Libro bianco sulla Dieta mediterranea

Così come ha detto il Presidente della Repubblica, Mattarella, visitando la zona archeologica di Pompei, pochi giorni fa “…la cultura non ha tempo né confini …il nostro Paese ha il più importante patrimonio artistico/culturale del mondo ed è nostro dovere salvaguardarlo. Un dovere sia nei confronti della nostra storia che del nostro futuro, ogni investimento in cultura va a vantaggio della crescita del Paese, ha una grande ricaduta per l’intera società anche di carattere economico. Gli investimenti che si fanno in cultura non sono solo un dovere di qualità della vita sociale ma provocano una ricaduta di crescita economica”.

E questo vale sia per il patrimonio archeologico, di cui l’Italia è ricca, e sia per quei casi i cui il patrimonio culturale diventa immateriale: è il caso della “Dieta Mediterranea”, dichiarata dall’UNESCO “patrimonio immateriale dell’umanità”. UNESCO che ha definito la Dieta Mediterranea “un insieme di competenze, conoscenze, riti, simboli e tradizioni che vanno dal paesaggio alla tavola” e modello alimentare che rispecchia la cultura, la tradizione gastronomica dell’Italia. La sua unicità, che è determinata da caratteristiche climatiche e geografiche proprie del bacino del Mediterraneo, la rendono un vero e proprio stile di vita, la cui validità non è solo nutrizionale, ma sociale ed economica, rendendola un “patrimonio” di altissimo valore culturale immateriale.

E sul dipanarsi di questo filo di pensiero ideale che prende forma e sostanza il “Libro Bianco sulla dieta Mediterranea”, prodotto dalla collaborazione del Mipaaf e del CREA (il principale ente di ricerca agroalimentare italiano), realizzata allo scadere dell’anno di “Presidenza italiano della Rete dei sette Paesi della Dieta Mediterranea”, presentato pochi giorni fa a Napoli e che diventato un momento di confronto e di scambio a cui hanno preso parte, tra gli altri, i rappresentanti dei sette Paesi Mediterranei che  fanno parte di quelle che sono state definite le “Comunità Emblematiche”: Agros (Cipro), Hvar (Croazia), Chefchaouen (Marocco), Koroni (Grecia), Pollica-Cilento (Italia), Soria (Spagna), Tavira (Portogallo).

Mipaaf e CREA che vogliono scommettere su un futuro di sviluppo nel segno della sostenibilità e dell’innovazione proprio in un campo la cui storia è millenaria. Lo scopo dello Studio è la diffusione nel mondo della “cultura della dieta Mediterranea” e sottolineare l’importanza che riveste, nella vita dei cittadini europei e di tutto il mondo, la conservazione dei valori a cui è improntata. Le sue radici più antiche possono essere rintracciate nelle abitudini alimentari dell’antica Grecia, dell’Impero Romano per arrivare nel corso dei secoli, di generazione in generazione, fino ai nostri tempi, in cui conserva immutata la sua validità e salubrità nutrizionale oltre ai tratti distintivi specifici e più caratterizzanti.

Fu Ancel Keys che coniò l’espressione: “Dieta Mediterranea” intendendo con questo termine “un insieme di competenze, conoscenze, pratiche e tradizioni che si estendono dal paesaggio alla tavola, nei Paesi del bacino del Mediterraneo, passando per la coltura, la raccolta, la pesca, la conservazione, la trasformazione, la preparazione e, in particolar modo, il consumo del cibo”.

I ricercatori del CREA, del Centro di Politiche e Bioeconomia, hanno voluto tracciare l’evoluzione di questo che è più che un regime alimentare: un “modus vivendi”, che si è dimostrato alla prova di riscontri scientifici oggettivi vincente sia per quanto concerne l’aspetto nutrizionale che socioculturale e che si è dimostrato essere decisivo anche per la crescita economica dei territori, per quanto concerne lo sviluppo di un’economia che sia realmente “sostenibile”, di un tipo di agricoltura attento alla biodiversità, all’ambiente, alla stagionalità e che sappia avvalersi dell’innovazione tecnologica in modo da garantire ai consumatori qualità oltre che salubrità delle produzioni e  in cui il turismo non sia soltanto strumento per valorizzare il lato paesaggistico della nostra penisola ma che trasformi “gli antichi saperi e sapori” collegati alla Dieta Mediterranea in attualità di vita  e contemporaneità di abitudini, sempre più diffuse  e radicate nella Società moderna, che talvolta sembra prescinderne e come dice il Commissario Straordinario del CREA, Salvatore Parlato “dai risultati della Ricerca emergono parametri scientifici che giustificano un nuovo slancio per lo sfruttamento e la tutela di un patrimonio quale quello della Dieta Mediterranea, indicazioni utili per impostare politiche di sviluppo e attività di ricerca in grado di moltiplicare il valore sociale ed economico che la Dieta Mediterranea può generare all’interno del nostro settore agroalimentare”.

Patrimonio immateriale dell’umanità il cui valore può però essere massimizzato, stando a quanto contenuto nel “Libro Bianco”, solo facendo sempre più sistema, mettendo in rete pubblico e privato, azioni e risorse per ottimizzare in efficacia ed efficienza la promozione e la valorizzazione quello che rappresenta una vera e propria impostazione culturale e regime di vita più che un comportamento dietetico/alimentare.

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