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Londra, così Bp condiziona i musei – La compagnia petrolifera è sponsor di grande istituzioni come il British Museum e la National Portrait Gallery: ma un Rapporto rivela pressioni sulle programmazione e l’uso spregiudicato delle istituzioni – British Petroleum sotto accusa per le pressioni operate in quanto sponsor di grandi istituzioni museali inglesi. E’ quanto emerge da un rapporto reso noto oggi da Art not Oil coalition, un’organizzazione da tempo in prima linea su questa battaglia. La grande compagnia petrolifera sostiene tra gli altri il British Museum, una delle più importanti raccolte archeologiche al mondo, il National Portrait Gallery e Tate and Science Museum. Era stato il Guardian, nel febbraio scorso, a rivelare alcune mail arrivate alla direzione del British per influenzarne la programmazione. In u messaggio ad esempio la compagnia spinge perché nella programmazione del museo entri un festival dedicato al Messico, realizzato in collaborazione dell’ambasciata del paese nordamericano; un paese in cui la compagnia ha importanti interessi. La Bp si dice disponibile ad un’integrazione del contratto di sponsorship che la lega al museo da cinque anni. Secondo la denuncia di Art not Oil coalition, l’evento avrebbe permesso a BP di dare accesso privilegiato ai funzionari del governo messicano. Un’altra mail rivela interferenze su una mostra che la National Portrait Gallery voleva dedicare all’arte degli indigeni australiani. Inoltre di fronte poi al montare delle proteste alcuni funzionari dei musei sostenuti sarebbero stati invitati a partecipare a riunioni sul tema della sicurezza in uffici di BP, con l’obiettivo di arginare e gestire le voci di dissenso. La stessa BP non è stata a guardare e a marzo ha annunciato la decisione di interrompere la sponsorizzazione (che durava da 26 anni) delle attività artistiche-culturali di un altro museo londinese, la Tate, a causa delle proteste “anti inquinamento ambientale”. Nel 2011 – a un anno di distanza dal disastro ambientale piú grave della storia americana, quello di Deepwater Horizon.  – gli attivisti di Liberate Tate avevano inscenato una plateale protesta, versando del liquido nero simile a del petrolio su un uomo completamente nudo, rannicchiato in posizione fetale nel bel mezzo della mostra Single Form, allora in corso alla Tate Britain. Un’altra accusa riguarda l’uso di un’istituzione come il Science Museum, coinvolto in  un “advocacy plans” in vista delle elezioni politiche dello scorso anno. ? Questo solleva seri interrogativi sul fatto che le istituzioni culturali sono complici nella promozione dell’agenda politica una compagnia petrolifera.?, scrive Chris Garrard, tar gli autori del Rapporto. Una voce interna al British Museum,  che ha voluto restare anonima, parla della sponsorizzazione di BP come di una forma di “bullismo culturale”. ?Tra tutti i finanziatori aziendali, BP è la piú sgradevole da affrontare?. E ora in molti si chiedono se non sia venuto il momento di rescindere il legame. Un legame che però, per il grande museo che ospita i marmi del Partenone, vale 500mila sterline l’anno. Ma anche i donatori iniziano ad alzare la voce: i figli di Lord Sainsbury of Preston Candover, che insieme al fratello ha lasciato al British 25 milioni di sterline, hanno scritto al neo direttore del grande museo, Hartwig Fischer, chiedendo di mettere fine all’alleanza con BP. (ilVelino)

Trivelle. a Ravenna si ferma ultimo impianto perforazione. Filctem Ccgil: settore a rischio ma siamo inascoltati – E’ crisi nera per l’offshore ravennate. Come denuncia la Filctem Cgil “le attivitá sul territorio sono state azzerate”. E ora c’è “grandissima preoccupazione per le sorti di un settore che per 40 anni ha assicurato occupazione, sviluppo e risorse sul territorio”. Solo nell’ultimo anno sono usciti dall’area ravennate all’incirca 600 lavoratori, suddivisi tra personale tecnico, dirigente e di staff, di cui un terzo residente in cittá. Insomma, ragiona Alessandro Mongiusti della Filctem, “in ballo c’era la tenuta dell’intero sistema infrastrutturale e produttivo facente capo a Ravenna”. Ma lo scenario economico internazionale non fa ben sperare  e “di fatto continua la completa stagnazione e la mancanza di commesse  che si ripercuote direttamente su tutte le aziende della filiera della perforazione”. Le principali services company multinazionali, prosegue il sindacalista, hanno avviato “piani di ristrutturazione devastanti”. Il grosso del personale è suddiviso principalmente nelle basi di Ravenna e Pescara, ma alcune divisioni hanno basi di appoggio minori dislocate nelle aree piú operative del paese come la Val d’Agri in Basilicata e la Sicilia; poi ci sono i centri direzionali concentrati principalmente a Milano. Dimensionalmente le tre big, Halliburton, Baker Hughes e Schlumberger, hanno giá piú che dimezzato il personale e “stanno proseguendo nel percorso di riduzione”. Per quanto riguarda le piccole aziende, “qualcuna è ancora sostenuta dagli ammortizzatori sociali ma tante, dal 2010 ad oggi, sono state o assorbite o hanno chiuso i battenti”. (Dire)

