Dopo il terremoto

I cittadini di Amatrice, di Accumoli, di Arquata del Tronto hanno paura di essere abbandonati. Hanno paura di quando i giornalisti se ne andranno. Di quando la giostra di volti accigliati, lacrime e bandiere si sposterà altrove. Di quando, senza più riflettori a illuminarne la strada, la macchina della ricostruzione rischierà di impantanarsi.

Perché è questo che succede in Italia dopo un terremoto: esclusi pochi casi, come per la ricostruzione del Friuli. Lo sanno i sindaci, lo sanno le massaie, lo sanno i capifamiglia che rispondono alle interviste affermando: “Noi di qui non ce ne andiamo”. Sono attaccati alle loro case, ma anche consapevoli custodi dell’immenso valore del Bel Paese, che i poetici borghi dell’Italia Centrale raccontano al mondo. Questa gente vuole ricostruire i suoi paesi dov’erano, e con lo stesso aspetto. Ma teme come l’inferno la farragine politico-amministrativa di questo Stato, nella quale, a luci spente, gli interessi trovano spazio per moltiplicarsi e le decisioni si dilungano e trasformano: quel pachidermico Ufficio Complicazione Affari Semplici dove l’ovvio, come ricostruire e bene dopo un terremoto, diventa impossibile.

Ricostruire. Le stesse case. Le stesse scuole. Gli stessi paesi. Dove erano e come erano. Non facile, perché, nella comunicazione politica, l’emergenza paga, l’ordinaria amministrazione invece no. E non paga, politicamente, ricostruire ‘a regola d’arte’: da sempre si sa che mezza Italia è a rischio terremoti; eppure non viene messa in sicurezza. La prevenzione, degli effetti dei terremoti ma anche delle alluvioni, costerebbe meno delle emergenze, dicono i tecnici: ma non darebbe la stessa visibilità, e, spesso, altro; e così si arriva all’estremo opposto, sguarnire gli uffici tecnici, dei Comuni e di tutti gli enti competenti, di geologi e di ingegneri ambientali. Per questa ragione, e non solo per far luce su fatti specifici, è logica e tempestiva l’inchiesta aperta dalla Procura di Rieti per ‘disastro colposo’. Inchiesta che parte da fatti come il crollo parziale della scuola Romolo Capranica di Amatrice, ristrutturata nel 2012, l’inagibilità dell’ospedale del paese, il Grifoni di Amatrice, e il crollo del campanile di Accumoli.

Com’è possibile, in un territorio così, ristrutturare edifici pubblici senza riuscire a renderli davvero antisismici? Sono stati seguiti, nelle opere realizzate dopo di esso, i dettami del Testo Unico del 2001 in materia di progettazione antisismica? Ma, poi: quali competenze tecniche e quali normative non sono state sviluppate per ristrutturare con criteri antisismici i borghi e monumenti storici, se sono crollati sia il campanile di Accumoli ristrutturato in materiale originario rinforzato da ‘catene’, sia nel ’97 parte del tetto della Basilica di San Francesco ad Assisi, ristrutturato, invece, in ‘alieno’ cemento armato? Una cosa è certa: i decessi sono avvenuti per crollo delle opere costruite dall’uomo, che sono l’unica cosa, negli eventi sismici, sotto il controllo dell’uomo. Il procuratore capo Giuseppe Saieva ha definito l’inchiesta di Rieti ‘un fascicolo contenitore’. Sarà un fascicolo nel quale convergeranno, idealmente, tutti gli errori metodologici, strategici ed ideologici nella gestione del territorio del Sistema Italia.

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