Ambiente, serve Informazione
L’informazione ambientale ‘tira’: lo dimostra il milione di spettatori che il sabato sera riesce a raccogliere su Rai Tre ‘Scala Mercalli’. La trasmissione, condotta da Luca Mercalli, si è fatta largo nel settore di ‘approfondimento’ sull’ambiente, settore che nelle varie testate, televisive e non, ottiene spazi maggiori che nei notiziari: merito dell’idea, del taglio, del conduttore, ma anche del grande interesse di clima e sviluppo sostenibile per un pubblico sempre più attento alla realtà che allo spettacolo, compreso quello di attentati, omicidi, e quando capita alluvioni, offerto dai tiggì.
Luca Mercalli è climatologo e metereologo, e sa bene come persino l’informazione meteorologica, da vent’anni a questa parte, sia stata ‘spettacolarizzata’. Finita l’era dei Bernacca, il meteo è uscito dall’area dell’informazione, informazione ‘tecnica’, ed è passato in quella nella televisione ‘urlata’ per effetto della competizione tra le reti e della ricerca dell’audience: sfruttando gli ‘allarmi’ – spesso di caldo in estate e freddo in inverno – di una Protezione Civile preoccupata dalla fragilità di territori sguarniti di boschi e ruscelli e ricoperti di cemento. Da quel momento, il clima è stato trattato nella grande informazione attraverso le chiavi dell’emergenza e del richiamo emozionale, che hanno messo in secondo piano la chiave, fondamentale, della prevenzione delle sue manifestazioni estreme, e dei suoi effetti: affiancandosi nel fare ciò ad una pubblica amministrazione che contro frane e alluvioni spende – molto – per rattoppare le emergenze, invece che molto meno per prevenire catastrofi e vittime.
Eppure, malgrado i notiziari emergenziali urlati, su clima e sviluppo, e sul rapporto sempre più conflittuale tra l’ambiente e l’uomo che lo ‘provoca’, sono in molti a preferire di riflettere: il che è cosa diversa dal puro subire stimoli emozionali sulle catastrofi ambientali. Anche gli stessi giornalisti e i loro ‘strumenti di riflessione’ si esprimono da tempo a favore di un modo di porgere le notizie, e su spazi idonei per questo, che favoriscano il ‘fare cultura’ sull’ambiente e sulla gestione di quello che influenza la vita dell’uomo: come l’Unione Cattolica Stampa Italiana, che nella ‘Carta di Olbia’ pubblicata a due anni dalla tragica alluvione in Sardegna, ha stigmatizzato il ‘meteo spettacolo’ e promosso l’informazione di approfondimento, utile ad affermare l’importanza della prevenzione e a sostenere scelte politico-amministrative non emergenziali ma strutturali, efficaci e di lungo periodo. Però anche il pubblico ha fatto la sua parte: sempre più attento ai temi ambientali, ha premiato le trasmissioni di approfondimento ambientale, come Scala Mercalli: che ora la Rai ha deciso di chiudere.
Polemiche a parte (l’opinione pubblica si è schierata contro la decisione di interrompere il programma di Rai3), resta la forte domanda di riflessione, da parte di un pubblico sempre più allergico alla tv urlata, su temi che sono di portata mondiale: perché l’inquinamento atmosferico non rispetta i confini nazionali, e le sue soluzioni non possono aspettare che i business risolvano le loro partite a Monopoli. Va bene il dare notizie, l’aggiornamento, il pathos, vadano pure le dirette ansiogene dei tiggì e gli aggiornamenti che corrono angoscianti sui banner rossi: ma poi deve esserci l’Informazione. E’ necessario uscire dal ‘rumore’, come viene definito il bombardamento di news e stimoli semantici vari, che alla fine impedisce di distinguere, e di riflettere sulle cose. Serve favorirla, la riflessione; dei singoli, della società, dell’ ‘opinione pubblica’ e della comunità politica: altrimenti, anche per i problemi ambientali, tutto viene circoscritto all’emozione del momento e poi resta dimenticato, irrisolto. Per questo, di programmi di approfondimento e di riflessione, a maggior ragione in una mission di ‘servizio pubblico’, c’è sempre più bisogno.
[NdR – L’autore cura un Blog dedicato ai temi trattati nei suoi articoli]