Germania, Merkel affonda nel suo Collegio elettorale
Le sconfitte casalinghe bruciano sempre più delle altre: danneggiano il morale e arrestano bruscamente la spinta propulsiva verso gli obiettivi. Nel peggiore dei casi, diventano un punto d’inversione di tendenza, preoccupante preludio a successioni di risultati “in territorio negativo”, tanto per usare un eufemismo borsistico. Molti leader europei, sulla cresta dell’onda da parecchio tempo, iniziano a pagare presenzialismo mediatico e scelte politiche scomode che, in fasi storiche complesse e concitate come quella odierna, si trasformano in letali trabocchetti e irreversibili sentieri verso l’impopolarità. Agli indici di gradimento in forte ribasso di Hollande, al suicidio politico di Cameron, all’assenza di governo in Spagna, alle italiche interminabili faide di partito (nello Stivale, la distanza tra cittadinanza e politica batte anche i viaggi intergalattici dell’Enterprise di Star Trek), a una Grecia il cui timoniere è scomparso dai radar, si allineano, dunque, pure le evidenti difficoltà di dialogo della super-cancelliera Merkel con l’elettore tedesco.
A conferma dell’ormai traballante sodalizio, arriva la disfatta alle elezioni per il rinnovo del parlamento regionale di Schwerin, capitale del Land Meclemburgo-Pomerania, una superficie di 23 mila km. quadrati nella Germania nord-orientale, costellata da oltre duemila laghi e bagnata dal Mar Baltico. Data la densità demografica piuttosto bassa, approssimativamente 1,7 milioni di abitanti, di cui 1,3 milioni con diritto di voto (appena il 2% dell’intero elettorato tedesco), si potrebbe pensare – sotto il profilo dei grandi numeri – a un insuccesso non determinante, se non fosse per il fatto che il Meclemburgo-Pomerania è il collegio elettorale di Angela Merkel, nonché una delle roccaforti del governo di Berlino e della Grosse Koalition. La stessa Cancelliera, in precedenza, aveva rimarcato l’importanza del test elettorale del 4 settembre scorso, mettendo in gioco le sorti del proprio personale cammino politico sia all’interno del Paese, che nell’Unione Europea.
Gli esiti delle elezioni hanno assegnato la vittoria alla Spd (Sozialdemokratische Partei Deutschlands, partito socialdemocratico tedesco) di Erwin Sellering con un 30% dei voti, in flessione del 5% rispetto al 2011. La Cdu (Christlich-Demokratische Union, partito cristiano-democratico) della Cancelliera ha totalizzato solo il 19% dei voti, cioè il 2% in meno di “Alternative für Deutschland” (Afd), formazione politica dell’estrema destra nazionalista tedesca guidata dalla giovane Frauke Petry, in ascesa non solo nel nord-est col 21% dei consensi, ma in tutta la Germania in generale. Il Paese vive la crisi che ha attanagliato il Vecchio Continente, più che altro, sul fronte dell’emergenza “migrazione”, percepita come pericoloso tarlo per la solidità economica e la stabilità sociale interna, e, davanti all’incapacità del governo di gestire un fenomeno che – all’occhio teutonico – ha evidentemente assunto la dimensione di un’invasione incontrollata, la gente – come sovente accade in tali situazioni – abbandona i partiti moderati e le politiche morbide, per abbracciare l’intransigenza e la durezza degli estremismi.
A detta dell’arrembante Petry, che ha saputo restituire unità e slancio a un partito di protesta anti-euro e anti-UE quasi moribondo a causa delle furiose lotte intestine ai vertici, oggi al 14 % dei consensi a livello nazionale, con deputati presenti in ben nove parlamenti regionali, la Merkel sconterebbe il caos provocato nel Paese, quale effetto di una politica migratoria dell’accoglimento che ha compromesso la sicurezza dei cittadini e dei confini territoriali. Inoltre, più di qualche osservatore politico fa notare che i proclami di sapore xenofobo, cui non disdegna di ricorrere la Petry, hanno fatto presa in un Land, come quello del Meclemburgo-Pomerania, dove, tutto sommato, il problema della disoccupazione non può essere imputato alla risibile presenza di un 3% di stranieri. Il dato oggettivo è che, oggi, la Germania accoglie oltre un milione di migranti: non sappiamo se il Paese, sotto un profilo infrastrutturale e organizzativo, abbia retto all’impatto; sospettiamo che qualcosa, invece, sia stato comunque mal digerito nella pancia dei tedeschi. Al punto, che Frauke Petry si sta già sfregando le mani al pensiero della prossima tornata elettorale del 18 settembre, a Berlino.