Partenone, restaurata la facciata principale
Atene – Il restauro dalle numerose fasi iniziato sui monumenti dell’Acropoli nel lontano 1983, procede man mano verso il compimento, vedendo ora la rimozione delle impalcature e della gru dalla facciata occidentale del Partenone, quella che fino al 1801 accoglieva le metope e il frontone esposti oggi al British Museum. Le tecniche operative sembrano ormai essersi consolidate.
Questa serie d’interventi che si concentra sulla costruzione centrale della città alta ateniese, è partita nel 2011 su finanziamento della NSRF (National Strategic Reference Framework). In particolare, il lato di nostro interesse ha richiesto di essere purificato dalle attività condotte da Nikòlaos Balànos (1898-1901) sull’architrave della porta che conduce alla cella; le 2 travi interne – in parte preservate – sono state ricostruite completandole con inserzioni di nuovo marmo proveniente dal Monte Pentelico. Continuando su questa linea, blocchi appartenenti alla sezione superiore del muro, all’architrave più sporto verso Ovest, e alla parte superiore dell’entrata, verranno demolite.
Divenuti ragione di deterioramento, sono stati rimossi tutti i ganci in ferro che Balànos aveva applicato a facciavista come nel resto dell’Acropoli, arrugginitisi, corrosisi e allentatisi, causando crepe e sgretolamenti del marmo. Il rimpiazzo è stato operato mediante l’impiego di titanio anti-corrosivo, ovviamente ricoperto con una guaina di malta di cemento bianco.
Si è optato per un approccio filologico che desidera schierarsi in opposizione rispetto all’anastilòsi di Balànos che assemblava elemento per elemento i frammenti ritrovati. La campagna di restauro corrente dell’Acropolis Restoration Service (YSMA) con Vassiliki Eleftheriou responsabile, punta al ripristino dell’autenticità rimuovendo eventuali errori o rimaneggiamenti, per giungere al recupero della struttura ed esaltare ulteriormente l’architettura del monumento.
Gli elementi architettonici derivanti dall’opera di smantellamento, verranno riposizionati nella propria collocazione originaria. A monitorare il processo sono stati installati dei sensori a fibra ottica, che rileveranno eventuali slittamenti delle colonne d’angolo e specialmente della quarta del lato Ovest.
Eppure le critiche non sono mancate lamentando l’impiego a tratti massivo di nuovo materiale lapideo, per quanto considerato compatibile con quello già in situ, che sembra essere stato aggiunto al fine di rinforzare la stabilità – tempo una quindicina d’anni che il nuovo marmo assuma una colorazione più conforme a quella dell’antico. Le inserzioni sono state viste come dei rattoppi ingiustificati che innegabilmente saltano immediatamente all’occhio.
Il fregio occidentale è stato inoltre ripulito con l’uso di una tecnologia laser che funziona a due velocità, con la possibilità ulteriore di essere utilizzata individualmente o simultaneamente a diversi livelli di potenza. E altro marmo è stato inserito a sostegno del frontone.
La campagna internazionale del 2014 portata avanti dall’ambasciatrice dell’UNESCO, Marianna Vardinoyiannis, votata al “Ritorno dei Marmi”, al “Restauro del Partenone” e alla “Ripartenza della Storia” (Return the Marble, Restore Parthenon, Restart History) che ha dato nuovo vigore alle istanze greche, non ha portato i suoi frutti. L’ennesimo tentativo d’appello insperato che parte dalla culla della civiltà e della democrazia, e viene rivolto all’Inghilterra che oggi si avvia alla realizzazione della Brexit, che 2 anni fa prestava la meravigliosa statua fidiaca del dio fluviale Ilissos all’Hermitage.
La gru viene trasferita all’interno del tempio classico dedicato alla dea Athena Parthenos (“Atena Vergine”), per dunque proseguire gli interventi sugli ortostati e la prima sezione della cella lungo la parete Nord. Sono stati necessari 9 anni per l’edificazione (447-432 a.C.) del Partenone e il nostro cantiere di ripristino e conservazione è aperto da più di 3 decadi; curioso è vedere dove le sue fasi porteranno, con possibili cambi di rotta nell’universo del “reversibile”, lì dove la documentazione e la ricerca diventano foglio di via nei paesaggi del “plausibile”.