Ambiente: una rete per la protezione dell’ecosistema – Il Sistema nazionale a rete per la protezione dell’ambiente “concorre al perseguimento degli obiettivi dello sviluppo sostenibile, della riduzione del consumo di suolo, della salvaguardia e della promozione della qualità dell’ambiente e della tutela delle risorse naturali e della piena realizzazione del principio ‘chi inquina paga'”. Così recita l’art. 1 della riforma delle Agenzie Ambientali che istituisce il Sistema nazionale a rete per la protezione dell’ambiente, di cui fanno parte l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) e le agenzie regionali e delle Province autonome di Trento e Bolzano per la protezione dell’ambiente, e interviene sulla disciplina dell’Ispra. La riforma della Agenzie Ambientali nasce dal testo unificato delle proposte di legge Realacci n. 68, Bratti n. 110 e De Rosa n. 1945, volte a riformare in modo organico il sistema  delle Agenzie Ambientali attraverso sostanziali innovazioni organizzative e di funzionamento. Il testo, approvato all’unanimità dalla Camera in prima lettura nell’aprile del 2014, ha avuto nel 2016 l’ok del Senato, che ha apportato due modifiche al testo, ed è quindi tornato alla Camera per il passaggio conclusivo. L’Ispra e le agenzie regionali e delle province autonome di Trento e Bolzano per la protezione dell’ambiente sono i cardini del Sistema nazionale (art.1), che opera in una logica a rete per l’attuazione dei Livelli essenziali di prestazioni tecniche ambientali (Lepta). I Lepta rappresentano gli standard qualitativi e quantitativi che devono essere garantiti in modo omogeneo in tutto il territorio nazionale dal Sistema nazionale. (AdnKronos)

E’ italiana la chiave per lo sviluppo delle imprese di domani. – A metterlo in evidenza è Avvenia, uno dei maggiori player nel settore dell’efficientamento energetico ed unica azienda a capitale privato a rimanere al 100% italiana. – Innovazione, controllo e riduzione dei consumi, gestione aziendale orientata alla sostenibilità ambientale, visione imprenditoriale di largo respiro: tutto questo è la white economy, quella che oggi più che mai sembra essere la chiave per lo sviluppo del business del futuro in Italia e all’estero, perché tutto il mondo si sta oggi muovendo sulla strada dell’efficientamento energetico. Ne è convinto l’ingegner Giovanni Campaniello, fondatore e amministratore unico di Avvenia (www.avvenia.com), che da anni ha fatto della white economy il suo marchio di fabbrica, rendendo la sua azienda e l’Italia un polo di eccellenza del risparmio energetico. Ed è proprio Avvenia che ora rimane l’unico dei grandi player nel settore della white economy a capitale privato ad essere al 100% italiano. Nei giorni scorsi, infatti, un altro importante marchio italiano dell’efficientamento energetico è stato messo in portafoglio da un’azienda tedesca. La fila dei corteggiatori anche per Avvenia è stata lunga, ma l’impegno assunto dalla famiglia Campaniello a fare rimanere italiana l’azienda ha prevalso. «Non abbiamo intenzione di vendere a un concorrente. Vogliamo continuare a sviluppare progetti a medio e lungo termine e non siamo interessati a massimizzare i ricavi nel breve termine come fanno altri operatori del settore. Siamo nati come un’impresa di famiglia e intendiamo restare tale» spiega il dottor Francesco Campaniello, direttore generale di Avvenia. Da anni alcuni grandi operatori stranieri fanno la fila alla porta di Avvenia per proporre transazioni che permetterebbero all’azienda di confluire in un gruppo dalle spalle più larghe. Ma nemmeno il valore raggiunto dall’azienda della famiglia Campaniello, cresciuto esponenzialmente negli ultimi anni, ha convinto la famiglia a fare un passo indietro. Il piano di Francesco Campaniello per il prossimo quinquennio è quello di raddoppiare le dimensioni della società creata da suo padre Giovanni e di uscire maggiormente dai confini italiani, all’interno dei quali oggi si realizza oltre l’80% del fatturato, per espandersi oltre l’Europa. Negli ultimi 5 anni la Cina, ad esempio, proprio nel settore dell’efficienza energetica ha investito oltre 250 miliardi di dollari e in quest’ambito l’Italia potrebbe avere un ruolo fondamentale. (Comunicato Stampa)

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