Odio olimpico
Caruccio il tipo egiziano – judoka, così si dice – che ai giochi olimpici dopo aver perso contro un atleta israeliano non ha voluto stringergli la mano. Molto moderno, adatto ai tempi. Intanto va detto che sicuramente gli rodeva non poco, poi a sua scusante vorrei dire che era nervoso perché il suo dio latitava. Sembra che prima di entrare in pista abbia varie volte cantilenato insieme al suo allenatore la frase ormai tristemente nota alle cronache dell’orrore di questi tempi. Ma che non abbia funzionato la filastrocca.
Il suo avversario israeliano Or Sassonal, al termine dell’incontro di judo, gli ha teso la mano e lui niente, ciccia, rigorosamente halal, non ha risposto alla richiesta; ma lì qualcuno si è fatto girare i cerchi olimpici e tre giorni dopo, l’egiziano Islam El Shehaby è stato rimandato a casa dalla sua stessa squadra, che ha condannato con forza il gesto. El Shehaby era stato rimproverato dal Comitato olimpico che lo aveva invitato a uniformarsi «ai principi e agli standard di sportività».
Al termine del match il portavoce della federazione internazionale di Judo, Nicolas Messner, aveva precisato che gli atleti non sono obbligati a stringersi la mano, ma solo ad effettuare il saluto di rito con l’inchino cosa che l’egiziano ha fatto. «In ogni caso, dopo i Giochi, analizzeremo l’accaduto per vedere se esistono dei presupposti per prendere decisioni a riguardo», aveva aggiunto alla Reuters. Che vuol dire tutto ciò? Senza essere analista politico o psicologo professionista, tutto questo è specchio dei tempi marci in cui viviamo. Pensate che, anche se espulso dalla squadra, nessuno abbia approvato il suo non gesto? Credo sia ormai una specie di eroe per alcuni, forse molti esaltati come lui cresciuti a kebab e preghiere piene di odio.
Non ne usciremo più , nemmeno lo sport è al di sopra. Tutto andrebbe rivisto a monte, da parte degli stessi musulmani che dovrebbero arginare e isolare gli integralisti e lo stesso dovrebbero fare gli ebrei perché nessuno è innocente. Tutto questo non succederà mai. Alla faccia di De Coubertin e di chi ancora spera in un mondo migliore.