Questione di cappello
Passeggio per il centro di Roma e penso con rammarico che ormai ci sono solo bar di quart’ordine con camerieri antipatici e claudicanti che non so bene se parlano peggio l’italiano o l’inglese. Le eccezioni sono rare. Sedersi in un bar di via Frattina significa lasciare un bel po’ di denaro per essere serviti male e mangiare tramezzini risorgimentali. Guai poi a chiedere un tè, la tazza con depressa bustina ciondolante e una fetta di limone non più giovane, è quanto di più deprimente possa esistere. Penso a quando si andava da Alemagna al Corso e mi commuovo al ricordo di Latour e le sue violette di zucchero.
Ma bando ai ricordi. Entro in un carinissimo ed accattivante negozietto di ciabatte di gomma. Ma bene, ora ne compro qualcuna, penso, e mi dirigo verso un paio di queste tutte tempestate di brillanti. Leggo il prezzo. Mi rivolgo alla commessa anoressica anaffettiva antipatica borgata-dipendente e proferisco: ma, signorina, questa ciabatte costano 180 euro! E lei, guardandomi come se guardasse un pericoloso hamburger pieno di salse, mi dice schifata: ma sono Swarovski!
Ahhhhh faccio io… ecco il mistero. Quindi se qualcuno vuole due ciabatte di gomma con quattro brillanti falsi, viene qua, paga 180 euro e se le porta a casa. Dal tono della sua voce colgo sfumature che echeggiano avi dalle parti dei monti sibillini. Vedo il suo labbro, portatore sano di rossetto rosso lacca, arricciarsi dallo sdegno. In momenti come questi penso che la disoccupazione non mai abbastanza e che la terra è bassa e va coltivata con sudore e lacrime; mi trattengo e non le faccio ingoiare le belle ciabatte brasiliane.
Ebbene sì, sono una dannata snob. Non sopporto il pressapochismo dilagante applicato ai negozianti romani, dove regna sovrana l’incompetenza e la precarietà. Sono uscita dal negozio sdegnata come una dama di corte pensando a mia nonna che avrebbe detto: non pretendere educazione da chi non porta il cappello! Ma per rimanere contemporanei e non passare per la solita vecchia intollerante, sarebbe bastato che queste ragazzette fossero formate da qualcuno competente che insegni loro come fare il loro lavoro con dignità e competenza.
Ma questo sembra non serva, nessuno ha bisogno di scuola in Italia, un paese di autodidatti auto celebranti arroganti e spocchiosi. Dio salvi il re del Bongo Bongo.