Accordo UE-Turchia sui flussi migratori, come procede

Il 18 marzo l’Unione europea e la Turchia hanno raggiunto un accordo per intervenire sulla situazione che il reindirizzamento dei flussi migratori dal male alla terra ha provocato nel corridoio Turchia-Balcani. Era già stato messo a punto un piano d’azione comune UE-Turchia il 29 novembre 2015 cui aveva fatto seguito una dichiarazione UE-Turchia il 7 marzo. Dopo il via libera finale del premier turco Ahmet Davutoğlu, il piano è stato messo in opera dal 20 marzo scorso prevendendo il respingimento dei migranti in Turchia. Questi flussi, compresi i profughi ed i siriani, dovranno presentare domanda d’asilo presso le autorità greche, in assenza di tale adempimento verranno rimandanti in Turchia. Oltre questo caso verranno rimandati quelli che non vorranno essere registrati e chi si vedrà respinta la richiesta dalle autorità greche. I respinti godranno dell’assistenza da parte dell’Agenzia dell’Onu per i rifugiati (Unhcr) ed i costi verranno messi a carico dell’Unione europea. Tutto questo si basa sul principio che la Turchia è considerata un paese terzo affidabile e che i migranti tornati in Turchia verranno protetti in base agli standard internazionali.

L’accordo prevede che per ogni profugo siriano che viene rimandato in Turchia dalle isole greche un altro siriano verrà trasferito dalla Turchia all’Unione europea dando priorità a donne e bambini  in base ai “criteri di vulnerabilità stabiliti dall’Onu”. La Turchia ha chiesto anche la liberalizzazione dei visti per i cittadini turchi a partire dal 1 giugno di quest’anno. L’abolizione della richiesta del visto per accedere alla UE da parte dei cittadini turchi è sottoposta al soddisfacimento di 72 richieste dalla UE, adempimento molto difficile da soddisfare stante i tempi stretti. Alla Turchia verranno anche destinati 6 miliardi di euro, tre già approvati nel vertice di novembre, per la gestione dei campi profughi, cui seguiranno altri tre entro il 2018, ma solo dopo che i primi saranno stati spesi.

Torna d’attualità l’adesione della Turchia all’Unione europea, un progetto che è fermo da tempo soprattutto per le inadempienze turche in tema di diritti civili. Oltre questo ‘mattone’ posto sul tavolo dal paese di Erdogan, le criticità evidenti nell’accordo sono molteplici, innanzitutto il fatto che vengano rispediti in Turchia tutti quelli che raggiungono la Grecia in maniera “illegale”. Stante l’impossibilità che ciò avvenga in maniera “legale” è chiaro che si va a comprendere tutti i flussi migratori giunti in Grecia. Anche il fatto che il resettlement avvenga sulla base di 1 ad 1, fa sì che per trasferire i 72.000 siriani presenti in Turchia nei territori UE, è necessario che ce ne siano altrettanti in Grecia da rimandare oltre il Bosforo. Il numero stesso di 72.000 appare inadeguato a fronte del milione di profughi contati nel 2015 e dei 143.000 dei primi mesi di questo 2016.

Nel primo mese di applicazione dell’accordo sono stati 325 i migranti rispediti in Turchia, ma fra i 50 ed i 56.000 quelli ancora residenti sul territorio greco, i toni entusiastici usati dalla UE appaiono perlomeno eccessivi. A giugno risultano 400 i migranti mandati in Turchia contro 5.000 arrivi e ben 8.500 sono i profughi che si trovano sull’isola di Lesbo, ed ancora di questi ben 7.000 sono ancora in attesa di poter presentare i documenti riguardanti la richiesta di asilo.

Il Presidente Juncker ha nominato quale coordinatore dell’Unione europea Maarten Verwey, che si trova già in Grecia in qualità di Direttore generale del servizio di assistenza per le riforme strutturali della Commissione. Inoltre ha dichiarato che l’accordo “è conforme a tutte le norme dell’UE e internazionali. Le domande dei rifugiati e dei richiedenti asilo saranno trattate singolarmente e si potrà presentare ricorso. Il principio di non respingimento sarà rispettato“.

L’impressione finale è che l’accordo sia debole ed ampiamente sbilanciato verso la Turchia, delegando ad un paese non propriamente noto per efficienza e rispetto dei diritti civili la gestione del problema migranti. Si può ben pensare che i 6 miliardi dati alla Turchi potevano permettere ben altri progetti, ma le divisioni e le diatribe fra i vari paesi membri UE non ha probabilmente permesso di raggiungere accordi migliori di questo, senza scordare il migration compact di cui sta discutendo in questo periodo.

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