Volo EgyptAir, è stata esplosione?

A quasi due mesi di distanza dalla vicenda del dirottatore “per caso”, etichettato dall’autorità giudiziaria egiziana come un povero idiota estraneo alle organizzazioni terroristiche, la compagnia aerea di bandiera EgyptAir torna alla ribalta delle cronache con la scomparsa di un velivolo della propria flotta.

Il 18 maggio scorso, l’Airbus A320, impegnato nel volo MS804, scompare dai tracciati radar lungo la rotta Parigi-Il Cairo, alle 2.37 della notte, e s’inabissa nel tratto di Mediterraneo compreso tra le acque a sud dell’isola greca di Karpathos e quelle sottostanti lo spazio aereo a nord dell’Egitto. Tra equipaggio e passeggeri, muoiono 66 persone di varia nazionalità. Nessun cittadino italiano a bordo.

Ancora oggi, sono aperte tutte le ipotesi: guasto tecnico, atto terroristico e il più improbabile – nella fattispecie – errore umano. Il sospetto di un’esplosione all’interno dell’aereo è forte, il Coroner egiziano azzarda la tesi dell’attentato, riscontrando di non aver trovato una sola parte anatomica integra tra i resti umani recuperati ed esaminati. Di converso, altre fonti riportano l’assenza, nella refertazione, di tracce di esplosivo sulle salme, unico indicatore certo di una bomba a bordo. EgyptAir, anche per fugare eventuali attribuzioni di responsabilità, ha – nelle sue prime dichiarazioni – fatto riferimento a un precedente inquietante, secondo cui ignoti individui, due anni fa, avrebbero scritto sulla carlinga del velivolo: ”Tireremo giù questo aereo”. Non sono, al momento, giunte rivendicazioni di fazioni terroristiche o di gruppi armati di fondamentalisti islamici; sembrerebbe, piuttosto, farsi strada la possibilità di un’avaria a bordo, cosa che lascia comunque invariato il quesito sulla sua natura casuale oppure dolosa.

Il ministro della Difesa greco, Panos Kammenos, sostiene che l’aereo avrebbe prima virato bruscamente di 90 gradi a sinistra, poi di 360 gradi a destra, perdendo rapidamente quota da un’altezza di 38 mila piedi (oltre 11 mila metri) a 15 mila piedi, con successiva scomparsa dalle rilevazioni radar intorno ai 10 mila piedi (circa 3 mila metri). Questa versione è messa in discussione dalle autorità egiziane, così come un misterioso SOS lanciato dall’Airbus alle ore 2.26 e non confermato dal primo ministro Sherif Ismail. Un segnale d’emergenza, invece, captato circa due ore dopo la scomparsa dell’aereo, sarebbe stato inviato in automatico dalla strumentazione GPS di bordo, che ha funzione di localizzazione dell’apparecchio. Il modello A320 – abbastanza recente poiché fabbricato nel 2003 – con capacità di trasporto fino a 145 passeggeri, le condizioni meteorologiche ottimali, lo scarso traffico aereo e l’esperienza di molte ore di volo del pilota e del co-pilota escluderebbero responsabilità umane, eccezion fatta nell’eventualità di sabotaggio o manovra intenzionale. D’altra parte, gli audio file delle conversazioni del comandante con gli operatori dell’aviazione civile di Atene, fino a 10 minuti dalla tragedia, non evidenziano problemi tecnici di sorta durante il volo. Subito dopo, però, sembra si siano registrate numerose anomalie come segnali d’allarme a bordo, fumo in una delle toilette e sotto la cabina di pilotaggio, fiamme in uno dei motori. A questo punto, le repentine virate a sinistra e destra potrebbero essere interpretate come tentativi di far fronte a un’emergenza o l’effetto di una perdita improvvisa del controllo sui comandi.

Gli 007 israeliani avanzano l’ipotesi di micro-cariche esplosive, sistemate in punti nevralgici, in modo che la loro deflagrazione inneschi una reazione a catena tale da mettere fuori uso i dispositivi elettronici, lasciando l’apparecchio in balia di sé stesso; una specie di abbattimento soft dall’interno dell’aereo, mirato non a farlo esplodere in volo, seminando tracce palesi di un ordigno, bensì a renderlo ingovernabile, provocandone la picchiata e lo schianto. Infatti, le caratteristiche dei rottami ritrovati in mare non presentano, sulla superficie, deformazioni e curvature verso l’esterno né forniscono indizi particolari circa una violenta esplosione a bordo. Rivelano, più che altro, gli effetti distruttivi di un impatto.

Ci s’interroga, dunque, sull’effettiva osservanza ed esecuzione, da parte degli Stati membri dell’Unione Europea, dei 53 controlli a terra contemplati dal protocollo di sicurezza SAFA (Safety Assessment of Foreign Aircraft Program) nei confronti dei jet provenienti da Paesi terzi; le compagnie vogliono i loro aerei sempre in volo e, spesso, le soste tecniche sono molto brevi, a discapito del completamento e dell’accuratezza delle ispezioni previste. E’ probabile che, a Parigi, i controlli siano stati frettolosi. Tuttavia, per esprimere una valutazione seria, non resta che aspettare l’esame delle scatole nere, individuate nell’Egeo ma ancora non “ufficialmente” recuperate.

Nell’attesa, la vicenda pesa come una spada di Damocle sulla testa di EgyptAir, ormai sull’orlo del collasso economico. La compagnia, che aveva accumulato perdite per 1,5 miliardi di dollari nel triennio 2011-2014 a causa del notevole calo di visitatori provocato dalle primavere arabe, era da poco riuscita a ridurre del 70% il passivo accusato, tramite un severo piano di ristrutturazione. Ad oggi, allarme terrorismo e instabilità politica interna mettono in ginocchio il Paese nordafricano, dando l’estrema unzione al comparto turistico e a tutte le aziende coinvolte nel settore dei trasporti.

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