Cronache dai Palazzi
Ognuno deve fare la sua parte. Il presidente del Consiglio in giro per l’Italia, tra cantieri e aziende del made in Italy (Marche Umbria, Puglia, Sardegna), puntualizza un concetto per lui fondamentale: “Io non dico che va tutto bene. Dico che se ciascuno di noi fa la sua parte, le cose possono finalmente andare meglio”. Renzi affronta inoltre il tema degli statali che non ricevono un aumento di stipendio da ben sette anni, per cui “occorre riaprire la fase contrattuale”. Anche se “la cifra nella legge di Stabilità è poco più che simbolica, siamo pronti a discutere – assicura il premier -, sappiamo che c’è bisogno di più soldi purché sia chiaro che chi lavora nella Pubblica amministrazione deve essere premiato e chi fa il furbo va punito”. La sospensione dal lavoro entro 48 ore e il licenziamento entro i successivi trenta giorni: è questa la punizione prevista per i furbetti del cartellino, anche se la battaglia del governo contro gli statali “infedeli” non si limiterà a questo. Nel Testo Unico sul pubblico impiego, il provvedimento che l’esecutivo presenterà all’inizio del 2017, le procedure per mettere alla porta i dipendenti disonesti saranno diversificate. Compresi i reati di corruzione. Norme specifiche sono inoltre previste per licenziare gli assenteisti di massa e quelli seriali, come coloro che non saltano mai un ponte o non si presentano sistematicamente il lunedì mattina o il venerdì.
Il sottosegretario alla Funzione Pubblica, Angelo Rughetti, intervistato su RaiUno da Uno Mattina, ha spiegato che il ministero sta “lavorando per fare in modo che nel Testo Unico sul pubblico impiego ci siano altri procedimenti disciplinari che abbiano una corsia preferenziale rispetto al procedimento penale”. In sostanza il dipendente pubblico che ruba o è accusato di corruzione deve poter essere sanzionato in via disciplinare prima che la giustizia penale finisca il suo corso. Oggi occorre appunto attendere i tempi di conclusione del processo penale nel caso sia contestato un reato a un pubblico dipendente.
Per i licenziamenti disciplinari causati da assenteismo seriale o di massa è invece già prevista una soluzione nella vigente legge Brunetta, per cui per mettere fuori la porta un dipendente pubblico sono necessari almeno due elementi. Il primo è che il lavoratore si sia macchiato di una colpa, come aver violato una norma del contratto. Ma per subire un allontanamento la valutazione di rendimento del dipendente deve essere segnata da un giudizio negativo. L’idea quindi è quella di inserire tra le cause di “scarso rendimento” che spianano la strada al licenziamento anche le assenze seriali o aver partecipato a quelle di massa. Infine, come ha spiegato Rughetti alla Commissione lavoro della Camera, ci saranno due squadre di medici Inps che saranno impegnate ad accertare le assenze per malattia. Una squadra di medici si occuperà nello specifico di effettuare le visite ambulatoriali e l’altra effettuerà “le visite mediche di controllo domiciliare”, tenendo così separati i due campi, istruttoria e controllo domiciliare, con l’obiettivo di massimizzare il “tasso di rendimento” delle visite.
Altro tema bollente riguarda la data del referendum costituzionale per cui si attende il parere della Corte costituzionale previsto entro il 15 agosto. Dopodiché, entro 60 giorni dalla comunicazione si deve fissare la data del referendum; data che deve essere poi identificata in un periodo successivo tra i 50 e i 70 giorni. Il decreto di indizione è ovviamente un atto presidenziale quindi la decisione sulla data non si riversa una decisione interamente discrezionale del governo, bensì il presidente della Repubblica è titolare del potere formale che di conseguenza ha degli effetti anche sul piano sostanziale.
Nella consueta Cerimonia del Ventaglio il presidente Mattarella ha puntualizzato di aver assistito a discussioni da Pokèmon a proposito del famigerato “spacchettamento” della riforma costituzionale e della data del relativo referendum: “Discussioni un po’ surreali, quasi sulla scia della caccia ai Pokèmon…”. Il capo dello Stato ha quindi auspicato un “confronto sul merito della riforma sottoposta al voto popolare affinché l’elettorato si esprima con piena consapevolezza e sovranità”. Per Renzi invece “il problema non è la data”. “Quando arriveremo al referendum chiederemo agli italiani se vorranno un Paese più semplice e non chiederemo date”, ha sottolineato il premier.
A proposito di “spacchettamento” una riforma di questo tipo dovrebbe avere una sua unitarietà “che è dovuta all’intento dell’esecutivo che l’ha promossa di tracciare un nuovo equilibrio della Costituzione”, ha rimarcato il costituzionalista Massimo Luciani, docente di diritto costituzionale della Sapienza di Roma intervistato dal Messaggero. “E poi il referendum costituzionale ha una valenza oppositiva: al contrario di quello abrogativo non ha il quorum proprio perché consente a una minoranza che vuole mantenere la Costituzione nel testo originale – argomenta Luciani – di organizzarsi e contrapporsi alla maggioranza parlamentare. E il voto su un testo unitario è più coerente con questa funzione”.