Spionaggio USA, miraggi e realtà
L’indignazione dei leader europei per le “rivelazioni “ sullo spionaggio telefonico USA nei loro confronti – peraltro obbligata – mostra una buona dose di ingenuità : perché il fatto è tutt’altro che nuovo ed era noto da tempo. La novità, non indifferente, è che per la prima volta esce ufficialmente alla luce.
Il fatto è che dai tempi dell’Egitto e di Roma le maggiori potenze spiano, con sistemi più o meno sofisticati, amici e nemici, i quali per parte loro si sforzano di fare lo stesso. È sgradevole che ciò avvenga, ma sono le regole di un gioco che non è adatto, come avrebbe detto Andreotti, alle Figlie di Maria. Durante tutto il quarantennio della Guerra Fredda, gli Stati Uniti hanno vigilato non solo i Governi potenzialmente “nemici” ma anche quelli “amici”. Nel miei lunghi periodi di servizio diplomatico alla NATO, all’ONU e al Ministero (in posizioni sensibili) ne avevo avuto indicazioni certe: non era un segreto che le nostre conversazioni telefoniche fossero ascoltate, e le comunicazioni delle nostre Ambasciate in posti significativi captate da amici e nemici. Lo accettavamo filosoficamente, prendendo qualche precauzione: evitavamo di parlare di argomenti sensibili al telefono o usavamo una linea “protetta” e comunicavamo con Roma in cifra (ciò che peraltro non costituisce una garanzia assoluta di segretezza, poiché non esistono sistemi di codaggio a prova di bomba).
La vigilanza esercitata su amici e alleati trovava però una qualche giustificazione nel quadro della contrapposizione di blocchi allora esistente e della concreta e incombente minaccia sovietica. Era difficile negare che gli Stati Uniti avessero interesse a sapere quello che combinavano certi alleati: la Francia “frondista” ma anche l’Italia, che era attraversata da ricorrenti tentazioni di smarcamento (cui non furono alieni Fanfani, Moro e Andreotti e un certo punto anche Craxi). Si trattava, dopotutto, di una comprensibile copertura del “fronte interno” all’Alleanza.
Finita ufficialmente la Guerra Fredda, sembrava che le cose dovessero cambiare, ma così non è stato. I pericoli per la sicurezza comune esistono ancora e non permettono un rilassamento della vigilanza (per fare un esempio, ci indigneremmo davvero se gli Alleati cercassero di capire la linea di un eventuale governo italiano con partecipazione grillina?). Certo, più che il pericolo di guerra Est-Ovest pesa oggi quello, più difficilmente controllabile, del terrorismo su scala mondiale e con questa giustificazione gli Stati Uniti hanno sviluppato sistemi di controllo sempre più sofisticati e globali. Non è nessun mistero che la NSA è capace di captare e selezionare qualsiasi comunicazione, telefonica o elettronica, in tutto il mondo ed è ragionevole pensare che una particolare attenzione sia dedicata a quelle che coinvolgono leader le cui azioni hanno peso nella politica internazionale (si parla, infatti, di 35 Capi di Stato e di Governo). Sono almeno dieci anni che si conosce il sistema chiamato ECHELON. Né è un mistero che la CIA abbia una elevata capacità di spionaggio ravvicinato, e la usi. Sono del resto convinto che analoga sorveglianza la esercitino i russi, magari con mezzi meno estesi e raffinati, solo che in quel regime i wikileaks sono difficili da immaginare e quindi ci viene risparmiato l’obbligo di indignarci. E sono sicuro che se l’Unione Europea, o singoli membri di essa, Germania e Francia comprese, fossero in grado di monitorare quanto avviene nel cuore del sistema decisionale americano, non se ne priverebbero (e farebbero bene). Ripeto: la politica estera (la politica “tout court”) non è un gioco per signorine.
Allora? Allora pensiamo innanzitutto all’uso che venga fatto delle informazioni raccolte. È giusto chiedere agli Stati Uniti che esse non siano utilizzate a fini indebiti, per esempio per influire sui nostri affari interni, condizionare lo sviluppo dell’integrazione europea e la nostra politica estera, né per procurarsi ingiusti vantaggi economici o commerciali. Poi è sano e normale che gli europei protestino e chiedano che il sistema di controllo sia abolito, e che Washington ne minimizzi la portata e prometta comunque di rivederlo, come non mancherà certo di fare il Presidente Obama. Sceneggiata, almeno in parte; ma i rapporti tra Europa e Stati Uniti sono troppo importanti, troppo vitali per ambedue le parti, perché ne possa nascere una vera, insanabile frattura.
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