Antitrust UE-Google, la guerra continua
Quando si parla di motori di ricerca è facile identificare l’oggetto con il nome di Google, nel linguaggio comune è entrato il modo di dire “cercalo su Google” anche quando in realtà i motori di ricerca sono innumerevoli. Se l’assioma è diventato tale per la bravura degli ingegneri della casa di Mountain View e dei loro algoritmi, questo si è tradotto anche in una raccolta pubblicitaria che premia BigG e Facebook con quasi l’80% della raccolta totale. Ma cosa succede esattamente quando si compie una ricerca su Google? In testa vengono posti i risultati del motore verticale, cioè quelli sponsorizzati. Semplificando, Google mette in cima i risultati che portano ad acquistare l’oggetto tramite Google Shopping, il fatto che si tratti di risultati sponsorizzati (acquistati dalle aziende come pubblicità) e non liberi viene riportato in caratteri minuscoli.
Venti denunce presentate nel 2010 da privati e concorrenti, tra cui New Co ad esempio, contro il gigante di Mountain View hanno portato l’allora Commissario alla Concorrenza Almunia ad intraprendere una iniziativa per abuso di posizione dominante e concorrenza sleale a carico di Google. Le regole europee della concorrenza sono principalmente contenute nel TFUE (Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea) artt. 101-109, nel Regolamento (CE) n.1/2003 e nel Regolamento (CE) n.773/2004. Le proposte di Google per ottemperare i rilievi della Commissione sono stati considerati dalla stessa insufficienti a ripristinare un equilibrio di mercato. Una sentenza di condanna porterebbe ad infliggere a Google una multa pari al 10% del fatturato, parliamo quindi di 3-5 miliardi euro, oltre alla cessazione del comportamento discriminatorio a scapito dei concorrenti.
Altro rilievo che è seguito a questo riguarda la pre-installazione su dispositivi mobile, fonte dell’80% del traffico, di Google Search come motore predefinito di ricerca, invogliando i produttori dei devices con lauti incentivi, e favorendo anche la presenza del browser Chrome. Ad aprile di quest’anno la nuova Commissaria Europea alla Concorrenza, Margrethe Vestager, ha formalizzato l’accusa di abuso di posizione dominante contro Google presentando uno “statement of objections” in cui specifica l’accusa a BigG di mettere in atto pratiche “contrarie al diritto europeo” sull’antitrust con il suo sistema operativo per telefonini, Android, ed aprendo quindi un secondo fronte nei riguardi del colosso americano. Questo sarebbe avvenuto stringendo accordi per evitare che i produttori installino versioni fork, o customizzate, sui dispositivi Android costruiti. A fine agosto Google ha presentato le proprie contro-deduzioni ed attualmente si è in attesa di ulteriori pronunciamenti da parte dell’Antitrust Europea.
La materia digitale è ampiamente dibattuta e discutibile stante la non-localizzazione fisica della materia, gli Stati Uniti stessi sono intervenuti a favore, come in passato per altre realtà, della loro azienda. Anche Andrea Varsori, PhD Candidate al King’s College, e Diego Zuluaga, research fellow dell’Institute of Economic Affairs, nel redigere il paper “Eu Antitrust Vs. Google”, hanno ritenuto superflua ed inutile la procedura di infrazione posta in essere dalla UE. Gli esperti in questione hanno argomentato che “Le vecchie distinzioni tra mercati si fanno più sfumate . In questo contesto, l’intervento delle autorità antitrust può essere considerato superfluo e sconsigliabile. Non solo l’esperienza del passato ha dimostrato che, mentre l’innovazione è in grado di minacciare rapidamente qualsiasi posizione dominante, il costo potenziale dell’intervento pubblico può essere considerevolmente elevato. Sappiamo ben poco dei fattori che producono gli esiti economic nel settore digitale, ma le evidenze disponibili indicano che tale settore è uno dei mercati più concorrenziali, più stimolanti e più fiorenti del mondo. Un intervento di natura regolatoria potrebbe soffocarlo, anziché stimolarne la vitalità“.
Kent Walker, Senior Vice President & General Counsel dell’azienda, in una nota diffusa pubblicamente ha dichiarato: «Android ha contribuito allo sviluppo di un ecosistema rilevante – e, ancora più importante, sostenibile – basato su un software open source e sull’innovazione aperta. Saremo felici di lavorare con la Commissione Europea per dimostrare che Android è un bene per la concorrenza ed è un bene per i consumatori. I nostri accordi con i partner sono interamente su base volontaria, chiunque può usare Android senza Google. Provateci, potete scaricare l’intero sistema operativo gratuitamente, modificarlo come volete e costruire un telefono. E grandi aziende come Amazon lo fanno».