registrazione” delle unioni presso un ufficiale di stato civile. Registrazione che è un “atto dovuto” e se un pubblico ufficiale si rifiuta di procedervi, più esservi obbligato  dalla Giustizia e comunque commette un reato (Omissione di atto di ufficio) previsto dal Codice Penale.

E difatti, l’Avvenire, organo dei Vescovi italiani, ha preso la distanze da queste futilità. Non poteva certo festeggiare la Legge, ma ha riconosciuto allo Stato il diritto di legiferare su temi che riguardano tutti, non solo i cattolici, e ha espresso grandi dubbi sull’utilità di un referendum o altre iniziative del genere. Ha  chiesto invece che Governo e Parlamento prendano ora  in considerazione nuove norme per il sostegno alle famiglie, che restano in grande maggioranza eterosessuali.

Esempio di intelligente moderazione che lascia soli in trincea i fautori di una retroguardia che alla Chiesa e alla morale comune ha storicamente fatto sempre più male che bene.

©Futuro Europa®

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