Fino a qui tutto bene (Film, 2014)
L’Università è finita. Cinque ragazzi che hanno studiato e vissuto nella stessa casa, a Pisa, consumando pasti frugali e vivendo amori intensi, sono chiamati a crescere e ad affrontare la vita. Il compito più arduo che – prima o poi – tocca tutti da vicino. Basta con i sogni, con l’aspirazione a recitare in una piccola compagnia teatrale, con gli amori creduti eterni che s’infrangono di fronte ai primi ostacoli disseminati lungo fragili esistenze. Sta per finire il periodo più bello della vita e i cinque amici se ne rendono perfettamente conto.
Premio simpatia per Roan Johnson, un regista nato a Londra nel 1974, da padre inglese e madre italiana, cresciuto a Pisa, dove si è laureato in lettere, che scrive e dirige un film in parte autobiografico, finanziato da tecnici e attori, retribuiti con il lavoro svolto, con una percentuale sugli incassi. Non altro, però, pure se nutrivo grandi aspettative per questa pellicola, da ex studente dell’ateneo pisano. Pregi tecnici ce ne sono, Johnson sa usare la macchina da presa e compie evoluzioni tecniche interessanti per mostrare il lato più affascinante della sua Pisa. La fotografia di Davide Manca, invece, è anonima, uguale a cento altri film italiani e a molte fiction televisive, gialla ocra, come se non fosse possibile fare diversamente. Riprese sfocate contro sole, per scelta tecnica, e pure qui non se ne comprende il motivo. Sceneggiatura e dialoghi ai minimi termini. Interpretazione degli attori appena sufficiente.
Johnson imita Nanni Moretti quando riprende il gruppo di amici all’interno dell’auto mentre cantano a squarciagola un motivetto assurdo: Morirò in un incidente stradale. Ma il giovane regista non è Nanni Moretti. E si vede. Fa il verso anche a Virzì e Bruni cercando di scrivere un romanzo di formazione, ma tutto resta al livello di buone intenzioni e di sterile tentativo. Le personalità dei personaggi sono appena abbozzate, il confine tra comicità e dramma (ridicolo) molto labile, la storia fa acqua da tutte le parti. Finale metaforico che imbarazza mica poco: i cinque amici diretti al mare navigando l’Arno con una barca a motore restano senza benzina e vanno alla deriva. Proprio come le loro vite.
Premio del pubblico alla Festa del Cinema di Roma. Abituati come siamo, si finisce per contentarci di poco. Il regista ha fatto carriera televisiva, dirigendo I delitti del Bar Lume per Sky, forse è quello il luogo migliore per esplicitare la sua arte. Peccato perché l’episodio di 4-4-2 Il gioco più bello del mondo (Il terzo portiere), interpretato da Valerio Mastandrea, faceva ben sperare. La guida di Virzì, maestro e padre putativo cinematografico, aveva influito, soprattutto soggetto e sceneggiatura erano scritti con la collaborazione di Francesco Bruni. Fino a qui tutto bene ha evidenti limiti di scrittura e tutto il demerito va alla coppia Johnson-Madeddu.
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Regia: Roan Johnson. Soggetto e Sceneggiatura: Roan Johnson, Ottavia Madeddu. Fotografia: Davide Manca. Montaggio: Paolo Landolfi, Davide Vizzini. Scenografia e Costumi: Rincen Caravacci. Musiche: Gatti Mezzi, Zen Circus. Produttore: Roan Johnson. Distribuzione: Microcinema. Durata. 80’. Genere: Commedia (?). Interpreti: Alessio Vassallo, Paolo Cioni, Silvia D’Amico, Guglielmo Favilla, Melissa Bartolini, Isabella Ragonese, Marco Teti.
[NdR – L’autore dell’articolo ha un suo blog “La Cineteca di Caino”]