Milano calibro 9 (Film, 1972)
Mario Adorf – 86 anni compiuti! – che vince il Premio alla Carriera a Locarno 2016 ci dà modo di invitare a rivedere alcuni grandi film del cinema italiano degli anni Settanta da lui interpretati, oltre a un’ottima parte nel televisivo I ragazzi della via Pal. Ci piace ricordare la collaborazione tra l’attore svizzero e Fernando Di Leo, con cui instaura un sodalizio importante che lo porta a recitare nell’ottimo Milano calibro 9, sceneggiato e diretto da Di Leo, tratto dai racconti di Scerbanenco, fotografia di Franco Villa, montaggio di Amedeo Giomini, commento musicale di Luis Enriquez Bacalov che compone una colonna sonora indimenticabile, eseguita dai New Trolls e dagli Osanna. Interpreti: Gastone Moschin, Barbara Bouchet, Mario Adorf, Lionel Stander, Philippe Leroy, Frank Wolff, Ivo Garrani, Mario Novelli e Luigi Pistilli.
Il film è fedele alle atmosfere nere e opprimenti dei racconti di Scerbanenco, ma non è una pellicola tratta dalle raccolte Milano calibro 9 e da I Centodelitti come si vorrebbe far credere. Di Leo legge Scerbanenco, ne assorbe l’ambientazione tra i navigli e le strade di Milano, racconta come lui storie di piccoli malviventi senza futuro, di puttane, di tradimenti, violenza e inganni nel mondo della malavita. Alcune scene erotiche tra la Bouchet e Moschin, un ballo sensuale nel night, completano una notevole trama poliziesca ricca di suspense. Due uomini e una donna sono sospettati di aver fatto sparire trecentomila dollari e per questo motivo vengono torturati e fatti saltare in aria da alcuni malavitosi. Ugo Piazza (Moschin) esce di galera e la polizia lo sorveglia perché è sospettato anche lui di essersi appropriato dei soldi. Rocco (Adorf), braccio destro del boss che si fa chiamare L’Americano (Stander), trova Ugo e lo fa picchiare a sangue. Ugo chiede protezione al vecchio boss Don Vincenzo (Garrani) e al suo braccio destro Chino (Leroy), ma accetta di lavorare per conto dell’Americano. Nel frattempo frequenta Nellie (Bouchet), una vecchia fiamma che ritrova nel night dove lavora. Si verifica un conflitto a fuoco durante un agguato teso a Don Vincenzo, Ugo si rifiuta di sparare ma il vecchio boss rimane ucciso.
Nel frattempo spariscono altri trentamila dollari, sottratti all’Americano. Chino si vendica e con l’aiuto di Ugo ammazza L’Americano e parecchi suoi uomini, ma alla fine viene ucciso anche lui. Ugo si riprende i trecentomila dollari che aveva davvero fatto sparire ed erano nascosti in una casa diroccata. Il finale è a sorpresa, perché si scopre che Nellie faceva il doppio gioco ed era d’accordo con il suo amante Luca (che si era impadronito dei trenta milioni) per uccidere Ugo e prendersi i soldi. Non è finita. Ugo viene ucciso da Luca, ma prima di morire uccide Nellie con un pugno e alla fine Rocco ammazza di botte Luca. La polizia conclude la faida arrestando il malavitoso superstite.
Di Leo scrive Milano calibro 9 elaborando una trama autonoma ispirata dalla lettura di Stazione centrale ammazzare subito, uno dei racconti della raccolta dello scrittore di Kiev. Se si vuole, il film risente di altre ispirazioni che derivano da Vietato essere felici e La vendetta è il miglior perdono. Tutto qui. Di Leo è autore in senso stretto, originale e autonomo da ogni tipo di influenza narrativa, per questo legge Scerbanenco, ma dopo lo rielabora e tira fuori un suo prodotto. Il debito con lo scrittore ucraino è soprattutto di atmosfera e di argomenti, perché entrambi raccontano storie di piccola criminalità ambientate a Milano. Di Leo compie un’operazione difficile ma perfettamente riuscita come quella di trasportare le atmosfere violente del western nel noir metropolitano.
La cosa migliore del film è una perfetta ambientazione milanese, tra Piazza del Duomo, navigli, notturni suggestivi e risvegli nebbiosi in una città grigia e fredda. La fotografia di Villa immortala una Milano by night cupa e viziosa, nelle mani di una malavita sempre meno romantica che sta cambiando. Il commento musicale di Bacalov è pregevole e sottolinea i momenti topici della pellicola realizzando un crescendo di tensione. Le scene girate in interni sono molte, la teatralità è una caratteristica dei lavori del regista pugliese che utilizza gli studi della Dear Film per le scene con dialoghi non sempre convincenti. Le scene di violenza efferata la fanno da padrone e vedono protagonista soprattutto Mario Adorf, killer al servizio di un boss che agisce dietro le quinte.
Tra gli attori spicca un grande Gastone Moschin, perfetto come Ugo Piazza, un duro destinato alla disfatta, un uomo del nord, freddo, calcolatore e imprevedibile. Mario Adorf è altrettanto bravo ed è il suo opposto meridionale, un uomo forte, violento, brutale (doppiato da Stefano Satta Flores), forse il vero protagonista del film. Barbara Bouchet è una stupenda ballerina di night che in una scena memorabile danza coperta soltanto da un vestito di perle. Alcuni anni dopo Di Leo scriverà un romanzo tratto da questo film: Da lunedì a lunedì, l’arco di tempo in cui si svolgono le gesta di Ugo Piazza che va incontro al suo destino. Fernando Di Leo rilascia un intervista a Nocturno Cinema: “Moschin aveva fatto solo film comici. Adorf me lo inventai. Leroy aderì subito al personaggio e la Bouchet ebbe l’ambiguità necessaria… lavorammo bene fin da quando mi innamorai del titolo e acquistai il romanzo… ma di Scerbanenco c’è poco, qualche spunto; scrissi io tutto il plot, i dialoghi, le psicologie, l’ambientazione”. Per il regista Stelvio Massi questo film è il capostipite di tutto il filone del poliziesco all’italiana.
[NdR – L’autore dell’articolo ha un suo blog “La Cineteca di Caino”]