Il combattente
Potito Salatto ha raggiunto la casa del Padre. Un uomo forte e generoso. Uno che ha fatto politica non per il potere ma per difendere dal potere chi anelava libertà e giustizia. In Parlamento Europeo ha difeso con coraggio e veemenza la causa dei dissidenti Iraniani e le sue battaglie per promuovere la dignità della persona umana in quel paese sono state il sigillo del suo mandato.
La difesa della libertà e della giustizia sono state peraltro le ragioni che lo hanno spinto a prolungare l’impegno politico anche oltre la fine della amata Democrazia Cristiana. E poi ancora dopo il termine dei suoi impegni istituzionali atterrito all’idea che l’Italia intraprendesse pericolose derive plebiscitarie.
Abbiamo condiviso ideali profondi, momenti enigmatici del nostro tempo e nel doloroso mutismo di chi si sente impotente di fronte alla violenza cieca le stagioni furiose di ideologie feroci. Dai giorni bui degli anni settanta alle immani stragi del terrorismo islamico, Tito ha sempre conservato la certezza che la politica fosse buona per lenire le condizioni di sofferenza e di smarrimento del popolo. Una politica, la sua, fatta di realismo e di passione. Mai domo. Ma sempre con un caratteristico istinto umoristico che usava per sdrammatizzare circostanze che potevano parere difficili.
Credo che le parole di San Tommaso Moro possano darci di lui il miglior ricordo e farci maturare attraverso la sua testimonianza: “Dammi un’anima che non conosca la noia, i brontolamenti, i sospiri e i lamenti, e non permettere che io mi crucci eccessivamente per quella cosa troppo invadente che si chiama ‘Io’. Dammi, o Signore, il senso dell’umorismo. Concedimi la grazia di comprendere uno scherzo, affinché conosca nella vita un po’ di gioia e possa farne parte anche ad altri”.
Buon riposo, nostro instancabile amico. Mi accorgo che vorrei dire molto di più ma credo sia meglio lasciare spazio al fatto che il ricordo più vero ci riempie di silenzio.
[NdR – l’autore della nota è Presidente dei Popolari per l’Italia]