Le Lobby si ribellano alla Legge?
I recenti fatti venuti alla luce nel rapporto tra istituzioni e Lobby, hanno riportato di fatto l’attenzione sul tema della regolamentazione dei rapporti che possano prevedere una sorta di “registro della trasparenza” con lo scopo di portare alla luce tutte le relazioni tra mondo dei portatori di interessi e istituzioni. Anche al Parlamento, dopo gli oltre cinquanta disegni di legge depositati negli ultimi quarant’anni, sono stati depositati nuovi testi per definire in maniera trasparente queste interazioni.
Come già riportato in un precedente articolo anche molte Regioni si sono mosse per definire regole di base atte a tutelare istituzioni e portatori di interessi, ma le resistenze incontrate pongono alcuni dubbi sulla volontà dei due mondi di modificare la natura dei loro rapporti. Anche al Senato i vari ddl sono fermi da tempo e sembra difficile trovare spazio per una possibile discussione. Idem in Regione Lombardia, che recentemente ha dovuto dare una battuta d’arresto al proprio iter legislativo.
Le principali resistenze arrivano dal mondo dell’associazionismo datoriale. Le associazioni di categoria ritengono di non rientrare nella casistica dei portatori di interessi particolari, ma di rappresentare interessi generali. Ciò principalmente per evitare di essere assimilati a quei professionisti che, su specifico mandato, rappresentano interessi di singole aziende o gruppi di esse. Insomma molte resistenze che anche a Roma stanno ancora una volta tentando di affossare uno strumento di trasparenza necessario per garantire i principi democratici su cui è fondata la nostra Repubblica. In giro per il mondo sono ormai innumerevoli i casi di legislazione in materia, tutti con ottimi risultati e persino l’Unione Europea si è ormai da anni dotata di uno strumento di regolamentazione che funziona perfettamente.
Ma perché questa resistenza? Diciamo che i principali problemi sono legati alla responsabilità personale che la gestioni dei rapporti, dal punto di vista giuridico, farebbero ricadere sui funzionari e non sugli organi dirigenziali delle associazioni. Oltretutto rendere pubblici tutti gli incontri e con chi si sono svolti, potrebbe rischiare di compromettere taluni rapporti con altre cariche politiche di colore diverso. Insomma si tratterebbe di sradicare usanze e consuetudini che molti non vorrebbero perdere perché costruite in anni di rapporti. Questione diversa invece per i professionisti del settore che, ricevendo un mandato economico per questa prestazione non avrebbero particolari problemi.
La politica si è troppo spesso legata al mondo dell’associazione di categoria che in alcuni casi ha portato anche a condotte poco opportune. Modificare questo sistema è difficile ma oggi è fondamentale dotarsi di un sistema di regole chiaro e preciso che possa veramente, sul lungo periodo, ridare al mondo dei gruppi di pressione quella dignità che si meritano.