I Beatles e le influenze d’Oriente
Torino – E’ stata inaugurata la mostra Nothing is Real, ispirata a un verso della canzone “Strawberry Fields Forever”, dedicata ai Beatles e al loro incontro con la cultura Orientale undici sale espositive del MAO (Museo d’Arte Orientale).
L’esposizione, curata da Luca Beatrice, prende le mosse dall’incontro dei Beatles e Maharishi Mahesh Yogi tenutosi a Londra nel 1967 e destinato a influenzare la futura produzione artistica dei Baronetti di Liverpool. Maggiore risonanza mediatica ebbe un secondo incontro avvenuto tra John Lennon, Paul McCartney, Ringo Starr e George Harrison con lo yogi presso l’ashram a Rishikesh sulle rive del Gange, per un corso di meditazione trascendentale; ad accompagnarli, oltre a mogli e fidanzate, il cantautore Donovan e l’attrice Mia Farrow con la sorella Prudence. Quest’ultimo incontro ebbe delle ripercussioni non solo sul lavoro dei Beatles, ma su buona parte della società degli anni Sessanta, basti pensare alla libertà sessuale e alla moda dell’epoca.
Questo viaggio che riuscì a caricare positivamente i baronetti, trasformando le loro canzoni in veri e propri messaggi di risveglio della coscienza influenzando un pubblico sempre più numeroso, fu anche motivo dell’allontanamento dal gruppo di Harrison. Il cantante intraprese una carriera solista sempre più incentrata sulle melodie indiane dei flauti di Khrisna e con la sua casa discografica, la Dark House, produsse Wonderwall Music (1968) per il film di Joe Massot e il trittico di All Thing Must Be (1970), The Concert of Bangladesh (1971) realizzato insieme al musicista indiano Ravi Shankar e Living in the Material Word (1973).
La mostra intende testimoniare l’influenza che la cultura mistica orientale ebbe da quegli anni in poi grazie a ritagli di giornale, fotografie, dipinti, gli stessi album degli “Scarafaggi” inglesi, Abbey Road e Let It Be, dove raccolsero le canzoni scritte durante il soggiorno in India. I Beatles non furono le uniche vittime dell’oriente, a subire il fascino di questo misticismo furono anche Hendrix, Santana, Joni Mitchell e i The Fool, che trasformarono le sonorità indiane in melodie psichedeliche.
Come detto, la cultura indiana non fu solo appannaggio del mondo della musica, ma in breve tempo influenzò tutti gli ambienti artistici come testimoniano le fotografie indiane di Italo Bertolasi e di Pattie Boyd (fidanzata di George Harrison e poi “amante” di Eric Clapton); il reportage diretto dal giovane giornalista Furio Colombo; le guide, le mappe e i manuali di viaggio che fornivano indicazioni utili su come raggiungere l’India senza soldi; ci sono anche le prime edizioni di libri storici, Siddharta, Lo zen e l’arte della manutenzione della motocicletta, La lunga strada per Katmandu.
Anche diverse riviste internazionali si incuriosirono e cercarono di approfondire il tema del viaggio come fuga e scoperta, Paris Match, Telegraph, Life, ad esse si aggiungono albi a fumetti, fanzines, editoria indipendente e tutto ciò che riguarda la controcultura; neanche il cinema fu indifferente al fascino orientale, come Wonderwall del 1968, il film psichedelico diretto da Joe Massot (noto in Italia con il titolo Onyricon) con musiche di George Harrison.
Tra i tanti oggetti esposti ci sono le Ceramiche tantriche di Ettore Sottsass, le opere di Alighiero Boetti, Aldo Mondino, Luigi Ontani, Francesco Clemente, anche esse fortemente segnate dalla cultura orientale e testimoniano un modo diverso per accostarvisi. Per quanto riguarda la moda, la mostra è stata occasione per stringere una collaborazione tra il MAO e il Fashion Film Festival di Milano, grazie alla quale si potrà ammirare come il fascino dell’Oriente abbia avviato nuovi studi sui significati e sulla forma della moda e dell’arte.
La mostra, che si concluderà il 2 Ottobre, oltre a curare l’aspetto visivo cerca di coinvolgere tutti i sensi dei visitatori per far si che possano immergersi completamente nell’atmosfera indiana di quegli anni, dall’atmosfera musicale realizzata da Sonos tramite un sistema di smart speakers, ad un percorso olfattivo curato da Lush che diffonderà le fragranze inebrianti e persistenti dell’Oriente. Il catalogo che completa la mostra è edito da Silvana Editoriale, e contiene testi di Luca Beatrice, Antonio Taormina, Fulvio Ferrari, Matteo Guarnaccia, Gabriele Ferraris e Steve Della Casa.