Erba celeste (Film, 2015)
Erba celeste di Valentina Gebbia è l’ultimo film interpretato da Daniela Giordano, Miss Italia 1966 e attrice piuttosto nota negli anni Sessanta e Settanta. La pellicola è in attesa del visto censura perché affronta un argomento proibito e cerca di giustificare l’uso terapeutico della marijuana. A tal proposito siamo andati a sentire le impressioni dell’attrice siciliana che ha affrontato un’esperienza nuova come lavorare in una troupe ai limiti dell’improvvisato.
Daniela Giordano: «È difficile per me parlare di questo film. Molto difficile. Lavorare nuovamente come attrice dopo 35 anni di silenzio professionale mi agitava non poco. Ancora oggi, dover ripercorrere mentalmente l’excursus delle mie emozioni mi fa male. Ma procediamo con ordine. Un giorno, mentre mi trovavo al mare, compro un libro dal titolo molto evocativo: Come sopravvivere a Palermo, di Valentina Gebbia. La sua lettura fu esilarante e ricordo di aver molto apprezzato un’autrice d’esperienza, di grande senso critico nei confronti della sua città e con un humor quasi britannico – cosa veramente rara in quest’isola – forgiato dal calore del sud e mixato con il distacco del nord. Così quando un giorno un amico comune ci presentò, lei mi chiese di interpretare il personaggio di un’ex attrice in una casa famiglia di ex artisti, in un film che stava preparando.
Ero contenta, perplessa e preoccupata. Era la sua prima regia ma la lettura del copione mi confermava la bravura dell’autrice e il personaggio era eccitante: era uno di quelli da costruire…ma sarei riuscita a recitare nuovamente dopo 35 anni? Mi avrebbe tradito la memoria? Sarei riuscita a tenere a mente le battute? Mi divertiva anche lavorare in un film in cui tutti i partecipanti erano co-produttori. Nel senso che avremmo lavorato tutti gratis e se fossimo stati fortunati avremmo visto qualche guadagno in un futuro più o meno lontano. Non aveva importanza. Era troppo allettante. Così decido di buttarmi in quest’impresa e di salire a bordo di questo carrozzone locale composto da bravi attori e da entusiasti del settore.
Il film è corale, ed è sostenuto da sponsor locali. Anche il classico cestino era fornito da una rinomata pizzeria, anche se dopo un po’ erano tutti stufi di mangiare sempre tranci di pizza a pranzo. La protagonista è sempre lei, Valentina Gebbia, autrice del libro, sceneggiatrice e regista alla sua prima esperienza. Il principale ruolo maschile, affidato a Daniele Musso, è il personaggio giovane e vitale del film. Ha poca esperienza ma se la cava benissimo. Ce l’ha nel sangue e, cosa più importante, acchiappa lo schermo. Fa da contraltare un’altra scoperta: Daniela Lampasona. Nella vita, così come nel film, una scrittrice di poesie. La conoscevo da molti anni come una signora dolce e gentile e non avrei mai pensato di vederla recitare come caratterista comica in un ruolo che le calzava a pennello. La sua bravura e disinvoltura recitativa esaltava il personaggio.
C’erano altri attori e attrici, prevalentemente provenienti dal teatro, che avrebbero potuto fare di più anche a livello nazionale, come Adriana Dolce, Margot Pucci o Roberta Murgia, per esempio, ma passare lo Stretto (di Messina) e approdare sul continente è difficile se imprevedibili circostanze non ti aiutano. Otto pose, otto situazioni diverse, otto abiti da indossare. La scelta degli abiti, i miei naturalmente, e degli accessori da accostare impegnano me e Manuela Velardo, una brava e attenta costumista, per circa un mese. Naturalmente, come mascotte non potevo non scegliere la mia solita vestaglia turchese e blu, già indossata ne Il fidanzamento, Roma violenta e Le impiegate stradali, anche se ormai mi veniva un po’ piccola. Il mio personaggio, un’ex attrice un po’ svampita che vive in un pensionato i cui ospiti sono tutti ex artisti, mi ricordava un po’ il film Quartet, del 2012, con Maggie Smith, per la regia di Dustin Hoffman (la sua prima a 75 anni!). Certo, non eravamo a quei livelli di produzione ma la recitazione della Maggie Smith sicuramente mi avrebbe aiutato.
È stato in assoluto un mese in cui mi sono divertita moltissimo! È stato un bellissimo regalo. E sarebbe stato meglio se fosse finita lì… Quando inizio a lavorare mi rendo conto quasi subito che le cose non filano proprio come avrebbero dovuto. Insomma, una persona veramente esperta di cinema lì in mezzo non c’era. Malgrado tutto, dovevo ammirare l’entusiasmo di tutti e la costanza ad andare avanti. In assoluto era Valentina Gebbia da ammirare. Non aveva esperienza, si appoggiava a persone che forse ne avevano solo un pochino più di lei, ma aveva una determinazione e una fermezza decisionale che avrebbe dato filo da torcere ai più esperti cineasti. Ed è solo grazie a questa sua qualità che è riuscita in qualche modo a portare il film sino alla conclusione, cavalcando onde di problemi che si presentavano di giorno in giorno e risolvendoli in modo assolutamente creativo. Ho visto con i miei occhi la realizzazione di un miracolo siciliano. C’è un detto che dice “il Signore aiuta i pazzi e gli incoscienti” e quelli che hanno una passione nel cuore, aggiungo.
Il film, dopo pochi mesi, è stato presentato al Festival di Sciacca, una località turistica siciliana nota per il suo festival a livello internazionale. Vince il Premio del pubblico ma non entra in concorso. È stata in quella platea che sono continuate le mie sofferenze come attrice. Il film era troppo lungo e quindi erano state tagliate molte scene, tra cui la maggior parte delle mie che si riducono a una comparsata. Il trucco, la luce e la posizione della telecamera digitale erano completamente sbagliate per il mio viso. Gli abiti, che avevo scelto con tanta cura, e che sarebbero dovuti servire per dare corpo al personaggio, non si notavano perché le inquadrature erano tutte da seduta a tavola. La telecamera passava su di me ma non entrava mai nel dettaglio (forse fortunatamente).
C’erano due partecipazioni speciali in questo film che potevano essere sfruttate per la vendita: la mia e quella di Giuseppe Santostefano, un attore noto per aver interpretato il patologo nella serie TV Montalbano da giovane. La sua parte è scomparsa e della mia sono rimaste solo un paio di scene.
Non avrei dovuto accettare di fare questo film. Serviva solo il mio nome sul cartellone per un po’ di pubblicità. Passa un anno e il film viene scelto come Evento Speciale al 62° Festival di Taormina e viene proiettato al Palacongressi. Insomma, di riffe o di raffe dopo 35 anni di assenza sono riuscita ad arrivare al Festival di Taormina senza avere una reale presenza nel film. Chi l’avrebbe mai detto! Certo che la vita è strana! Però, potrei anche considerarlo un tributo della dea bendata ai miei 40 film.»
[NdR – L’autore dell’articolo ha un suo blog “La Cineteca di Caino”]