Legittima difesa
Aggredito sull’uscio di casa da tre malviventi, sequestrato con i propri familiari, minacciato, picchiato, derubato e preso a pistolettate: secondo il PM della Procura di Milano, Grazia Colacicco, ce n’è abbastanza per l’archiviazione dell’indagine a carico del malcapitato orefice che, nel corso del drammatico episodio, reagì uccidendo uno dei rapinatori. L’uomo, in possesso di regolare porto d’armi, era stato indagato per eccesso colposo in legittima difesa, atto dovuto – in base alla legge italiana – quando, a seguito della reazione ad un’aggressione, ci scappa il morto.
La notizia ha restituito un volto più sereno a Rodolfo Corazzo, il gioielliere protagonista della brutta vicenda. Lo scorso 24 novembre, a Rodano, nella provincia meneghina, mentre parcheggiava la motocicletta nel garage della sua villetta, fu assalito da tre banditi col passamontagna. Trascinato in casa e violentemente malmenato, fu minacciato di essere ucciso insieme alla moglie e alla figlioletta di dieci anni. I criminali, infatti, accortisi di una stanza in cui erano nascosti gioielli che Corazzo aveva negato di avere, si erano accaniti selvaggiamente contro l’uomo e avevano costretto la bambina a salire all’ultimo piano per cercare altri preziosi. Dopo due ore di terrore, il gioielliere decise di estrarre la pistola celata nel giaccone, una Glock regolarmente detenuta, e sparare un colpo in aria per indurre alla fuga gli assalitori; questi, scappando, avevano replicato con una furiosa sparatoria. Dieci proiettili esplosi, sette dai rapinatori e tre dal gioielliere. A terra, senza vita, rimarrà Valentin Frrokaj, albanese ergastolano e latitante. I suoi due complici sono tuttora ricercati.
I Carabinieri hanno confermato la compatibilità tra la versione dell’accaduto fornita dal Corazzo e i fatti accertati in corso d’indagine. Il legale dell’orefice, Piero Prociani, ha commentato con soddisfazione la decisione del PM milanese, un atto che “restituisce dignità a una persona che ha tentato di difendere la propria famiglia e se stesso”.
La vicenda, ancora una volta, fa discutere e riflettere. Evidenzia, innanzi tutto, la difficoltà, se non addirittura l’incapacità, da parte dello Stato e delle forze dell’ordine, di esercitare il pieno controllo su un territorio letteralmente martoriato da brutali episodi di violenza, ancor più gravi quando tolgono al cittadino persino la sicurezza di sentirsi al riparo in casa propria. Denuncia l’inadeguatezza delle attività di prevenzione verso stranieri e clandestini non identificati, in testa alle statistiche nei reati di questo genere. Riapre il dibattito sulla pericolosità della circolazione e detenzione, anche regolare, delle armi da fuoco fra privati, sebbene il gioielliere sia convinto che, senza l’uso della pistola, probabilmente, a morire sarebbero stati lui e i suoi familiari. Solleva dubbi sull’efficacia delle vigenti leggi in materia, che pare non fungano da valido deterrente nei confronti dei malintenzionati, né siano sufficientemente garantiste verso le vittime di furti e aggressioni tra le mura domestiche.
In verità, su quest’ultimo aspetto, la normativa prevede che, in caso di reazione della vittima ad aggressione o intrusione nel proprio domicilio, si abbia la presunzione della legittima difesa; in teoria, sarebbero, oggi, anche più larghe le maglie circa la pretesa proporzionalità tra offesa e difesa, con un metro di giudizio che propende nettamente in favore di quest’ultima. Resta, invece, saldo il principio dell’attualità della minaccia, in base al quale, una volta che il pericolo per i beni o l’incolumità propria e di altre persone sia cessato (ad esempio, il ladro è ormai in fuga e non più in grado di nuocere), ogni reazione “energica” della parte lesa rientrerebbe nella sfera dell’eccesso di legittima difesa: insomma, non ci si può trasformare in “giustizieri della notte” alla Charles Bronson.
Contestualmente, però, ci preme rimarcare come non debbano tantomeno essere sminuiti i terribili effetti che – a posteriori – segnano indelebilmente la vita di chi è vittima di un’esperienza simile. L’incubo dell’essere sottoposti a indagini o rinvii a giudizio per aver difeso i propri cari e i traumi psicologici subiti, ancor più letali e profondi quando riguardano i bambini, sono cose che, in tutta sincerità, ci fanno piangere il cadavere di un criminale incallito solo fino a un certo punto.