Cronache dai Palazzi

Una lettera di otto pagine con cui concludere l’esame dei conti per il 2016 e avviare un piano di raccomandazioni per il 2017. È stata questa la risposta della Commissione europea che ha concesso al Belpaese ulteriori margini di flessibilità tanto acclamati da Renzi – anche attraverso il suo nuovo format in rete “Matteo risponde” – assegnando però all’Italia dei compiti a casa sotto forma di “Recommendation”: privatizzazioni per ridurre il debito pubblico; riforma della pubblica amministrazione; riforma della giustizia civile; alleviare le”sofferenze” bancarie; contrasto alla povertà; legge sulla concorrenza.

In fondo l’unico vincolo imposto dalla Commissione Juncker per ovviare al programma di finanza pubblica è il rispetto degli obiettivi di bilancio e degli impegni politici già fissati da Palazzo Chigi. In pratica quest’anno occorrerà “assicurare il contenimento del deficit di bilancio” al 2,4% del prodotto interno lordo, anche se il governo di Renzi è convinto di fare anche di più fermandosi al 2,3%. Nel 2017, invece, ci si dovrà impegnare decisamente di più per arrivare all’1,8% concordato, e quindi per “garantire una correzione del disavanzo di 0,6 punti di Pil”.

La Commissione europea si è comunque riservata un nuovo esame sui conti ad ottobre, a ridosso della presentazione della Legge di bilancio, e magari in concomitanza con il referendum sulla riforma costituzionale che rappresenta uno dei cavalli di battaglia preferiti da Renzi e i suoi più stretti collaboratori. Nel 2017 la Stabilità dovrà inoltre fare i conti con i mancati aumenti dell’Iva (circa 15 miliardi, 19,5 dal 2018) e di una riduzione dell’Ires pari a circa 3,7 miliardi. In questo contesto non sono previste eventuali nuove misure su Irpef, pensioni, contratti del pubblico impiego o tantomeno sulla decontribuzione. Per quanto riguarda l’Iva, una delle misure più attese, dovrebbe essere neutralizzata con l’aumento del deficit (dall’1,4 all’1,8% per un valore di circa 6,8 miliardi). L’Ue, infine, non si attende solo un monitoraggio dei conti. L’Italia ha ottenuto dall’Europa anche diversi “bonus” di spesa, ad esempio per fronteggiare gli investimenti oppure per fronteggiare l’emergenza migranti e la sicurezza (circa 6,5 miliardi). Tali “bonus” dovranno comunque essere spesi (circa 10 miliardi) realizzando dei vantaggi.

Analizzando una per una le voci delle cosiddette “raccomandazioni” indette da Bruxelles, si può iniziare ad esempio dalle privatizzazioni per cui il governo italiano prevede che il debito inizi a scendere già dal 2016, in virtù di un piano di privatizzazioni da otto miliardi l’anno. In ballo ad esempio Ferrovie dello Stato che andranno sul mercato nel 2017 e un’altra quota di Poste che l’esecutivo ha l’intenzione di cedere per ottenere un incasso da almeno tre miliardi di euro. A proposito di riforme, l’attenzione si sposta sulla giustizia civile e la riforma della pubblica amministrazione. Per quanto riguarda la prima, la modifica dei termini di prescrizione è al centro di una esplicita richiesta europea, come l’accorciamento dei tempi della giustizia civile agli occhi degli investitori stranieri. In questo contesto si confida tra gli altri sul Tribunale delle Imprese che, istituito nel 2012, ha provveduto a risolvere circa l’80% del contenzioso nel giro di un anno, con sentenze poi confermate in Appello in 4 casi su 5.

La riforma della Pubblica Amministrazione, invece, rimane appesa a 11 decreti delegati, già emessi, che per diventare legge devono superare ancora alcuni esami come i pareri del Consiglio di Stato e delle due Camere del Parlamento. Solo due tra i suddetti decreti sono pronti per la ratifica da parte del Cdm e quattro devono essere licenziati dal Consiglio di Stato tra cui quello sui servizi pubblici locali sollecitato dalle istituzioni europee. Degli 11 decreti suddetti ne è entrato in vigore soltanto uno: quello che contiene il cosiddetto Foia acronimo che sta per Freedom of information act, ossia il provvedimento che consente ai cittadini il libero accesso a tutti gli atti pubblici. Il ministro Marianna Madia ha promesso che sarà finito tutto “al massimo entro due mesi”, precisando che si sta marciando anche più velocemente del previsto. Il 4 maggio del 2015, facendosi trascinare dall’entusiasmo, il premier Renzi aveva addirittura detto che “tutti i decreti della pubblica amministrazione” sarebbero stati attuati “entro l’anno”. Obiettivo mancato quindi.

Per contrastare la povertà, dato che “i livelli di povertà sono alti”, come denuncia la Commissione europea, il governo italiano ha già approvato un disegno di legge delega ora all’esame della Camera. Una volta approvato l’esecutivo proseguirà nell’arco di sei mesi ad emanare i decreti attuativi che dovranno comunque ricevere il parere non vincolante del Parlamento. L’obiettivo della riforma è realizzare gradualmente uno strumento minimo di sostegno per tutte le famiglie più povere con figli minori. Nella Legge di Stabilità di quest’anno sono stati stanziati circa  600 milioni di euro per rafforzare gli strumenti a disposizione, un budget comunque alquanto ristretto se si considerano i dati espressi dall’Alleanza contro la povertà, per cui per dare un “reddito di inclusione sociale” ai più poveri  servirebbero almeno 7 miliardi di euro. Nella lettera inviata all’Italia la Commissione europea raccomanda al governo italiano di “adottare e implementare la strategia nazionale anti povertà e revisionare e razionalizzare la spesa sociale”.

Per finire la legge sulla concorrenza, da “approvare e applicare rapidamente”, e “prendere ulteriori iniziative per aumentare la competitività in trasporti, salute, commercio al dettaglio e sistema delle concessioni”. A proposito di liberalizzazioni, in particolare, le istituzioni europee rimproverano all’Italia “debolezze sistemiche diffuse” e, secondo le stime del Fondo monetario internazionale, le liberalizzazioni sono fondamentali perché fanno crescere il Pil del 3,3% in 5 anni, migliorando la credibilità del Paese e il suo rating. Bruxelles ammonisce infine che “progressi limitati sono stati compiuti verso la promozione della concorrenza dei servizi”; in questo contesto, in effetti, la legge annuale 2015, varata dal governo Renzi nel febbraio di due anni fa, oggi è ancora ferma a Montecitorio. “Un certo numero di aree sono ancora sovra-protette o regolamentare – fa notare Bruxelles – in particolare le professioni, la sanità, il trasporto pubblico locale e i taxi, i porti e gli aeroporti. E il commercio al dettaglio è ostacolato da una serie di inefficienze causate dalla severità della regolamentazione”. Inoltre “l’iter per assegnare concessioni per le attività economiche non promuove la concorrenza” e la “frammentazione” del contesto imprenditoriale italiano, non supportato da “un sistema stratificato di leggi e regolamenti emanati da diversi livelli di governo”, non si predispone, sufficientemente, alla crescita e agli investimenti.

©Futuro Europa®

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