Europa ed elezioni austriache
È innegabile che il risultato delle elezioni presidenziali austriache, come ha commentato il Ministro Gentiloni, costituisca una buona notizia per l’Europa e per l’Italia. Il Presidente in Austria non ha poteri di governo, ma una personalità quale quella di Hofer, legittimata dal voto popolare, avrebbe avuto egualmente notevole peso, squilibrando la fragile coalizione tra popolari e socialisti che governa a Vienna. Sopratutto, la sua vittoria avrebbe dimostrato che il paese vicino sceglie l’estrema destra, nazionalista, razzista e antieuropea. Considerando l’importanza e la delicateza dei rapporti che ci uniscono all’Austria, e le difficoltà presenti, sarebbe stato un serio problema per l’Italia.
Tiriamo dunque un sospiro di sollievo. Il peggio è evitato. Però non rallegriamoci troppo. Hofer ha perso di strettissima misura, con una differenza di soli 30.000 voti. D’accordo, in democrazia anche un voto in più o in meno basta, ma quasi metà degli austriaci hanno votato per Hofer e questo voto non potrà essere ignorato dalle Autorità di Vienna, che già hanno dimostrato una certa propensione a rincorrere le pulsioni di un facile populismo di destra.
Sono tornato lo scorso anno, dopo molto tempo, nella Vienna “europea” ( vi ero stato più volte nella fase del negoziato per l’adesione alla CE, quando gli austriaci a tutti i livelli sognavano solo di esservi ammessi). L’immagine è quella di un paese prospero, ordinato, civile. Se nazionalismo e razzismo attecchiscono in quel tipo di paese, situato nel cuore dell’Europa e con un’antica vocazione multietnica e multiculturale, l’Europa qualche domanda di fondo dovrà pur porsela. Non possiamo passare da un batticuore all’altro (il prossimo sarà il referendum inglese, dal risultato incertissimo), salvandoci per un soffio e continuare ad andare avanti come se nulla fosse. Ogni situazione è ovviamente diversa, ma tutte sono accomunate alla base da due fattori: le paure per l’ immigrazione e l’ostilità per gli ossessi burocratici e regolatori dell’UE. Per ora restano fenomeni diffusi ma non maggioritari, ma quanto tarderanno a divenirlo se stiamo con le mani in mano?
Quando capiranno le Autorità di Bruxelles che devono smetterla di irregimentare tutti gli aspetti dell’attività umana e comprimere energie locali vitali e rigogliose, e che debbono tornare a dedicarsi all’ispirazione ideale primitiva? Se non lo fanno, daranno alla lunga ragione agli scellerati Salvini, Hofer e Le Pen, che vogliono riportarci indietro di decenni, all’Europa divisa e in permanente conflitto.
L’invasione di immigrati, per essere giusti, non è colpa di Bruxelles: esiste da decenni, in alcuni casi come eredità coloniale, in altri come frutto di disattenzione o di deliberae scelte economiche, o delle sconsiderate ideologie di sinistra. È chiaro però che nessun serio rimedio potrà trovarsi se non a livello e con le risorse dell’Europa. L’accordo con la Turchia ha costituito un passo nella giusta direzione. Speriamo che non sia messo in causa dalle esagerate esigenze delle Autorità dell’UE. Si pretende che la Turchia cambi le proprie leggi contro il terrorismo. Ma la Turchia è un paese da sempre oggetto di minacce terroristiche: come chiederle di abbassare la guardia? Che senso ha legare alla questione quella dei visti ai turchi? La Turchia di Erdogan non è una democrazia perfetta, è una regime asiatico con vocazione autoritaria, lo sappiamo, per questo è bene che resti fuori dell’Unione, ma è un’alleata nella NATO ed un paese chiave per la stabilità del Medio Oriente e il controllo degli Stretti. Vogliamo trattarla come tale, evitando di sospingerla sulla strada di un sotterraneo appoggio alle cause antioccidentali? Vogliamo una buona volta fare politica e non ideologia? Ma i problemi non sono solo con la Turchia. La guerra civile in Siria, Irak e Libia non ha avuto finora quella risposta forte, coordinata, efficace, che sarebbe necessaria. Europa e Stati Uniti si sono dimostrati, al meglio, esitanti, l’impressione è che la gelosia e il sospetto verso la Russia di Putin abbiano prevalso. Ma se quelle guerre non si fermano una volta per tutte, è un’illusione pensare che si possa frenare o controllare il flusso degli immigrati.
E c’è il problema della povertà in Africa (e non solo). Il Governo italiano ha avuto il merito di prendere di petto il problema e proporre una possibile soluzione. La proposta è stata bene accolta a Bruxelles, ora la Commissione si dice disposta a destinare decine di miliardi di euro per un piano di riabilitazione dell’Africa. Non sarà un toccasana, piani del genere sono lenti da realizzare e non sempre efficaci (pensiamo al fallimento della Cooperazione italiana, buona parte della quale finiva nelle tasche dei dittatorelli locali o di partiti italiani: speriamo che quella europea sia più sana). Ma è un altro passo avanti. E tutte le forze politiche serie dovrebbero mettere da parte le loro beghe antirenziane e sostenere il Governo a Bruxelles e a Strasburgo, compreso Salvini e i piagnoni alla Fassina (tra parentesi, che faccia di eterno scontento!).
Basterà tutto questo? Probabilmente no. Credo che l’Europa dovrà risolversi ad alzare ragionevoli barriere alle sue frontiere, con buona pace di Papa Francesco e del suo generoso ma gratuito evangelismo. Sta bene chiedere all’Europa di essere una madre generosa che apre le braccia a tutti, ma questa madre non ha più i mezzi e spalancare le porte a tutti i diseredati del mondo può solo fomentare pericolose illusioni e reazioni sociali di portata imprevedibile. E la prossima volta, in uno qualsiasi dei membri dell’Unione, o in più di uno, la destra populista finirà con l’affermarsi sul serio. È questo che vuole il Papa “peronista”?