Cibi contaminati, ecco cosa arriva dall’estero
È stata presentata a Napoli da Coldiretti, in occasione della mobilitazione di migliaia di agricoltori italiani a difesa della dieta mediterranea, la cosiddetta “Black list dei cibi più contaminati”. La lista è stata redatta sulla base delle analisi condotte dall’Agenzia europea per la sicurezza alimentare (EFSA) nel Rapporto 2015 sui Residui dei Fitosanitari in Europa.
La quasi totalità dei campioni analizzati (92%) è risultata irregolare, con la presenza di residui chimici. I prodotti più tossici arrivano dalla Cina e sono pieni di micotossine, additivi e coloranti, peraltro, vietati dalle leggi dell’Unione Europea. Su un totale di 2.967 allarmi per irregolarità segnalate in Europa, ben 386 (15%) hanno riguardato il Paese asiatico che in Italia ha praticamente quintuplicato (+379%) le esportazioni di concentrato di pomodoro che hanno raggiunto circa 67 milioni di chili nel 2015, pari a circa il 10% della produzione nazionale in pomodoro fresco equivalente.
Ma sono i broccoli cinesi ad essere particolarmente nocivi con la presenza in eccesso di insetticidi, antiparassitari irregolari ed altro, così come il prezzemolo vietnamita e il basilico indiano che contiene Carbendazim (fungicida-pesticida) che è vietato in Italia perché ritenuto cancerogeno.
In questa classifica ci sono anche le melagrane dall’Egitto che superano i limiti in un caso su tre (33%), ma fuori norma, dal Paese africano, arrivano anche l’11% delle fragole e il 5% delle arance che, peraltro, giungono in Italia grazie alle agevolazioni sull’import concesse dall’Unione Europea. Con una presenza del 21% di residui chimici irregolari risultano pericolosi il peperoncino della Thailandia e i piselli del Kenia contaminati in un caso su dieci (10%), e ci sono problemi anche con la frutta del Sud America, con i meloni e i cocomeri importati dalla Repubblica Domenicana, che sono fuori norma nel 14% dei casi. Anche il Marocco fa la sua parte con il 15% della menta prodotta ritenuta irregolare e, tra l’altro, questo Paese, che usa pesticidi vietati in Europa, grazie alle agevolazioni dell’Unione Europea, sta mettendo in ginocchio le produzioni italiane, con l’export di arance, fragole, olio d’oliva, zucchine e aglio.
Ma perché l’agricoltura italiana – che è la più ecologica d’Europa, con 281 prodotti a denominazione di origine (Dop/Igp), il divieto all’utilizzo degli ogm e il maggior numero di aziende biologiche, ma è anche al vertice della sicurezza alimentare mondiale con il minor numero di prodotti agroalimentari con residui chimici irregolari (0,4%), quota inferiore di quasi 4 volte rispetto alla media europea (1,4%) e di quasi 20 volte quella dei prodotti extracomunitari (7,5%) – deve sopportare tutto ciò? C’è bisogno di trasparenza, occorre garantire l’obbligo dell’etichettatura d’origine su tutti gli alimenti e rendere finalmente pubblici i flussi commerciali delle materie prime provenienti dall’estero per far conoscere anche ai consumatori i nomi delle aziende che usano ingredienti stranieri.
Le imprese agricole italiane meritano di essere salvate dalla concorrenza sleale delle produzioni straniere, per poter continuare ad esistere e lavorare per far conoscere le nostre eccellenze che fanno bene all’appetito e alla salute.